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Modernista o Classicista? 4 Baroli 2015 per un confronto amichevole

Barolo 2015 / Amichevole Modernisti Vs Classicisti

Per l’ultima serata di rossi prima dell’avvento del caldo, caldo che al momento di iniziare la serata era già arrivato da un po’ a dire il vero, ho scelto una selezione di Baroli dell’annata 2015 accompagnati da quattro formaggi. Annata buona, quasi top, da alcuni considerata troppo calda, poco incline per altri all’invecchiamento. Però le considerazioni non si bevono e le parole nemmeno. L’unica cosa da fare è stappare.
Per l’occasione ho organizzato un confronto amichevole Modernisti contro Classicisti. Due contro due. Domenico Clerico e Marco Curto da una parte. Scarzello e Guido Porro dall’altra. E gli amici a tavola.
A fine serata?
La 2015, per quanto nemmeno le annate si possano stappare, valutata attraverso il filtro di queste quattro interpretazioni figlie di due filosofie produttive diverse appare davvero una bella annata. Vitale, brillante, appagante, nel caso del Barolo tendenzialmente più incline alla prontezza.

Barolo 2015 – Domenico Clerico (Monforte)

Avevo già bevuto questo vino prima dell’inizio della Pandemia e si conferma un Barolo vellutato, il più felpato e pronto del novero, contraddistinto da aromi di frutta matura, tabacco, viola, qualcosa di resinoso, sorso caldo e d’impatto, aroma di bocca ricco, fruttuoso, già equilibrato, dalla forza tattile misurata, un Barolo da scegliere al ristorante per non rimanere traumatizzati da tannini troppo virulenti e non preventivati.
Elegante senza dubbi. Forse meno espressivo degli altri. Il più pronto.

Barolo del Comune di Barolo 2015 – Scarzello (Barolo)

Tradizionale, macerazione lunga, almeno 18 mesi in botte grande e poi lungamente in bottiglia.
Colore granato, varietà e intensità olfattiva che dopo diverse esperienze credo ormai caratteristiche del Barolo di Scarzello. Mentolato, melograno, erbe aromatiche, chinotto, rosa, ma ciò che appare come la cifra tipica è il tratto mentolato.
Tensione, scheletro, esilità apparente che si trasforma in forza espressiva, freschissimo, tannini sottili e di buona forza, lunghissimo finale che rievoca il frutto rosso e le erbe aromatiche.
Barolo non pronto nel senso in cui comunemente si usa il termine, ma bevibile, preciso, godibile, buono.

Barolo Arborina 2015 – Marco Curto (La Morra)

La vera sorpresa, almeno per me, della serata. Non perché mi aspettassi un vino meno buono, ma semplicemente perché non avevo mai incontrato i vini dell’azienda Curto di La Morra.

5 giorni in rotomaceratore, due anni in barrique. Un anno in bottiglia.
Il mio preferito della serata. Per la sua completezza, per la varietà di suggestioni offerte al bevitore.

Colore rubino scuro,
Fragranze di viola, marasca, agrume, speziatura netta, lievi reminiscenze balsamiche, di humus e di tostato.
Tra i quattro è il vino di maggior concentrazione, che offre il sorso più voluminoso. Esordio avvolgente, gratificante, a questa concentrazione si accompagnano acidità e tannini di carattere, definizione, distensione, un bel finale fruttato/speziato che non chiude.
Veramente un bel vino.

Barolo Lazzairasco 2015 – Guido Porro (Serralunga)

Guido Porro a mio avviso è un vero fuoriclasse. Con questo Lazzairasco 2015 non si smentisce.
Tradizionalmente lunga macerazione, invecchiamento in botte grande.
Rigore, persistenza, tipicità, trasparente granato, molta rosa, molto lampone, genziana, qualche ricordo di sottobosco, foglia di the, sorso freschissimo, tirato, grande progressione, i tannini ancora ruvidi, finisce lungo, sapido, sul frutto gentile, e poi sfuma lentamente come un disco in vinile dei Wire a cui, nella sua energica, sostanzale e precisa asciuttezza, potrebbe essere apparentato.
Per i vini di Porro non si saprebbe mai dove proiettare nel tempo una eventuale prontezza, ce li godiamo senza pensare al futuro nell’adesso.

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Rosso di Montalcino 2018 “Sogni & Follia” – Podere Le Ripi

Rosso di Montalcino 2018 “Sogni & Follia” – Podere Le Ripi

Oltre che raccontarne le caratteristiche che ne fanno un ottimo vino, mi sento anche di raccomandarlo caldamente. Non perché mi abbiano pagato, ché anch’io me ne sono comprate 6 bottiglie, ma perché ha destato in me un entusiasmo che non sempre i vini, nemmeno quelli più buoni, riescono a destare.

Fermentazione in tino aperto per 20 giorni, invecchiamento in botte grande per 36 mesi. Uve dai terreni sul versante sudovest di Montalcino.
Azienda che opera ispirandosi ai principi della biodinamica.

Vino che brilla per la sua precisa forza espressiva, unendo alla struttura importante la definizione, la profondità, la qualità del retrogusto che invoglia alla beva.
Il colore è rubino limpidissimo tendente al granata, fragrante con sentori principalmente fruttati di arancia sanguinella, ribes rosso, pesca tabacchiera e poi altri ricordi di pepe bianco e di erbe aromatiche, appena ematici.
Equilibrio emblematico. Il sorso è aperto, voluminoso, non s’intoppa da nessuna parte. Buona Struttura, ma non poderosa, fresco e tannico quel che basta perché il sorso abbia vita e forma, Una scia di gusto fruttato delicatissimo che parrebbe non finire mai.
Il Rosso di Montalcino è una tipologia che finisco per non stappare quasi mai, ma in questo caso le sensazioni ricevute al banco di assaggio a Terre di Toscana hanno avuto un riscontro a tavola.
Vino buonissimo adesso e senza bisogno di interpretazioni macchinose.

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Enonauti in trasferta da Amerigo

Anche nel 2022 siamo dunque riusciti a pranzare da Amerigo a Savigno. Trattoria per cui non si spendono mai abbastanza parole di elogio. Per la cucina, l’accoglienza, la scelta di permettere ai wine lovers di accompagnare le proprie bottiglie alle sempre ottime proposte culinarie.

 

Avevamo cinque bottiglie.

Champagne Drappier Brut Nature
Châteauneuf du Pape Blanc 2020 – Chateau Mont – Redon
Le Trame Chianti Classico 2009 – Podere Le Boncie
Barolo Cannubi 2012 – Giacomo Fenocchio
Kurni 2013 – Oasi degli Angeli

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Champagne Drappier Brut Nature

Blanc de noir (pinot nero) , colore dorato, Caramella d’orzo, pera, crosta di pane, lievi sentori di spezie, bergamotto, bolla fine e continua, fresco, suggerisce un che di ossidativo, ha anche spessore, buon finale con retrogusto speziato e di frutto maturo. Buono, adatto ad aprire il pranzo, ma non mi entusiasma.

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Châteauneaf du Pape Blanc 2020 – Chateau Mont – Redon

Blend di vitigni tipici del sud della Francia, no malolattica, sosta sulle fecce.
A un naso un po’ timido fanno da sponda piacevolezza di beva e una convincente forza e tensione gustativa. Il meglio lo dà dunque al palato. Profumi di pesca bianca, fiori di tiglio, cedro, il vino ha acidità eppure ha un tocco vellutato, volume e profondità.
Riceve apprezzamenti non unanimi, ma la bottiglia termina prima che qualcuno riesca a formulare una frase compiuta. Se il “metro” può essere misura e testimonianza in questo caso depone a suo favore. Dello Châteauneaf du Pape Blanc. Forse troppo giovane, chissà che non si trovasse in quella fase di quiescenza di cui si racconta nei libri.
Per me un ottimo vino.
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Le Trame Chianti Classico 2009 – Podere Le Boncie

Sangiovese con un po’ di Mammolo, Colorino e Foglia Tonda.
Vino tendenzialmente naturale, se mi si passa il termine.
Qui si apre una grande parentesi.
Avevo già bevuto questa stessa bottiglia forse nel 2016 in compagnia di Rudi che oggi l’ha portata al ristorante come allora la portò a casa mia. È un bel rincontarsi dal momento che della prima conservo ancora il vuoto. Colore granato vivo, chiaro, fraganze di buona intensità che ricordano la Carruba, la lavanda, scorza d’arancio, marasca in confettura, torrefazione, a tratti balsamico, qui siamo al punto esatto in cui provare ad apprezzare un sangiovese d’annata e finire felici. Adesso, non l’anno prossimo. Qui siamo arrivati nel momento giusto.
Sorso fresco ben bilanciato, tannini che sono una filigrana, bocca coerente, densità giusta, aroma di bocca di rara piacevolezza, ottima persistenza tutta sul frutto maturo.
Un vino che riberrei cento volte.
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Barolo Cannubi 2012 – Giacomo Fenocchio

Avendo avuto la fortuna di essere presente all’acquisto di questa bottiglia l’assaggiai sul momento alla presenza del Signor Fenocchio, poi l’ho riassaggiata a casa, oggi la riassaggio dopo qualche anno e ne posso apprezzare il suo percorso in bottiglia.
Figlio di un’annata, la 2012, ritenuta minore non è nel frattempo diventato figlio di una annata diversa. E per fortuna vorrei aggiungere.
Il tempo ne ha stemperato l’austerità, resta un vino tattile, un po’ scorbutico, ma ha bei profumi di melagrana, ribes, genziana, foglia di the.
Vino di medio corpo, asciutto nelle forme, fresco, comincia a trovare distensione tra le trame dei tannini, che tendono tuttora a chiudere un po’ il sorso. Secondo me tra tre/quattro anni potrà trovare un punto di evoluzione ulteriore anche se ha già innestato un passo che l’assenza di ricordi di surmaturazione fa pensare possa portare decisamente verso una eleganza più spiccata.

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Kurni 2013 – Oasi degli Angeli

Lo ricordavo più lezioso. Più smaccatamente dolce. Oggi lo trovo dolce, ma tra le altre cose. Non incontra tutti i palati, io stesso non sono un amante del genere “iperconcentrato”, ma ne conservavo una bottiglia per un’occasione ed eccola stappata sul finire del secondo in questo ottimo pranzo da Amerigo.
Montepulciano 100 percento
Con invecchiamento in barriques.
Impenetrabile rubino scuro, Frutti di bosco, cassis, balsamico, cannella, tabacco, molto preciso e al contempo
Il sorso è voluminoso, caldo, ma senza ingombro. Ha una sua dinamica a bassa intensità, una suo modo di vibrare. Tannino smussato, sensazione generale di avvolgenza, persistenza prolungata.
Finendo la bottiglia si sconfina nel Dolce. E si accompagna abbastanza bene anche con la Zuppa Inglese dopo il Capretto.
Un’idea di vino che personalmente non riesco ad apprezzare fino in fondo, ma è un’idea ben realizzata.

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Dolcetto di Diano d’Alba “Sorì Cristina” 2018 Azienda Agricola Prandi

Dolcetto di Diano d’Alba “Sorì Cristina” 2018

Azienda Agricola Prandi

Giovanni

Quando mi trovo nelle Langhe non manco mai l’appuntamento coi vini di Prandi a Diano d’Alba. Che sia il tempo di un pitstop per il solo l’acquisto o una sosta per una degustazione in saletta. Questa volta è un appuntamento per procura, grazie agli amici che sono andati su mio consiglio e che hanno riportato le bottiglie. Io purtroppo a casa.

Interpretazione che oserei definire in sottrazione e perfettamente riuscita.
Rubino chiaro con riflessi porpora, Confettura di visciole, floreale, speziatura fine, appena sanguigno, note agrumate di chinotto particolarissime, non è più un Dolcetto giovane, ma dimostra le ragioni di questo vitigno anche se stappato dopo qualche anno. Sorso setoso, dalla grande definizione, equlibrato, ricco in gusto, dalla giusta dotazione alcolica, tannino arioso, un giusto compromesso tra intensità gustativa e una levità non così comune per la tipologia. Un bel finale con ricordi speziati e di frutto scuro.

Rapporto Q/P imbattibile.

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Etna Rosso 2019 – Tenuta delle Terre Nere

Etna Rosso 2019 – Tenuta delle Terre Nere

(O anche l’arte della degustazione ai tempi del SARS-CoV-2)
Questo vino della famosa tenuta di Randazzo (CT) è il primo che stappo dal momento in cui ho saputo di essere positivo al virus SARS-CoV-2. Vado quindi a testare le mie capacità gustative e olfattive e mi sembra che niente sia cambiato.
Nerello mascalese e una piccola percentuale di Nerello Cappuccio. Da Vigne di varia età sui 600 metri slm.
Passaggio in legno per 18 mesi poi bottiglia per questo vino di entrata che è davvero un bel biglietto di presentazione per l’azienda.
Rubino chiaro, nota alcolica in partenza che si modera, ma che resta come unico neo di un vino effettivamente molto buono, fruttato delicato e molto particolare dove si mixano fragranze di melograno, ribes rosso, fico d’India, finemente speziato di cannella e pepe bianco, viola, a tratti sembra di scorgere dei sentori di affumicatura.
Il Sorso è brillante e molto definito. Vino di grande equilibrio e godibilità, fresco, asciutto, salino, dal tannino finissimo e di forza misurata. Retrogusto fruttato gentile. Solo a tratti una sensazione pseudocalorica un po’ sopra le righe che non sembra accordarsi con questo vino.

A questo proposito verso la fine della bottiglia, mentre alimentavo il barbecue, decido che è colpa del covid. Perché nell’altro unico bicchiere di vino che ho assaggiato la sensazione pseudocalorica era la stessa. Ottimo vino da ristappare a fine Covid.

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