Gite in Cantina, Luoghi del Vino

Elio Sandri,  Vignaiolo di Monforte d’Alba

CASCINA DISA – Perno – Monforte d’Alba 

Nell’ottobre 2023 ho avuto l’occasione e il privilegio di poter essere accolto, insieme ad alcuni amici, da Elio Sandri nella sua azienda Cascina Disa sulla sponda orientale della collina di Perno a Monforte d’Alba

Enotour #006 - Elio Sandri,  Vignaiolo di Monforte d'Alba | A Cascina Disa si parla di cose di cui raramente si parla durante le visite alle cantine. Si gode, ma al contempo s'impara. Utile e dilettevole. Elio Sandri è un uomo simpatico e generoso che fa grandissimi vini. Purtroppo non si possono acquistare, ma nel computo dell'intera esperienza diventa veramente un dettaglio.
Serralunga vista dal cortile di Cascina Disa

Elio Sandri

Enotour #006 - Elio Sandri,  Vignaiolo di Monforte d'Alba | A Cascina Disa si parla di cose di cui raramente si parla durante le visite alle cantine. Si gode, ma al contempo s'impara. Utile e dilettevole. Elio Sandri è un uomo simpatico e generoso che fa grandissimi vini. Purtroppo non si possono acquistare, ma nel computo dell'intera esperienza diventa veramente un dettaglio.
Elio Sandri

Elio Sandri è un uomo decisamente espansivo che non lèsina il suo tempo e le proprie energie per consentire al visitatore di comprendere il progetto Cascina Disa e nell’entusiasmo con cui si spende traspare quanto per lui sia vitale la comprensione dell’attitudine con cui affronta il mestiere di vignaiolo e che dunque siano chiari il suo impegno fatto di studio, curiosità, sperimentazione, passione, amore per il territorio e per il vitigno sostenuto dalla volontà di portarli al livello massimo di espressività. Non difetta in eloquio e quest’ultimo è sorretto da una conoscenza profonda della materia Vino. Conoscenza fatta di nozioni tecniche, sensibilità, “capacità di ascolto” e un nutrito bagaglio di evidenze empiriche.

LA VISITA – UN’ESPERIENZA PROTEIFORME

Enotour #006 - Elio Sandri,  Vignaiolo di Monforte d'Alba | A Cascina Disa si parla di cose di cui raramente si parla durante le visite alle cantine. Si gode, ma al contempo s'impara. Utile e dilettevole. Elio Sandri è un uomo simpatico e generoso che fa grandissimi vini. Purtroppo non si possono acquistare, ma nel computo dell'intera esperienza diventa veramente un dettaglio.
Trattato di Enotecnica vergato col gesso sulle botti

Raggiungiamo l’azienda nel pomeriggio inoltrato, appena prima dell’imbrunire e si discorre tranquillamente davanti alla cantina e sopra le vigne fino all’arrivo della Luna dentro il meraviglioso panorama di Serralunga d’Alba con alcuni dei suoi Cru più famosi. Elio Sandri non si risparmia e ci racconta la storia dell’azienda, la sua vocazione, i suoi obiettivi e quanto invece si propone di non fare. Poi si entra in cantina e la visita prende la forma di una grande degustazione, un po’ da bottiglia, un po’ da botte, dei vini dell’azienda che risultano decisamente di carattere, a tratti entusiasmanti. Certamente non si può trascurare in questi frangenti quello che E. Peynaud chiamava “entusiasmo ambientale”, ma conferma delle sensazioni ricevute sul momento c’è una serata con i vini di Elio Sandri organizzata al ritorno che ne sancisce definitivamente la radicale qualità.

Si diceva dunque che la visita diventa una grande degustazione, ma diventa anche un grande corso accelerato di enotecnica, chimica organica e controllo dei processi con l’elargizione di nozioni e conoscenze che non hanno un prezzo. Si va avanti fino alle 9 della sera tra un assaggio e il racconto di una annata, di una intuizione che ha consentito la nascita di una buona bottiglia, tra qualche ricordo di grandi vini bevuti e un trattato del corretto affinamento del vino in relazione all’andamento dell’annata vergato col gesso sulle botti.

ESSERE UN VIGNAIOLO

Dunque Elio Sandri si definisce un Vignaiolo.  Un vignaiolo che ha un’idea del vino e della figura del vignaiolo ben delineata, lucida, radicale e senza mancare di sottolinearlo. Nitidezza e sicurezza dimostrate, ad esempio, dalla chiarezza e la persuasività con cui riesce a articolare all’impronta una visita di quasi 5 ore con tre ospiti mai conosciuti prima. 

Il Vignaiolo è la chiave di tutto. Una forma di alterità radicale rispetto al generico allevatore di viti. Una figura che ascolta e interpreta, si adatta se necessario e si dà come fine non  la ricerca di una perfezione parametrata su risultati standard considerati ripetibili, bensi l’approssimarsi anno dopo anno al miglior risultato possibile nel rispetto e nella consapevolezza della natura di ciò che si va a trasformare. Tenendo sempre davanti come obiettivo l’ottenimento di un vino che ricordi la sua origine e che sia ricco di vita. Mi pare inoltre che gli sia ben chiaro in quale contesto qualitativo voglia collocare i propri vini, in relazione a modelli virtuosi a cui rifarsi. E in questo senso è ampiamente consapevole delle proprie potenzialità, della qualità raggiungibile, e raggiunta pienamente dai suoi vini.

CONCLUSIONI – Elio Sandri

A Cascina Disa si parla di cose di cui raramente si parla durante le visite alle cantine. Si gode, ma al contempo s’impara. Utile e dilettevole. Elio Sandri è un uomo simpatico e generoso che fa grandissimi vini. Purtroppo non si possono acquistare, ma nel computo dell’intera esperienza diventa veramente un dettaglio.

Enotour #006 - Elio Sandri,  Vignaiolo di Monforte d'Alba | A Cascina Disa si parla di cose di cui raramente si parla durante le visite alle cantine. Si gode, ma al contempo s'impara. Utile e dilettevole. Elio Sandri è un uomo simpatico e generoso che fa grandissimi vini. Purtroppo non si possono acquistare, ma nel computo dell'intera esperienza diventa veramente un dettaglio.
La Luna su Serralunga d’Alba – CookliganCC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons
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Gite in Cantina

Aglianico 2009 Mila Vuolo

Ho conosciuto la signora Mila Vuolo alla Fivi lo scorso anno per il suo meraviglioso Fiano. Quest’anno alla manifestazione bolognese mi sono concentrato però sul suo aglianico e ho voluto riportare a casa questa 2009.

Secondo il principio di alcuni che l’aglianico ha bisogno di qualche anno per esprimere il meglio, credo che quasi 15 anni dalla vendemmia possano bastare per poter giudicare un vino di questo tipo.

Riporto alcune informazioni trovate online sulla vinificazione: “Fermentazione e macerazione in tini di acciaio a temperatura controllata, con rimontaggi manuali per 12 giorni; fermentazione malolattica in barriques; maturazione in barriques nuove per 18 mesi; affinamento in bottiglia per almeno 12 mesi.”

Colore rosso granato impenetrabile. All’apertura al naso note terziarie prevalenti, tabacco, cuoio et similia, ma è a circa 36 ore dall’apertura che sprigiona ancora un frutto integro, maturo, di mora, piccoli frutti neri, amarene, e una speziatura potente, pepe nero, chiodi di garofano e cannella in primis.

In bocca il tannino è (come direbbero alcuni) tetragono, asciugante ma non allappante, avvolgente ma non invasivo, acidità viva che smorza un poco il 15% di alcool, il frutto anche qui preminente, maturo, così come le spezie.

Un vino pronto? Sicuramente, ma che ancora non è arrivato all’apice. Peccato non averne preso un’altra bottiglia per poterlo testare fra 3 o 4 anni.

 

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Gite in Cantina, Luoghi del Vino

Langhe: itinerario nella tradizione e nella passione

Langhe: itinerario nella tradizione e nella passione

“Un sentiero è sempre un sentiero anche nella nebbia” questo afferma il Signor Geiser protagonista del racconto L’uomo dell’Olocene di Max Frisch. E cosa più della tradizione è un sentiero che rimane tale anche nella nebbia?

Ed è così che ci avviamo verso il Piemonte, con l’intenzione di incontrare alcuni interpreti della tradizione vinicola di Langa.

Novembre è il mese dell’estate indiana. In certe annate, quando si è fortunati, ci sono giornate che non ci sono in nessun altro momento dell’anno. Inoltre i lavori della vendemmia sono finiti, l’aroma dell’uva in fermentazione pervade le strade e gli ambienti delle cantine e il Cavalier Accomasso mette le sue bottiglie a disposizione dei pochi fortunati che riescono ad arrivare in tempo.

Il viaggio fino a Savona si fa in autostrada poi decidiamo per la ex Statale 661 che da da Montezemolo, passando per Murazzano, arriva a Dogliani. La statale è la soluzione ideale per chi abbia il tempo e la voglia di immergersi nel paesaggio, nella sua varietà prima della monocoltura duffusa, godersi il tempo del viaggio con la possibilità di osservare l’arco delle Alpi, dal Col di Tenda fino al Monte Bianco, da un punto privilegiato. Nel nostro caso c’era la nebbia. Quindi il paesaggio sarà parte del prossimo viaggio e lo racconteremo un’altra volta…

Giorno 1

Cap. 1

Az. Agr. Brezza

Da diversi anni mi proponevo di visitare questa storica azienda di Barolo. Il 2022 è stato l’anno giusto. L’azienda è nell’abitato di Barolo e si completa con un Ristorante e l’Albergo. 20.5 gli ettari vitati tra Barolo, Monforte, Novello e Diano d’Alba. Nayla, francese che si occupa di vino italiano, ci accoglie mostrando curiosità, disponibilità, gentilezza e competenza.

Nayla con la carta del Barolo da Brezza

Nayla con la carta del Barolo da Brezza

I Baroli 2018 che ci presenta in assaggio, Barolo, Barolo Castellero, Barolo Cannubi, Barolo Sarmassa brillano tutti per l’esattezza del tratto congiunta a una austerità tipica che nella 2018 pare stemperata a vantaggio di una accessibilità più spiccata, di un carattere luminoso. Il Barolo Cannubi 2017 porta invece un’impronta tannica molto più marcata.

Da non trascurare il resto della produzione composta di ottime interpretazioni dei vitigni tradizionali delle Langhe. Nebbiolo, Barbera e Dolcetto. Sottolineando la versatile precisione del Nebbiolo Santa Rosalia 2020.

Az. Agr. Brezza

Az. Agr. Brezza

Az. Agr. Brezza

Az. Agr. Brezza

Chi ben comincia è a metà dell’opera.Dopo una sosta per il pranzo ci avviamo verso il nostro secondo appuntamento.

Cap. 2

Ferdinando Principiano

Ferdinando Principiano è un vignaiolo dalla storia particolare. Parte con i Barolo Boys, di cui conserva un cimelio in azienda, e arriva come vignaiolo tradizionalista, ma soprattutto rispettoso dell’ecosistema, tenuto in considerazione anche dai grandi Classicisti delle Langhe.

L’azienda è a Monforte d’Alba.

La proposta è larga e tutta di livello. Si va dall’Alta Langa ai due Baroli di punta, Boscareto e Ravera, passando per il sorprendente Dolcetto 2021 che mi è sembrata una delle migliori interpretazioni provate recentemente, la Freisa (ovvero la cugina del Nebbiolo), per finire con un Boscareto 2009 stappato per testarne le qualità alla prova del tempo.

La nostra visita la ricorderemo anche per la particolarità di aver avuto come occasionali compagni di tavolo un gruppo di francesi che parlavano correntemente e volentieri in inglese.

Ferdinando Principiano

Ferdinando Principiano

Cap. 3

Il Cav. Lorenzo Accomasso

Andare a trovare il Cavalier Accomasso senza parlare col Cavaliere è una situazione un po’ strana per chi ha avuto la fortuna di condividere con lui del tempo nella stanza degli assaggi al piano terra della sua casa di La Morra.

Non poter ascoltare la sua voce quasi plurale raccontare di tutto con generosità e con risparmio del vino, a momenti solo in modo tangenziale, come se fosse un corollario del ben più importante esistere. Comprensibile da parte di una persona per cui il lavoro di vigna fu per moltissimi anni principalmente fatica. Piacevole fatica, ma fatica. Prima che acquistare una vigna, come lo stesso Cavaliere sostiene, fosse diventata una questione per Fondi Internazionali e multinazionali del lusso e non c’era da vantarsi di fare il contadino.

La quercia nel vigneto, i funerali di Bartolo Mascarello con le bandiere rosse, le automobili, la pallapugno, l’Internazionale (la squadra di calcio), l’autoironia sul mancato uso delle barrique, la barbera e il formaggio coi vermi in vigna d’estate, ma tutto questo è materiale per un altro racconto ben più vasto.

Eppure la Signora Simona che all’oggi si occupa di gestire le visite e le vendite per Lorenzo Accomasso non si risparmia e ci accoglie con grande gentilezza e generosità.

I Baroli 2015 sono ottimi, in perfetto stile Accomasso, ma forse il millesimo li ha resi più immediati. Rocchette ha il sapore particolare di ciò che non si assaggerà mai più dal momento che il vigneto sarà espiantato. Ci sono anche il Dolcetto rustico annata 2020 e la Barbera 2018 che definirei un vero ordigno dall’alto potenziale. Pur non avendo parlato col Cavaliere se ne sentiva la presenza.

Enonauti da Lorenzo Accomasso

Enonauti da Lorenzo Accomasso

Ultimo Rocchette

Ultimo Rocchette

Lorenzo Accomasso

Lorenzo Accomasso

Il vino della felicità ovvero il Barbera 2011 del Cavalier Lorenzo Accomasso

Il vino della felicità ovvero il Barbera del Cavalier Lorenzo Accomasso

Finisce la prima giornata. Si raggiunge l’alloggio e si va a cena.

Giorno 2

Cap. 4

Teobaldo Rivella

Teobaldo Rivella ha un’azienda che porta il nome del padre Serafino. Un’azienda piccola, circa 12000 bottiglie in totale, che poggia sulla sommità di una delle migliori vigne di Langa. Montestefano. Per chi scrive si tratta della terza volta dal Signor Teobaldo Rivella, un uomo dalla proverbiale gentilezza e cordialità, che condivide con Lorenzo Accomasso il piacere nel definirsi un classicista e come il Cavaliere tradisce una certa disposizione per il parlare più volentieri di sport, nel suo caso il ciclismo, che di vino. Ma di vino evidentemente se ne intende e basta assaggiare il suo Langhe Nebbiolo e il Barbaresco Montestefano per averne subitanea contezza. Una cantina semplice, pulitissima e suggestiva che giustamente il Signor Rivella mostra con malcelato orgoglio.

I vini di Rivella sono austeri e precisi, rigorosi, tradizionali e rispettosi della propria origine. In parte somigliano al loro artefice. Resta il rimpianto per il Dolcetto che non viene più prodotto e del quale non ci resta che tenere il più a lungo possibile vivo il ricordo dell’ultima bottiglia stappata.

Barbaresco Montestefano - Rivella

Barbaresco Montestefano – Rivella

Serafino Rivella

Serafino Rivella

Il muro di bottiglie da Teobaldo Rivella

Il muro di bottiglie da Teobaldo Rivella

Cap. 5

Renato Fenocchio

Alla fine di una due giorni impegnativa andiamo a visitare l’azienda di Renato Fenocchio e Milva a Neive.

Milva ci chiede all’arrivo quanto tempo abbiamo a disposizione e capiamo il senso della domanda a fine visita. Una esperienza immersiva nella loro epopea familiare, nel loro modo di intendere la vita e il vino, nel loro vino, in una sala degustazioni stratificata che sembra ed è lo scenario perfetto per un pomeriggio di assaggi.

Conduce Milva con grande energia, generosità e simpatia. Non si risparmia nel racconto di come un anelito di indipendenza si sia trasformato con fatica nella splendida realtà che è oggi la loro azienda. Non ci si risparmia in assaggi e chi scrive trova conferma eclatante della qualità sperimentata in passati assaggi e diventa evidente il motivo per cui il nome di questa azienda, seppure non sia nei discorsi di tutti, si trova puntualmente nelle parole di molti credibili bevitori e raccontatori di vini. A un certo punto ci raggiunge anche Renato Fenocchio che impegnato coi lavori di cantina e ci si dilunga allegramente in chiacchiere, ma soprattutto in assaggi.

Espressività, concretezza e anche una politica dei prezzi apprezzabile. Sono i vini che io mi sentirei di consigliare senza timore di sbagliare e sono le persone che consiglierei di incontrare.

Renato Fenocchio a Neive

Renato Fenocchio a Neive

Su tutti Barbaresco Rombone 2018 che è un bell’esempio, quasi emblematico, di come un giovane Barbaresco riesca ad essere piacevole e approcciabile nella sua gioventù pur se di ispirazione classica.

Il Ritorno

Inebriati di vino si riprende la strada. Il maestro Alessio Chiappelli si occupa di selezionare la musica dal sedile posteriore fino allo Zenith che si raggiunge, a un punto del viaggio che non saprei indicare con certezza, forse Massarosa, quando si ascolta STARLESS dei King Crimson a un volume sconsiderato deliberando che la Barbera 2018 di Lorenzo Accomasso e Starless hanno qualcosa che le accomuna. Ovvero la forza inarginabile non lineare governata con maestria da mani sapienti.

©Simone Molinaroli per L’Enonauta

Marzo 2023

Visioni di Langa

Visioni di Langa – Novembre 2022

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Gite in Cantina

Langhe: la prima volta non si scorda mai

Ritorno nella Terra di Mezzo – Enotour Langhe

Il primo viaggio nelle Langhe è senza dubbio un’esperienza indelebile per chi è appassionato della materia enologica e vitivinicola. Per chi proviene da un territorio come la Toscana, le Langhe assomigliano ad luogo lontano, ameno, fuori dalla storia del “vino comune” e dei territori. Se volessimo dare un aggettivo al territorio delle Langhe questo sarebbe “classico”, inteso come un qualcosa che si manterrà nel futuro fedele a sé stesso. Il viaggio nelle Langhe non assomiglia ad un’andata, ma più ad un ritorno spirituale nella Terra di Mezzo di chi ha sete “di virtù e canoscenza”.

Anche per questa occasione, sono stato accompagnato dal valoroso Dario Agostini che, armato della propria macchina fotografica, ha immortalato i momenti più belli di questa trasferta. Ma la Compagnia del Nebbiolo ha registrato l’ingresso di una nuova figura, quella del M° Alessio Chiappelli (alias Dufur), che ha impreziosito alcuni incontri con aneddoti dal mondo della musica e delle arti.

I vigneron che abbiamo incontrato per le degustazioni sono stati selezionati in base ai prodotti bevuti in precedenza e alla nostra voglia di esplorare nuove emozioni. Le descrizioni dei vini risentono enormemente dell’esperienza in cantina e del rapporto avuto con chi ci ha accolti.

Edoardo Sobrino – Enotour Langhe

Enotour #003 - Langhe: la prima volta non si scorda mai | Sobrino, Morra, Prandi, Giacomo Fenoccho, Guido Porro.

Di Sobrino nessuno dei presenti aveva mai bevuto niente. Ci siamo fidati di una segnalazione di un altro enonauta (Simone Molinaroli) che in precedenza aveva sentito cose belle sul suo conto. E mai tale scelta fu più azzeccata.

Edoardo si trova a Diano d’Alba, terra di dolcetto, uno tra i nostri vitigni prediletti. Purtroppo però di Dolcetto Sobrino non ne produce più, vista la grande richiesta di altri uvaggi (nebbiolo e barbera in primis) e il poco margine economico che la produzione di tale vino comporta.

Edoardo ci accoglie con uno spirito più unico che raro. Ci porta in vigna e ci spiega le proprie pratiche bio di coltivazione e vinificazione, poi in cantina ci prepara una tavola imbandita di formaggi, salumi e focacce per accompagnare la degustazione dei propri prodotti.

Questi sono in breve i prodotti degustati:

  • Chardonnay 2020: al naso note di pesca bianca, albicocca disidratata, ginepro, in bocca molto persistente, con un retrolfatto particolarmente floreale di piccoli fiori bianchi.
  • Rosato di Nebbiolo 2017: l’ideale per un aperitivo grazie al sentore di spritz che emana sia al naso che in bocca.
  • Nebbiolo d’Alba 2017: di grande carattere, con un tannino finissimo e tutte le caratteristiche di un grande nebbiolo.
  • Barbera d’Alba 2017 Vigna Carzello: rosso impenetrabile, sensazioni di mora, frutti piccoli neri, molto morbido in bocca e un tannino percettibile.
  • Barbera 2015 Vigna Nirane: una grande barbera.
  • Barolo Monvigliero 2016: ancora molto acerbo ma dal grande carattere
  • Barolo Pisapola 2016: al naso mora e mirtilli, tanta frutta matura e un tannino che sicuramente col tempo si risolverà. Un barolo che tra qualche anno sarà un Grande Barolo.
Enotour #003 - Langhe: la prima volta non si scorda mai | Sobrino, Morra, Prandi, Giacomo Fenoccho, Guido Porro.

Con Edoardo, simpaticissimo e alla mano, parliamo di vini, di territori, di musica, del cantante dei Tool innamorato dei suoi vini, dell’amicizia con Voerzio e con altri produttori. Forse preso dalla simpatia reciproca del momento, si allontana dalla tavola e torna con una bottiglia unicorno, il celeberrimo Dolcetto d’Alba 2017: al naso fragolina di bosco, piccoli frutti rossi maturi, in bocca è persistente, fresco, un vino che sicuramente potrà dare grandi soddisfazioni anche se stappato in futuro.

Dulcis in fundo, Edoardo ci fa assaggiare anche la Barbera appassita che non è commercializzata, ideale per accompagnare cioccolato e dolci.

Enotour #003 - Langhe: la prima volta non si scorda mai | Sobrino, Morra, Prandi, Giacomo Fenoccho, Guido Porro.

Diego Morra

Enotour #003 - Langhe: la prima volta non si scorda mai | Sobrino, Morra, Prandi, Giacomo Fenoccho, Guido Porro.

Ci spostiamo a Verduno per visitare la cantina Diego Morra. Una visita abbastanza didascalica e turistica, che non ci ha lasciato nessun ricordo positivo né per l’accoglienza né per i vini degustati.

In breve:

  • Dolcetto d’Alba 2020: molto “grasso”, con una nota alcolica elevata e un tannino quasi allappante.
  • Barbera d’Alba 2020: affinamento solo in acciaio, al naso molto floreale con note di violetta e in bocca frutta rossa matura e sotto spirito.
  • Nebbiolo d’Alba 2020: lungo nel finale, ma davvero allappante.
  • Barolo Zinzasco 2018: un buon barolo, molto persistente.

Giovanni Prandi – Enotour Langhe

Enotour #003 - Langhe: la prima volta non si scorda mai | Sobrino, Morra, Prandi, Giacomo Fenoccho, Guido Porro.

Tappa obbligatoria per chi è amante del Dolcetto. Prandi è ancora un dolcettista che riserva a questo vitigno la giusta attenzione.

I prezzi dei suo prodotti sono assolutamente fuori dal tempo (Dolcetto a € 6,00 a bottiglia, Nebbiolo a € 8,00 la bottiglia 0,75 lt e € 18,00 la bottiglia da 1,5 lt).

Se siete in zona passate a prendere almeno 2 casse a testa per questi vini di territorio e di qualità.

Giacomo Fenocchio – Enotour Langhe

Enotour #003 - Langhe: la prima volta non si scorda mai | Sobrino, Morra, Prandi, Giacomo Fenoccho, Guido Porro.

A Monforte d’Alba l’azienda di Giacomo Fenocchio è un’istituzione. I suoi cru di Barolo sono tra le espressioni più veritiere di questo territorio e non a caso tra i più buoni, almeno per chi sta raccontando.

La cantina di Fenocchio è iconica, tradizionale, con le grandi botti da decine e decine di ettolitri che riempiono gli ambienti. La visita è molto curata e il cantiniere è attento e preparato alle domande dei visitatori.

Enotour #003 - Langhe: la prima volta non si scorda mai | Sobrino, Morra, Prandi, Giacomo Fenoccho, Guido Porro.

Questi sono i vini degustati con alcune note di rilievo:

  • Roero Arneis 2021: macera 24/48h sulle bucce e non viene chiarificato. Al naso tanti fiori bianchi e note di pesca gialla, melone, note agrumate ed esotiche, in bocca una bella sapidità.
  • Anima Arancio 2019: arneis macerato 30 giorni sulle bucce, note agrumate più decise di clementina e arancia, una lieve nota tannica. Dal 2022 viene macerato in anfora.
  • Barbera Superiore 2020: macerazione che avviene in acciaio per 10-15 giorni, viene travasato varie volte per renderlo limpido. In bocca è morbido e con una buona acidità, tannini fini.
  • Nebbiolo 2020: molto tannico come il corrispettivo di La Morra.
  • Barolo Castellero 2018: cru del comune di Barolo, macerazione per 40 giorni sulle bucce, frutta rossa matura e speziature di pepe nero.
  • Barolo Cannubi 2018: una forte nota balsamica in più rispetto al precedente.
  • Barolo Villero 2018: molto più verde, più vegetale rispetto ai fratelli, ha sicuramente bisogno di più tempo per ammorbidirsi.
  • Barolo Bussia 2018: naso fortemente espressivo, sembra quasi più vicino alla via della maturazione, tannini già più smussati rispetto agli altri e una nota balsamica percettibile.

Guido Porro – Enotour Langhe

Enotour #003 - Langhe: la prima volta non si scorda mai | Sobrino, Morra, Prandi, Giacomo Fenoccho, Guido Porro.

Guido Porro si trova a Serralunga d’Alba, il comune più ad est delle Langhe, e coltiva i vigneti di Lazzarito e Vigna Rionda. I Barolo di Porro si riconoscono per caratteristiche comuni, come la persistenza aromatica, i tannini fini e le note balsamiche.

In particolare:

  • Barolo Gianetto 2018: nota mentolata e di frutta rossa surmatura, viti di oltre 20 anni.
  • Barolo Vigna S. Caterina 2018: da vigneti Lazzarito, meno tannico del precedente, ma anche in questo caso una bella nota balsamica, che si trasforma quasi in un sentore di vermouth nel retrolfattto.
  • Barolo Lazzairasco 2018: caratteristiche simili ai precedenti con note di spezie, pepe e cannella su tutte.
  • Barolo Vigna Rionda 2018: al naso una nota agrumata più marcata, con un finale lunghissimo e mentolato nel retrogusto.

Da Porro abbiamo degustato anche il Dolcetto 2021, la Barbera Vigna S. Caterina 2021 e il Nebbiolo 2021, tutti vini caratterizzati da una forte nota alcolica e un tannino forte e deciso.

Credits

Tutte le foto sono state scattate da Dario Agostini (https://www.flickr.com/photos/133362519@N02https://www.instagram.com/darioago84/)

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Gite in Cantina

Una trasferta ai confini del vino

Friuli, una terra di paradossi – friuli enotour

Enotour #002 - Una trasferta ai confini del vino | Friuli, una terra di paradossi | Oslavia/Cividale La Castellada Primosic Princic Flaibani

Il Friuli è una terra fatta di ossimori un po’ come tutte le terre di confine, fatta di persone rudi ma educate, di terre calde e piovose, di vette altissime e di spiagge selvagge. Dieci anni fa ci approdai per gli ultimi due anni di magistrale, un po’ per fuggire dal Granducato, un po’ per sfida personale: approcciarsi ad una cultura e ad una regione differente è sempre difficile.

La tradizione culinaria friulana è un enorme paradosso: materie prime semplici, genuine, quasi esclusivamente a km 0, che però diventano piatti saporiti e ricchi, dove in essi si ritrovano il lavoro quotidiano, la familiarità e la ricchezza di questa terra.

Per quanto riguarda il vino, la continua ricerca, la sperimentazione, l’amore verso quei terreni producono alcune tra le migliori bottiglie del nostro Bel Paese.

Una domenica ad Oslavia – friuli enotour

Con il compare Dario Agostini, amante del vino e della fotografia, decidiamo di visitare 2 cantine iconiche, in una domenica di fine ottobre che ci regala un clima più primaverile che autunnale. In mattinata partiamo dal centro di Udine e ci dirigiamo verso Oslavia, frazione di Gorizia che in 2 km di strada raccoglie alcuni tra i più grandi produttori di Ribolla e di vini del Friuli.

Sono tutti lì, uno dietro l’altro, Princic, Castellada, Primosic, Gavner, Radikon, ecc. senza cartelli o insegne che accolgono i visitatori, nascosti tra le pendici vitate che si affacciano a sinistra sull’Italia e a destra sulla Slovenia.

Dai racconti delle visite emergono simpatici aneddoti, che fanno capire quanto sia forte e unita l’Associazione Produttori Ribolla di Oslavia, di quanta competizione (giustamente) ci sia, ma anche di quanta amicizia e rispetto viva fra i vigneron.

La Castellada – friuli enotour

La prima tappa è a La Castellada, dove il gentilissimo Stefano ci accompagna in visita in cantina, per poi farci degustare alcune delle sue più famose bottiglie:

  • Ribolla 2016 (non ancora in commercio)
  • Friulano 2015
  • Bianco de La Castellada 2015
  • Chardonnay 2015
  • Sauvignon 2015
  • Rosso de La Castellada 2015

La Castellada si affaccia su una vallata dove il paesaggio è mozzafiato e dove si vedono le vigne di tanti altri produttori. Stefano ci fa capire quanta ricerca in cantina, quanta cura nella terra e nella vinificazione deve essere attuata per produrre i loro vini straordinari.

Una menzione particolare per il loro Chardonnay, che non assomiglia a nessuno Chardonnay tradizionale: fresco, dinamico, con sentori di frutta bianca e note di lime e pompelmo, un bianco superlativo.

Primosic

Enotour #002 - Una trasferta ai confini del vino | Friuli, una terra di paradossi | Oslavia/Cividale La Castellada Primosic Princic Flaibani

Prima di pranzo, decidiamo di fermarci da Primosic per un acquisto veloce, dove troviamo l’ottimo Silvan intento a dialogare con una simpatica coppia romana.

Con il nostro arrivo scatta un veloce aperitivo con la celebre Ribolla, in versione macerata e non. La ribolla di Primosic è diretta, senza fronzoli, come chi la produce, provare per credere.

Dario Princic

Enotour #002 - Una trasferta ai confini del vino | Friuli, una terra di paradossi | Oslavia/Cividale La Castellada Primosic Princic Flaibani

Alle 15.00 appuntamento da Dario Princic. Saliamo la ripida strada che conduce alla cantina e fuori c’era lui, Dario, intento ad aspettarci, ma con l’aria di chi non ne aveva assolutamente voglia…

“Stamani mio figlio è tornato alle 6:00, la visita ve la faccio io”: così ci saluta il buon vigneron, con aria rude ma allo stesso tempo simpatica. Scendiamo in cantina e subito si avverte un’atmosfera completamente diversa: in una cantina in ordine, pulita, quasi asettica, Dario inizia a raccontarci delle sue continue ricerche per raggiungere il tempo di macerazione perfetta per i suoi vini e ci versa direttamente dalle botti il suo nettare prezioso.

Mentre beviamo parliamo di vini “potabili”, dei suoi vicini vinificatori, di quanta scienza e passione ci sia nel suo lavoro. Ribolla, Sivi Pinot, Merlot e tanti calici che parlano tutti in maniera completamente diversa, come le canzoni di un disco dei Led Zeppelin.

Dario si rivela un ottimo interlocutore, si apre e racconta tanti aneddoti di cui purtroppo non posso scriverne. La sua Ribolla è “da brik”, da bere con piatti elaborati o da gustare da sola, da portarsi dietro, per l’appunto, in un brik e berla per fuggire dai pensieri quotidiani.

Enotour #002 - Una trasferta ai confini del vino | Friuli, una terra di paradossi | Oslavia/Cividale La Castellada Primosic Princic Flaibani

Bruna Flaibani

Enotour #002 - Una trasferta ai confini del vino | Friuli, una terra di paradossi | Oslavia/Cividale La Castellada Primosic Princic Flaibani

La giornata volge al termine, ma ci rimangono ancora le forze per far visita all’azienda di Bruna Flaibani, che ci accoglie in quel di Cividale alle 17.30 circa. Ci porta subito in vigna e ci parla delle sue viti, dei suoi terreni e di quanto la sperimentazione biodinamica abbia giovato per i suoi vini.

Ci accoglie in casa e ci fa degustare i celebri Friulano, Pinot grigio ramato, Cabernet Franc e l’indimenticabile Schioppettino, un rosso di un’espressività veramente fuori dal comune. Parliamo della sua storia, di quanto sia difficile per lei portare avanti i lavori in vigna e in cantina, ma di quanto la passione per questo lavoro sia superiore ad ogni ostacolo fisico e mentale.

Il tempo trascorso con Bruna è sempre troppo poco: torneremo Bruna, te lo promettiamo, e staremo con te molto di più!

Credits

Tutte le foto di Friuli Enotour sono state scattate da Dario Agostini (https://www.flickr.com/photos/133362519@N02https://www.instagram.com/darioago84/)

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Gite in Cantina

Il Giovedì Mattina, l’autunno, il Chianti Classico e la tradizione

Chianti Classico Enotour – Il Giovedì Mattina, l’autunno, il Chianti Classico e la tradizione

Dopo circa due anni dall’ultima volta, a causa delle peripezie pandemiche che ci tennero in casa, si ritorna alla periodica, e un tempo frequente, gita nelle terre del Chianti. È un bel giovedi mattina luminoso d’inizio ottobre e piuttosto freddo. Questa volta si è deciso per la visita a tre aziende di piccole dimensioni che tutte potrebbero rivendicare un approccio tradizionale. Bucciarelli/Antico Podere Casanova a Castellina in Chianti, Monterotondo a Gaiole e Podere Pruneto a Radda.

La cosa bella dell’avventurarsi in quella vasta area di toscana centrale in cui si produce il Chianti Classico, e che nell’immaginario di molti somiglia a un generico chiantishire di dolci colline e tipiche ville toscane restaurate secondi i criteri del pittoresco, è che il paesaggio è invece mutevole e l’architettura rurale toscana resiste all’avanzamento dell’Architettura Toscana Turistica, si incontrano talvolta persone che sembrano planate nel nostro tempo da un altro (tempo).

Nei 24 km circa di itinerario tra Castellina in Chianti e Gaiole si passa dal panorama vasto e profondo che si gode da La Piazza dove è sita l’azienda Antico Podere Casanova di Bucciarelli, alla verdità impressionante e ai boschi che circondano i vigneti di Monterotondo e da cui in lontananza è possibile scorgere il Valdarno, alla impareggiabile bellezza e alla tranquillità di Volpaia nel comune di Radda, dove invece si trova il Podere Pruneto, in un contesto che a tratti può addirittura apparire montano. E poi la tradizione di cui si parla che è una tradizione dinamica e che permette di produrre i vini succosi e pieni energia di Bucciarelli, quelli eleganti e precisi di Monterotondo e quelli asciutti e scabri di Podere Pruneto.

Ma soprattutto ci sono il Sangiovese e i suoi interpreti. Ci sarebbe di che venire in pellegrinaggio tutti i giorni. Si comincia dal Signor Bucciarelli che a mezza mattina ci accoglie per una degustazione fiume, una specie di stress test per il pellegrino del vino. Ne usciamo bene, ma guardinghi per il prosieguo della giornata. Ricorda certi altri Ronin del vino che ho incontrato in passato per il suo non somigliare a nessun ritratto di vigneron preconfezionato e fa vini identitari, pieni di sostanza ed energia. Si discorre di Sangiovese, tradizione, motociclette e Merlot nascosti. Una bellissima mattina.

Ci spostiamo dopo il pranzo frugale verso Gaiole. Lungo la statale che porta in Valdarno, ricca di boschi, di una verdità a tratti impressionante paesaggio più intimo e a tratti montano, dove si trova l’azienda Monterotondo di Saverio Basagni. Vignaiolo assolutamente consapevole della qualità del proprio lavoro e che offre con giusto orgoglio i suoi vini agli ospiti.

Si chiacchiera nella saletta degli assaggi dei suoi vini, di alcuni degli argomenti più dibattuti nella comunità del vino come la biodinamica, il vino naturale, si assaggiano gli ottimi 2016 annata e riserva, la profumatissima malvasia, si conferma l’ottima impressione avuta all’ultima Collection praticabile quando fui indirizzato verso il banco d’assaggio di Monterotondo da Diego Finocchi de L’Erta di Radda.

A pomeriggio inoltrato terminiamo la giornata da Riccardo Lanza e suo figlio Massimiliano del Podere Pruneto che si trova lungo la via che porta al borgo di Volpaia in un contesto di rara bellezza. Ci raccontano del loro modo di lavorare nel rispetto della terra e delle piante, del poco intervento in cantina dove si fanno fermentazioni spontanee e si usano cemento e botti grandi per l’affinamento per periodi che variano tra i 24 e i 48 mesi. Si assaggia il Chianti Classico 2018 che è ottenuto da uve Sangiovese senza quella minima parte di Merlot che veniva usata precedentemente. Un vino essenziale, ossuto, che però è pieno di forza nervosa e ci fa tornare a casa col gusto del Sangiovese in mente e la piacevole consapevolezza che per i suoi amatori ci sono ancora molti luoghi dove recarsi sicuri.

Chianti Classico Enotour

 
fotografie di Dario Agostini e Simone Molinaroli
Massimo Bucciarelli / Antico Podere Casanova - alla ricerca della tradizione. Bucciarelli - Monterotondo - Pruneto

Enotour #002 - Da Castellina a Gaiole passando per Radda in Chianti alla ricerca della tradizione. Bucciarelli - Monterotondo - Pruneto
Enotour #002 - Da Castellina a Gaiole passando per Radda in Chianti alla ricerca della tradizione. Bucciarelli - Monterotondo - Pruneto
Saverio Basagni di Monterotondo -  alla ricerca della tradizione. Bucciarelli - Monterotondo - Pruneto

Enotour #002 - Da Castellina a Gaiole passando per Radda in Chianti alla ricerca della tradizione. Bucciarelli - Monterotondo - Pruneto
Enotour #002 - Da Castellina a Gaiole passando per Radda in Chianti alla ricerca della tradizione. Bucciarelli - Monterotondo - Pruneto
Enonauti tra le vigne alla ricerca della tradizione. Bucciarelli - Monterotondo - Pruneto
Riccardo e Massimiliano Lanza del Podere Pruneto - alla ricerca della tradizione. Bucciarelli - Monterotondo - Pruneto

Enotour #002 - Da Castellina a Gaiole passando per Radda in Chianti alla ricerca della tradizione. Bucciarelli - Monterotondo - Pruneto
Enotour #002 - Da Castellina a Gaiole passando per Radda in Chianti alla ricerca della tradizione. Bucciarelli - Monterotondo - Pruneto

Chianti Classico Enotour – Thursday Morning, autumn, Chianti Classico and tradition

After about two years since the last time, due to the pandemic vicissitudes that kept us at home, we return to the periodic, and once frequent, trip to the Chianti lands. It’s a beautiful, bright Thursday morning in early October and quite cold. This time it was decided to visit three small companies that could all claim a traditional approach. Bucciarelli/Antico Podere Casanova in Castellina in Chianti, Monterotondo in Gaiole and Podere Pruneto in Radda.

The beautiful thing about venturing into that vast area of ​​central Tuscany where Chianti Classico is produced, and which in the imagination of many resembles a generic Chiantishire of rolling hills and typical Tuscan villas restored according to picturesque criteria, is that the instead the landscape is changeable and Tuscan rural architecture resists the advancement of Tuscan Tourist Architecture, we sometimes meet people who seem to have glided into our time from another (time).

In the approximately 24 km of itinerary between Castellina in Chianti and Gaiole you pass from the vast and profound panorama that can be enjoyed from La Piazza where the Antico Podere Casanova di Bucciarelli company is located, to the impressive greenery and woods that surround the vineyards of Monterotondo and from which it is possible to see the Valdarno in the distance, to the incomparable beauty and tranquility of Volpaia in the municipality of Radda, where Podere Pruneto is located, in a context that at times can even appear mountainous. And then the tradition we are talking about which is a dynamic tradition and which allows us to produce the juicy and energetic wines of Bucciarelli, the elegant and precise ones of Monterotondo and the dry and rough ones of Podere Pruneto.

But above all there are Sangiovese and its interpreters. There would be something to come on pilgrimage every day. We start with Mr Bucciarelli who welcomes us at mid-morning for a river tasting, a sort of stress test for the wine pilgrim. We come out of it well, but cautious for the rest of the day. He recalls certain other Ronin del vino that I have met in the past in that he does not resemble any pre-packaged portrait of a vigneron and he makes wines with an identity, full of substance and energy. We talk about Sangiovese, tradition, motorcycles and hidden Merlot. A beautiful morning.

After the frugal lunch we move towards Gaiole. Along the state road that leads to Valdarno, rich in woods, with an at times impressive greenness, a more intimate and at times mountainous landscape, where Saverio Basagni’s Monterotondo company is located. Winemaker absolutely aware of the quality of his work and who offers his wines to guests with the right pride.

We chat in the tasting room of its wines, about some of the most debated topics in the wine community such as biodynamics, natural wine, we taste the excellent 2016 vintage and reserve, the very fragrant Malvasia, we confirm the excellent impression we had at the last practicable Collection when I was directed towards the Monterotondo tasting counter by Diego Finocchi of L’Erta di Radda.

In the late afternoon we end the day with Riccardo Lanza and his son Massimiliano of Podere Pruneto which is located along the road that leads to the village of Volpaia in a context of rare beauty. They tell us about their way of working with respect for the land and plants, of the little intervention in the cellar where spontaneous fermentations take place and cement and large barrels are used for aging for periods that vary between 24 and 48 months. We taste the Chianti Classico 2018 which is obtained from Sangiovese grapes without the minimal part of Merlot that was previously used. An essential, bony wine, which however is full of nervous strength and makes us return home with the taste of Sangiovese in mind and the pleasant awareness that for its lovers there are still many safe places to go.

Chianti Classico Enotour from Castellina in Chianti to Gaiole passing from Radda. Photos Dario Agostini/Simone Molinaroli

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Bottiglie, Gite in Cantina, Luoghi del Vino, Produttori

Emmanuel Giboulot ed il suo Les Pierres Blanc 2017

Emmanuel Giboulot – Les Pierres Blanc 2017 – Cote de Beaune Aoc

Emmanuel Giboulot ha grandi mani ruvide da lavoratore, con le quali stringe forte le tue (all’epoca si stringevano ancora le mani) quando ti accoglie nella sua cantina a Beaune. Niente reception, sala da degustazione o personale per le visite guidate. Lui ti riceve, ti fa scendere in cantina, ti serve e beve con te gli assaggi dei suoi vini (che sono mezzi calici), ed alla fine ti prepara la cassa con i vini da portare via (perché è sicuro ne porterai via almeno una cassa).

Giboulot è noto soprattutto per essere un pioniere della viticoltura biologica e biodinamica in Borgogna (fa anche parte dell’associazione Renaissance des Appellation/Return to Terroir fondata nel 2001 dall’iconico vigneron Nicolas Joly). Anche la sua vinificazione è assolutamente di impronta non interventista, rientrando a pieno nello spettro dell’artigianalità/naturalità. Molti lo conoscono anche a causa delle accuse nel 2014, decadute dopo il ricorso, che gli sono state rivolte per aver rifiutato un ordine del governo di utilizzare pesticidi.

Ho visitato la cantina di questo impressionante uomo e vignaiolo nell’aprile del 2019, durante una viaggio in Borgogna. La foto delle bottiglie per gli assaggi fornisce un minimo esempio della dimensione “spartana”, in presa diretta dell’assaggio. L’ambiente rispecchia a pieno la personalità di Giboulot e del suo lavoro: essenziale, senza sovrastrutture, schietto e diretto. Anche i suoi vini hanno queste caratteristiche, alle quali bisogna aggiungere però una dose irrinunciabile di profonda eleganza.

Les Pierres Blanc 2017 è uno Chardonnay al 100% su terreno vulcanico di argille bianche e viti di 40 anni e fa parte della piccola e piuttosto rara appellazione Côte de Beaune (da non confondere con Côte de Beaune Village). Giallo paglierino chiaro con leggeri riflessi verdolini, al naso è molto sottile e delicato, con netta prevalenza di agrumi (limone e lime su tutti), fiori bianchi ed erbe selvatiche appena accennati. In bocca ha un attacco secco e dritto come pochi, una mineralità infinita (sembra proprio che nel calice ci siano dei sassi bianchi), buona persistenza e profondità. Il sorso continua tesissimo, con una bellissima acidità sferzante e una sapidità persistente (che manterranno vivo questo vino ancora per molto tempo), svuotando il calice in maniera prematura. Ha un corpo forse lievemente esile e non possiede una enorme complessità aromatica; alla cieca potrebbe facilmente essere scambiato con uno Chardonnay che non abbia visto legno. Ma questo è lo stile del Domaine, tutto incentrato sulla verticalità, la croccantezza del frutto, la tensione dinamica del sorso e la digeribilità dei vini.

Apprezzo molto i vini di Giboulot, il suo lavoro, la sua posizione intransigente e partigiana. Senza dubbio questo è il suo vino che preferisco e che a mio avviso maggiormente lo rappresenta. Se amate gli Chardonnay (anche di Borgogna) molto espressivi, potenti, profumatissimi, magari con note burrose e boisè, lasciate a scaffale Les Pierres Blanc (se lo trovate), non fa proprio per voi. Se invece amate e non solamente apprezzate (visto il prezzo non propriamente economico per un lieu-dit) questa tipologia di vini allora è un vino da bere assolutamente.

Enonauta/Degustazione di Vino #175 - Emmanuel Giboulot ed il suo Les Pierres Blanc 2017 | Chardonnay di grande finezza
Enonauta/Degustazione di Vino #175 - Emmanuel Giboulot ed il suo Les Pierres Blanc 2017 | Chardonnay di grande finezza

Emmanuel Giboulot – Les Pierres Blanc 2017 – Cote de Beaune Aoc

Enonauta/Degustazione di Vino #175 - Emmanuel Giboulot ed il suo Les Pierres Blanc 2017 | Chardonnay di grande finezza

Emmanuel Giboulot – Les Pierres Blanc 2017 – Cote de Beaune Aoc

Emmanuel Giboulot has large, rough worker’s hands, with which he shakes yours tightly (they still shook hands at the time) when he welcomes you into his cellar in Beaune. No reception, tasting room or tour staff. He receives you, takes you down to the cellar, serves you and drinks samples of his wines with you (which are half glasses), and at the end he prepares the case with the wines to take away (because he is sure you will take away at least one earnings).

Giboulot is best known for being a pioneer of organic and biodynamic viticulture in Burgundy (he is also part of the Renaissance des Appellation/Return to Terroir association founded in 2001 by the iconic vigneron Nicolas Joly). Its winemaking is also absolutely non-interventionist, fully falling within the spectrum of craftsmanship/naturalness. Many also know him because of the charges against him in 2014, which were dropped after an appeal, for refusing a government order to use pesticides.

I visited the cellar of this impressive man and winemaker in April 2019, during a trip to Burgundy. The photo of the tasting bottles provides a minimal example of the “spartan” dimension, directly from the tasting. The environment fully reflects the personality of Giboulot and his work: essential, without superstructures, frank and direct. Its wines also have these characteristics, to which we must however add an indispensable dose of profound elegance.

Les Pierres Blanc 2017 is a 100% Chardonnay on volcanic soil of white clay and 40-year-old vines and is part of the small and rather rare appellation Côte de Beaune (not to be confused with Côte de Beaune Village). Light straw yellow with light greenish reflections, the nose is very subtle and delicate, with a clear prevalence of citrus fruits (lemon and lime above all), white flowers and barely noticeable wild herbs. In the mouth it has a dry and straight attack like few others, an infinite minerality (it really seems as if there are white stones in the glass), good persistence and depth. The sip continues very tense, with a beautiful lashing acidity and a persistent flavor (which will keep this wine alive for a long time to come), emptying the glass prematurely. It has a perhaps slightly thin body and does not possess enormous aromatic complexity; in the blind it could easily be mistaken for a Chardonnay that has seen no wood. But this is the style of the Domaine, all focused on verticality, the crunchiness of the fruit, the dynamic tension of the sip and the digestibility of the wines.

I really appreciate Giboulot’s wines, his work, his uncompromising and partisan position. Without a doubt this is my favorite wine of his and which in my opinion best represents him. If you love very expressive, powerful, very fragrant Chardonnays (including Burgundy ones), perhaps with buttery and woody notes, leave Les Pierres Blanc on the shelf (if you can find it), it’s not really for you. If, however, you love and not just appreciate (given the not exactly cheap price for a lieu-dit) this type of wine then it is a wine to absolutely drink.

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Gite in Cantina, Luoghi del Vino

Lamole – Storia di Vino e Paesaggi

Lamole Storia di Vino e paesaggio

Spesso si viaggia ad ispirazione, a volte si programma leggendo riviste, alcune volte libri: “Varie contrade segnalate con la denominazione di Lamola o Lamole, vale a dire di piccole Lame si trovano in toscana”. La nostra metà si colloca qui: “circa 3 miglia toscane a scirocco di Greve, Diocesi di Fiesole. Trovasi sulla pendice settentrionale del Poggio delle Stinche, fra i due primi rami della fiumana di Greve, nella strada pedonale che guida sulla cresta del monte di Cintoja. I vigneti che danno il buon vin di Lamole cotanto lodato, sono piantati fra i macigni di cotesto poggio”. Così scrive il Repetti sul suo Dizionario geografico fisico storico della Toscana.

In effetti la descrizione è calzante, allontanandosi da Greve e Panzano si abbandonano le colline tondeggianti e caratterizzate da geometrici filari che vediamo nelle pubblicità del “Chiantishire”. I pendii della collina si fanno più scoscesi, le vigne sono abbarbicate a terrazzamenti con muretti a secco costruiti spaccando il macigno dei monti del Chianti di cui fa parte questa località.

Lamole Vino Paesaggio

Arriviamo finalmente nel piccolo borgo di Lamole che si è sviluppato intorno alla pieve un chilometro più in alto del castello. Qui un’altra particolarità, le persone (rare) sono cordiali, ma con meno dipendenza verso il turista, quasi diffidenti, sembra di essere tornati indietro nel tempo.

Eccoci arrivati dai nostri ospiti Annamaria Socci e suo marito Giuliano che ci accolgono nella loro azienda le Masse di Lamole. L’accoglienza è freddina. Non come si potrebbe credere; è una giornata novembrina fantastica, niente vento e tanto sole, però no. Non dipende neppure da loro, che sono riservati, ma felici di mostrarci la loro cantina. Si, è la cantina che tutta in pietra è quasi fredda.

Ma dopo cinque minuti ci siamo già scaldati sorseggiando il famoso sangiovese di Lamole e ascoltando Annamaria che con passione descrive come viene fuori questo vino che è un Chianti Classico, ma mantiene una freschezza anche nell’ invecchiamento mai sentito in altri vini locali.

Poi con Giuliano andiamo in vigna e apprezziamo la peculiarità di questo paesaggio, sotto i nostri piedi i Terrazzamenti di Lamole, la loro è la vigna più alta che arriva quasi a 700 m, di fronte a noi in controluce vediamo le colline di San Casciano e Panzano che chiudono l’orizzonte. I vini, favolosi, hanno una marcia in più. Sarà per il minimo “lavoro” in cantina, per il passaggio nelle botti di castagno che li rende godibilissimi, tanto che la degustazione diventa quasi libagione.

Lasciati Annamaria e Giuliano penso a ciò che più mi è rimasto impresso di questa gita, quasi dimenticavo il loro vinsanto, ottimo, fatto come una volta non troppo dolce, anzi quasi secco. Altra cosa che mi piace molto è la loro etichetta, che raffigura un semplice ed elegantissimo giaggiolo (iris) usato anche in profumeria, probabilmente contribuisce al bouquet del loro Sangiovese.

Le Masse di Lamole: vini genuini e irreprensibili, ricordano loro due: veri cordiali, senza fronzoli.

Enotour #001 - Lamole | Vino e Paesaggio circa 3 miglia toscane a scirocco di Greve, Diocesi di Fiesole. Trovasi sulla pendice settentrionale del Poggio delle Stinche, fra i due primi rami della fiumana di Greve, nella strada pedonale che guida sulla cresta del monte di Cintoja. I vigneti che danno il buon vin di Lamole cotanto lodato, sono piantati fra i macigni di cotesto poggio
Enotour #001 - Lamole | Vino e Paesaggio circa 3 miglia toscane a scirocco di Greve, Diocesi di Fiesole. Trovasi sulla pendice settentrionale del Poggio delle Stinche, fra i due primi rami della fiumana di Greve, nella strada pedonale che guida sulla cresta del monte di Cintoja. I vigneti che danno il buon vin di Lamole cotanto lodato, sono piantati fra i macigni di cotesto poggio
Enotour #001 - Lamole | Vino e Paesaggio circa 3 miglia toscane a scirocco di Greve, Diocesi di Fiesole. Trovasi sulla pendice settentrionale del Poggio delle Stinche, fra i due primi rami della fiumana di Greve, nella strada pedonale che guida sulla cresta del monte di Cintoja. I vigneti che danno il buon vin di Lamole cotanto lodato, sono piantati fra i macigni di cotesto poggio
Lamole Vigna
Lamole  Terroir
Paesaggio Terroir

Lamole History of Wine and landscape – Lamole Vino Paesaggio

Often we travel for inspiration, sometimes we plan by reading magazines, sometimes books: “Various districts marked with the denomination of Lamola or Lamole, that is to say small Lame are found in Tuscany”. Our half is located here: “about 3 Tuscan miles to the sirocco of Greve, Diocese of Fiesole. It is located on the northern slope of the Poggio delle Stinche, between the two first branches of the Greve river, in the pedestrian road that leads to the crest of the mountain of Cintoja. The vineyards that produce the good Lamole wine so praised, are planted among the boulders of this hill”. Thus writes Repetti in his historical physical geographical dictionary of Tuscany.

In fact the description is apt, moving away from Greve and Panzano you abandon the rounded hills characterized by geometric rows that we see in the “Chiantishire” advertisements. The slopes of the hill become steeper, the vineyards cling to terraces with dry stone walls built by splitting the boulder of the Chianti mountains of which this location is part.

We finally arrive in the small village of Lamole which developed around the parish church one kilometer higher than the castle. Another peculiarity here, the people (rare) are friendly, but with less dependence on the tourist, almost distrustful, it seems like we have gone back in time.

Here we are at our hosts Annamaria Socci and her husband Giuliano who welcome us to their company Masse di Lamole. The welcome is cold. Not as you might think; it’s a fantastic November day, no wind and lots of sun, but no. It doesn’t even depend on them, who are reserved, but happy to show us their cellar. Yes, it is the cellar which is all stone and is almost cold.

But after five minutes we were already warmed up by sipping the famous Sangiovese from Lamole and listening to Annamaria who passionately describes how this wine comes out which is a Chianti Classico, but maintains a freshness even during aging never felt in other local wines.

Then with Giuliano we go to the vineyard and appreciate the peculiarity of this landscape, under our feet the Lamole Terraces, theirs is the highest vineyard which reaches almost 700 m, in front of us against the light we see the hills of San Casciano and Panzano that close the horizon. The fabulous wines have an edge. It may be because of the minimal “work” in the cellar, for the passage in chestnut barrels which makes them very enjoyable, so much so that tasting them almost becomes a libation.

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Bianchi Macerati, Bottiglie, Degustazioni, Gite in Cantina

Bianco alla Marta 2015 – Buondonno

Bianco alla Marta 2015 – Buondonno

Bianco alla Marta dell’azienda Buondonno è un bianco di origine chiantigiana. Ci troviamo nella parte settentrionale del territorio di Castellina in Chianti. Altitudine sui 400 metri.
Trebbiano macerato dieci giorni con uve da vecchie viti, quelle che si vedono guardando dalla cantina in direzione sudorientale, un anno di affinamento in tonneau e barrique piegate a vapore.
1300 bottiglie in tutto.

Enonauta/Degustazione di Vino #022 - review - Bianco alla Marta 2015 di Buondonno.

Io non lo definirei orange perché non è arancione e credo che non ci fosse l’intenzione di farne un orange.
Lo penso e lo sento come un vino fatto come un tempo e di questo ho avuto la conferma emotiva/esperienziale al momento di immergervi le pesche saturnia a fine pasto come avrebbero fatto mio padre e i miei zii allora che bevevano i loro vini bianchi che erano tutti fatti come una volta perché “era quella volta”.
Vini fatti come una volta che, voglio precisare, io non ho mai avuto la possibilità di bere nel tempo in cui erano considerati normali bianchi se non quelle volte in cui gli anziani credevano giusto farne assaggiare un goccio ai più giovani, ma il cui gusto riemerge nella memoria sotto la spinta percettiva di alcuni vini moderni.

Enonauta/Degustazione di Vino #022 - review - Bianco alla Marta 2015 di Buondonno.

Non è estremo, non è opalescente. Non è criptico.
È invece color ambra splendente, pulito, intensamente profumato. Di albicocca disidratata, mela golden matura, narciso, noce brasiliana.
Il meglio di sé lo dà comunque nel sorso.
Che è materico, morbido, ma animato da acidità fluente e da un tannino netto che portano equilibrio e grande bevibilità. Lungo finale fresco con retrogusto di mandorla brasiliana.

Come disse il Signor Buondonno, servendocelo insieme a un formaggio di capra opera della figlia Marta che dà peraltro il nome al vino, col formaggio si abbina perfettamente.

ambre brillant, propre, intensément parfumé. Abricot déshydraté, pomme dorée mûre, narcisse, noix du Brésil.
Le meilleur de lui-même le donne encore dans la gorgée.
Ce qui est matériel, doux, mais animé par une acidité fluide et un tanin clair qui apporte équilibre et une grande buvabilité. Finale longue et fraîche avec un arrière-goût d’amande brésilienne.

bright amber, clean, intensely scented. Dehydrated apricot, ripe golden apple, narcissus, Brazilian walnut.
The best of himself still gives it in the sip.
Which is material, soft, but animated by flowing acidity and a clear tannin that bring balance and great drinkability. Long fresh finish with a Brazilian almond aftertaste.

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Quattro Enonauti da Selvapiana
Gite in Cantina

Quella Volta Vol. 1 – Selvapiana (Rùfina)

Quella Volta Vol. 1 – Selvapiana

Quella volta che quattro Enonauti, i tre in foto più il quarto che scattava, si recarono alla Rùfina per andare da Selvapiana.
L’Enonauta non potrà mai dimenticare la prodiga ospitalità offerta ai quattro pellegrini giunti in loco senza preavviso, guidati dalla sete e dall’ispirazione del momento, alla fine di una memorabile giornata di assaggi.
Per non parlare dei sempre ottimi vini.
Bucerchiale 2009 in testa.

That Time Vol. 1 – Selvapiana

That time when four Enonauts, the three in the picture plus the fourth with the camera, moved to Rùfina to visit Selvapiana winery.
The Enonauta will never forget the generous hospitality offered to the four pilgrims who arrived on site without warning, guided by the thirst and inspiration of the moment, at the end of a memorable day of tasting.

Not to mention the always excellent wines.

Bucerchiale 2009 in the lead.

Quattro Enonauti da Selvapiana
Gite in Cantina, Enotour, vagabondaggi enoici

Selvapiana - Rufina
Quattro Enonauti da Selvapiana
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