Bottiglie, Degustazioni

Siamo stati bene – un tranquillo lunedì di fine agosto

grandi vini bianchi per un tranquillo lunedì di fine Agosto

Siamo stati bene. Titolo della serata e al contempo notazione emozionale su un lunedì sera di fine agosto con dei grandi vini bianchi.

Queste le bottiglie in tavola:

Moscato Giallo 2020 – Vallarom 

Un ottimo Moscato Giallo che ha fatto da vino di apertura in una serata con bottiglie impegnative. Brillante, molto intenso al naso con ricordi di salvia, cedro, mela golden, fiori di tiglio. Secco, lineare, buona tenuta al palato, persistente.

Don Chisciotte Fiano 2021 – Zampaglione

Conferma. Ho avuto la fortuna d poter bere diverse annate a breve distanza e trovo confortante continuità qualitativa affiancate a sostanziali differenze legate all’annata.

Questo 2021 si conferma più esile di altre annate, ma non cede nulla sul piano dell’espressività.

Più lo stappo, più diventa uno dei miei vini preferiti. Profumato, elegante, dalla insistita sapidità.

Sancerre Auksinis 2018 – Sebastian Riffault

Raccolta tardiva per questo Sauvignon della Loira. Biodinamica, 10 giorni di macerazione. Vino di grande complessità e compostezza. Color oro, ventaglio aromatico che parte dalla frutta gialla e arriva alle spezie passando per la pietra focaia, la liquirizia, il lime.

Al palato risulta avvolgente, con spiccate doti di gusto, profondo, con acidità ben innervata e un sottilissimo tannino a dare forma.

Bottiglia esaurita in pochi minuti.

Pouilly-Fuissę La Croix Vieilles Vignes 2020 – Domaine Robert Denogent

Un bel compendio su come un vino possa essere fine e opulento allo stesso tempo. Preciso e potente. Vinificazione e affinamento in legno, lunga sosta sulle fecce.

Colore concentrato, profumi di spezie, mango, bergamotto, un filo di burro fuso, gelsomino. Ricchezza al naso.

Sorso vasto, acidità lineare, grande tenuta e progressione. Finale impressionante. Bravissimo Denogent anche senza le Sardine.

Sassocarlo 2019 – Terreamano/Fattoria di Bacchereto 

Non costa poco, ma la soddisfazione è tanta. Trebbiano 80 percento e il restante 20 percento Malvasia. Arriva da Bacchereto/Carmignano che è zona di Vino Rosso.

Breve macerazione, acciaio poi legno con lunga sosta sulle fecce.

Il 2019 è un grandissimo vino. Profumi molti e buoni. Il fico, le spezie, il narciso, il mandarino, il sorso è voluminoso, ampio, stratificato, senza cedere in freschezza e dinamica. Piacevolezza senza fatica che invoglia a ritornare in enoteca. 

Mersault Les Tessons 2010 – Michel Bouzereau 

Reduce dall’apertura di un 2018 che era risultato assai godibile a fine serata propongo agli amici l’apertura di questo 2010. 

Vino davvero lussureggiante, ma probabilmente ancora da aspettare. A tratti grasso, opulento, profondo, sempre però trainato da acidità netta, potenza di gusto, da una girandola di ricordi olfattivi come il cedro, l’ananas, la mandorla tostata, la pasticceria secca.

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Bianco alla Marta 2021 – Buondonno

Bianco alla Marta 2021 – Buondonno

Ultimo di una trilogia di vini cosiddetti “Orange” che mi sono trovato ad assaggiare in rapida sequenza. Categoria, quella degli Orange, di cui sono un semiappassionato, nel senso che alcuni mi piacciono molto e altri sinceramente mi sembrano un inno all’approssimazione.

Questo bianco da Trebbiano di Gabriele Buondonno da Castellina in Chianti su idea della figlia Marta è uno dei miei preferiti (qui una precedente nota sul 2015). Non saprei nemmeno se in base ai canoni con cui si definisce un Orange Wine potrebbe essere considerato tale. Comunque lo trovo in carta in uno dei ristoranti più remoti, ma da tenere presente per gli amanti della cucina tradizionale, della Toscana (la Buca di Baldabò a Vico Pancellorum) e non me lo lascio scappare.

Fermenta per 10 giorni sulle bucce e poi affina in legno piegato a vapore per un anno
Ambra di lucentezza unica. Ricordi di fico e uva sultanina, narciso, zenzero, mela opal. Preciso e pulitissimo.
Secco e incisivo, centrato, con acidità fluida, splendida consistenza e ottimi sviluppo di gusto e persistenza.
Già buono, ma vorrei provarlo ancora tra qualche anno.

In abbinamento perfetto con la cucina tradizionale del ristorante, in special modo con le tagliatelle con ragù bianco al coltello.

Bianco alla Marta 2021 – Buondonno

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Vino Bianco 2016 – Antonio Canestrari

Vino Bianco 2016 – Antonio Canestrari

Verdicchio. Fuori denominazione, per quanto ho letto pare sia l’ultima annata che verrà prodotta.

Affilato e Ossidato.
In enoteca mi avevano avvertito. “È un vino spostato sulle ossidazioni…”. Avevano ragione.
È un vino affilato e ossidato.
Colore luminoso tendente al giallo scuro.
Parco nel suscitare emozioni olfattive con ricordi di fieno secco, mela tagliata, erbe aromatiche, elicriso. Sembra a tutti gli effetti un vino ossidato.

Acidissimo. Una sciabola. Passato il primo momento è un vino molto bevibile che in fase retroattiva è più ricco di quanto non prometta al naso. Ma resta per me un vino monocorde. Dalle note ossidativo troppo pronunciate. Così tanto che mi viene un dubbio.

Spenderei altre 26 euro per un’altra bottiglia?
Se il vino è proprio questo, e non una deriva contestuale, sinceramente no.

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Les Sardines 2019 – Domaine Robert Denogent

Les Sardines 2019 – Domaine Robert Denogent
Appellation Macon-Villages Controlee

EngFra

Avrei già voluto aprirlo un paio di volte, mi sono risoluto a stappare dopo aver letto un catastrofico racconto di una bottiglia decisamente molto diversa da questa.

Chardonnay da uve provenienti da più parcelle situate nel Maconnais. Fermentazione e malolattica in barrique usate, da 18 a 30 mesi sulle fecce.

Vino di enorme personalità.
Cangiante e luminoso, alla luce mostra a tratti riflessi verdi.
Un campionario di fragranze da profumeria introdotto da una lieve volatile, questo va detto, che include la scorza di lime, il timo limone, il cappero essiccato, la nespola, il tarassaco, il miele di cardo e forse altro che io non ho mai avuto la fortuna di annusare.
Rugoso e stratificato, caldo e persistente animato da un’acidità che non si fa notare per la quantità, ma per la sua forma, la sua forza, come una sonda che traccia inarrestabile una rotta a un vino che sembra poter esprimersi a lungo. Sapidità pronunciata, credo potrebbe essere portato ad esempio come l’esatto opposto del vino “bianco carta”. Un finale lungo e potente dove si rievocano le drupe mature, le spezie, le erbe aromatiche.

Non direi che siano l’eleganza e la precisione i suoi punti di forza. Non penso nemmeno che fosse il risultato cercato. La persuasiva potenza, la qualità del gusto. Queste mi sembrano le sue armi migliori.

A tavola con gli Spaghetti alle Vongole, ma l’ultimo bicchiere benissimo anche con tonno, pomodoro e uovo sodo.

Les Sardines 2019 – Domaine Robert Denogent Appellation Macon-Villages Controlee

I already wanted to open it a couple of times, I resolved to uncork after reading a catastrophic story of a bottle very different from this one.

Chardonnay from grapes from several parcels located in the Maconnais. Fermentation and malolactic fermentation in used barriques, from 18 to 30 months on the lees.

Wine of enormous personality.

Iridescent and bright, in the light it shows green reflections at times. A sampling of perfumery fragrances introduced by a slight volatile, it must be said, which includes lime zest, lemon thyme, dried caper, medlar, dandelion, thistle honey and perhaps other things that I have never had lucky enough to smell.

Wrinkled and stratified, warm and persistent animated by an acidity that is not noticed for its quantity, but for its shape, its strength, like a probe that traces an unstoppable route to a wine that seems to be able to express itself for a long time. Pronounced sapidity, I think it could be used for example as the exact opposite of the “white paper” wine. A long and powerful finish where ripe drupes, spices and aromatic herbs are evoked.

I would not say that elegance and precision are its strengths. I don’t even think that was the result you were looking for. The persuasive power, the quality of taste. These seem to me his best weapons. At the table with Spaghetti alle Vongole, but the last glass is also excellent with tuna, tomato and hard-boiled egg.

Les Sardines 2019 – Domaine Robert Denogent Appellation Mâcon-Villages Contrôlés

J’ai déjà voulu l’ouvrir plusieurs fois, je me suis résolu à déboucher après avoir lu une histoire catastrophique d’une bouteille très différente de celle-ci.

Chardonnay issu de raisins de plusieurs parcelles situées dans le Mâconnais. Fermentation et fermentation malolactique en barriques usagées, de 18 à 30 mois sur lies.

Vin d’une énorme personnalité.

Irisé et lumineux, il présente à la lumière des reflets verts par moments. Un échantillonnage de fragrances de parfumerie introduites par un léger volatil, il faut le dire, qui comprend du zeste de citron vert, du thym citronné, du câpre séché, du néflier, du pissenlit, du miel de chardon et peut-être d’autres choses que je n’ai jamais eu la chance de sentir.

Ridée et stratifiée, chaleureuse et persistante animée par une acidité qui ne se remarque pas pour sa quantité, mais pour sa forme, sa force, comme une sonde qui trace une route imparable vers un vin qui semble pouvoir s’exprimer longtemps . Sapidité prononcée, je pense qu’il pourrait être utilisé par exemple comme l’exact opposé du vin “papier blanc”.

Une finale longue et puissante où les drupes mûres, les épices et les herbes aromatiques sont évoquées.

Je ne dirais pas que l’élégance et la précision sont ses atouts. Je ne pense même pas que c’était le résultat que vous recherchiez. Le pouvoir de persuasion, la qualité du goût. Celles-ci me semblent ses meilleures armes. A table avec des Spaghetti alle Vongole, mais le dernier verre est aussi excellent avec du thon, de la tomate et de l’œuf dur.

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St. Magdalener 2022 / due espressioni a confronto

St. Magdalener 2022 / due espressioni a confronto

Bevute le due bottiglie a distanza di un paio di giorni (St. Magdalener Huck am Bach di Kellerei Bozen e il St.Magdalener Classico di Kandlerhof), viene spontaneo fare un confronto.

Entrambe con saldo di Lagrein e passaggio in botte grande.

St. Magdalener Huck am Bach 2022

di Kellerei Bozen

ha veste scura, tendente al violaceo, floreale di viole, ricordi fruttati opulenti di ciliegia, vinoso, pepe bianco e cannella.
Sorso dai confini un po’ confusi, caldo in esordio, saporito e rotondo, con acidità moderata e finisce però per esaurire rapidamente la sua verve.

St. Magdalener 2022 Kandlerhof

di Kandlerhof

è invece traslucido vivo, evoca i fiori rossi selvatici come il rododendro, il frutto fresco, ciliegia principalmente, cannella, altre spezie e un accenno di erbe aromatiche.
Sorso definito e ben disteso, meno corpo e più forza che oltre a esprimersi bene nel centrobocca, con freschezza e sapidità, termina anche discretamente lungo e speziato.

Netta preferenza per Kandlerhof.

Due espressioni di Santa Maddalena 2022 a confronto. Huck am Bach di Kellerei Bozen/Santa Maddalen classico di Kandlerhof
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Mersault "Les Tessons" 2018 - Domaine Michel Bouzereau et Fils
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Mersault “Les Tessons” 2018 – Domaine Michel Bouzereau et Fils

Mersault “Les Tessons” 2018 – Domaine Michel Bouzereau et Fils

Dispiace per l’unica foto disponibile perché un vino epico, che tutti i presenti si ricorderanno a lungo, avrebbe meritato miglior documentazione. Però ero impegnato con la griglia, la zuppa di pesce  e l’Ombrina da 3 kg. 

Ricevuta in regalo per il mio cinquantesimo, le uniche informazioni che avevo prima dello stappo erano a proposito del passaggio in legno, solo 25% nuovo, e il commento di un amico “Bouzereau è un grande!“. È stato qualche anno in cantina e sentivo che era il momento giusto e non mi sbagliavo.

Assaggiandolo avrei detto fermentazione e affinamento in legno con sosta sulle fecce. Ed è effettivamente uno Chardonnay che matura 18/24 mesi in barrique per tre quarti usate, ma non trovo notizia del vaso di fermentazione e della eventuale sosta sulle fecce.

Colore concentrato, brillantezza esemplare, bouquet limpido con ricordi di  cedro, cedro candito, ananas maturo, enotèra/enagra selvatica, e poi le spezie, il fiore di cappero, un filo di balsamicità. Bellissimo al naso. Bellissimo.

Al palato è intenso, spaziale/stratificato, evocativo, con acidità diretta ben fusa dentro la materia che ha stoffa spessa, morbidezze ben calibrate e fusione è davvero la parola chiave per descrivere questa esperienza. La perfetta fusione di una serie di elementi a comporre una “lega” senza difetti, dalla forza espressiva inarginabile e con un finale a dir poco epico dove si rievocano molto frutto, molte spezie.

Vino da 98 punti minimo per chi gradisce la valutazione in punti. 98 in senso assoluto. In tavola c’erano la zuppa di pesce e un’ombrina alla griglia da 3 kg. Non il migliore degli abbinamenti, sarebbe sicuramente andata meglio con un coniglio, ma valido.

Mersault "Les Tessons" 2018 - Domaine Michel Bouzereau et Fils
Mersault “Les Tessons” 2018 – Domaine Michel Bouzereau et Fils
Mersault “Les Tessons” 2018 – Domaine Michel Bouzereau et Fils
ombrina da 3 kg
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Nebbiolo d’Alba 2011 – Flavio Roddolo

Nebbiolo d’Alba 2011 – Flavio Roddolo

I vini di Flavio Roddolo, il Ronin del Bricco Appiani, finiscono per essere sempre sorprendenti e questo Nebbiolo non fa eccezione e se confrontato col 2010, ultimo da me bevuto e che era un campione di austerità, risulta essere un vino più caldo e denso e meno rigoroso del solito. Più pronto, anzi pronto adesso.

Colore rosso granato scuro, all’apertura asfalto bagnato, poi marasca sotto spirito, tamarindo, foglia di the, rosmarino e poi la cifra dei vini di Flavio Roddolo ovvero questa nota sanguigno/ferrosa che spesso si riscontra nei suoi vini. Non manca certo di aromi e dà qualche segnale di un iniziale avviamento verso la maturazione.

Sorso piuttosto caldo e ampio, acquisisce potenza espressiva col tempo, ha un filo di pungenza con sensazioni acido/sapide in evidenza, tannini lavorati e dentro il vino, prevalenza di frutto maturo in fase retrolfattiva. A tratti mostra morbidezza.
Vino pronto, tendente all’equilibrio, meno Roddoliano del solito.
Il tutto orchestrato su registri cupi. Un nebbiolo crepuscolare, di grande personalità.

A chi fortunello ne detenesse delle bottiglie io consiglio l’apertura entro un paio d’anni.

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Chianti Classico 2018 – Le Masse di Lamole

Chianti Classico 2018 – Le Masse di Lamole

Il nome de Le Masse di Lamole è apparso spesso sulle pagine de L’Enonauta (vedi qui).

Un Sangiovese di Lamole, oltre 600 metri slm, vinificato in acciaio e con invecchiamento in botti di castagno.

Un Chianti Classico/Sangiovese smagliante, di colore vivace, giovane, con profumi di agrumi, lampone e lavanda in mezzo a un onda di floreale fragrantissimo. Con qualche eco di sottobosco e spezie. Tutto qui. Nettamente, con vigoria. Un tutto qui che è assai.

Freschissimo al palato, diretto, schietto di carattere, ma equilibrato nel suo sviluppo, lineare, giustamente alcolico e tannico per un sorso tonico, ma sempre ben definito e direzionato. Retrogusto agrumato e di frutti rossi dolci, molto aperto sul finale. Vino identitario, territoriale, comprensibile e ampiamente godibile. Il consiglio di abbinarlo con la bistecca è inevitabile e altrettanto inevitabile è specificare che una bottiglia a persona è la “giusta proporzione” in questo caso.

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Gite in Cantina, Luoghi del Vino

Langhe: itinerario nella tradizione e nella passione

Langhe: itinerario nella tradizione e nella passione

“Un sentiero è sempre un sentiero anche nella nebbia” questo afferma il Signor Geiser protagonista del racconto L’uomo dell’Olocene di Max Frisch. E cosa più della tradizione è un sentiero che rimane tale anche nella nebbia?

Ed è così che ci avviamo verso il Piemonte, con l’intenzione di incontrare alcuni interpreti della tradizione vinicola di Langa.

Novembre è il mese dell’estate indiana. In certe annate, quando si è fortunati, ci sono giornate che non ci sono in nessun altro momento dell’anno. Inoltre i lavori della vendemmia sono finiti, l’aroma dell’uva in fermentazione pervade le strade e gli ambienti delle cantine e il Cavalier Accomasso mette le sue bottiglie a disposizione dei pochi fortunati che riescono ad arrivare in tempo.

Il viaggio fino a Savona si fa in autostrada poi decidiamo per la ex Statale 661 che da da Montezemolo, passando per Murazzano, arriva a Dogliani. La statale è la soluzione ideale per chi abbia il tempo e la voglia di immergersi nel paesaggio, nella sua varietà prima della monocoltura duffusa, godersi il tempo del viaggio con la possibilità di osservare l’arco delle Alpi, dal Col di Tenda fino al Monte Bianco, da un punto privilegiato. Nel nostro caso c’era la nebbia. Quindi il paesaggio sarà parte del prossimo viaggio e lo racconteremo un’altra volta…

Giorno 1

Cap. 1

Az. Agr. Brezza

Da diversi anni mi proponevo di visitare questa storica azienda di Barolo. Il 2022 è stato l’anno giusto. L’azienda è nell’abitato di Barolo e si completa con un Ristorante e l’Albergo. 20.5 gli ettari vitati tra Barolo, Monforte, Novello e Diano d’Alba. Nayla, francese che si occupa di vino italiano, ci accoglie mostrando curiosità, disponibilità, gentilezza e competenza.

Nayla con la carta del Barolo da Brezza

Nayla con la carta del Barolo da Brezza

I Baroli 2018 che ci presenta in assaggio, Barolo, Barolo Castellero, Barolo Cannubi, Barolo Sarmassa brillano tutti per l’esattezza del tratto congiunta a una austerità tipica che nella 2018 pare stemperata a vantaggio di una accessibilità più spiccata, di un carattere luminoso. Il Barolo Cannubi 2017 porta invece un’impronta tannica molto più marcata.

Da non trascurare il resto della produzione composta di ottime interpretazioni dei vitigni tradizionali delle Langhe. Nebbiolo, Barbera e Dolcetto. Sottolineando la versatile precisione del Nebbiolo Santa Rosalia 2020.

Az. Agr. Brezza

Az. Agr. Brezza

Az. Agr. Brezza

Az. Agr. Brezza

Chi ben comincia è a metà dell’opera.Dopo una sosta per il pranzo ci avviamo verso il nostro secondo appuntamento.

Cap. 2

Ferdinando Principiano

Ferdinando Principiano è un vignaiolo dalla storia particolare. Parte con i Barolo Boys, di cui conserva un cimelio in azienda, e arriva come vignaiolo tradizionalista, ma soprattutto rispettoso dell’ecosistema, tenuto in considerazione anche dai grandi Classicisti delle Langhe.

L’azienda è a Monforte d’Alba.

La proposta è larga e tutta di livello. Si va dall’Alta Langa ai due Baroli di punta, Boscareto e Ravera, passando per il sorprendente Dolcetto 2021 che mi è sembrata una delle migliori interpretazioni provate recentemente, la Freisa (ovvero la cugina del Nebbiolo), per finire con un Boscareto 2009 stappato per testarne le qualità alla prova del tempo.

La nostra visita la ricorderemo anche per la particolarità di aver avuto come occasionali compagni di tavolo un gruppo di francesi che parlavano correntemente e volentieri in inglese.

Ferdinando Principiano

Ferdinando Principiano

Cap. 3

Il Cav. Lorenzo Accomasso

Andare a trovare il Cavalier Accomasso senza parlare col Cavaliere è una situazione un po’ strana per chi ha avuto la fortuna di condividere con lui del tempo nella stanza degli assaggi al piano terra della sua casa di La Morra.

Non poter ascoltare la sua voce quasi plurale raccontare di tutto con generosità e con risparmio del vino, a momenti solo in modo tangenziale, come se fosse un corollario del ben più importante esistere. Comprensibile da parte di una persona per cui il lavoro di vigna fu per moltissimi anni principalmente fatica. Piacevole fatica, ma fatica. Prima che acquistare una vigna, come lo stesso Cavaliere sostiene, fosse diventata una questione per Fondi Internazionali e multinazionali del lusso e non c’era da vantarsi di fare il contadino.

La quercia nel vigneto, i funerali di Bartolo Mascarello con le bandiere rosse, le automobili, la pallapugno, l’Internazionale (la squadra di calcio), l’autoironia sul mancato uso delle barrique, la barbera e il formaggio coi vermi in vigna d’estate, ma tutto questo è materiale per un altro racconto ben più vasto.

Eppure la Signora Simona che all’oggi si occupa di gestire le visite e le vendite per Lorenzo Accomasso non si risparmia e ci accoglie con grande gentilezza e generosità.

I Baroli 2015 sono ottimi, in perfetto stile Accomasso, ma forse il millesimo li ha resi più immediati. Rocchette ha il sapore particolare di ciò che non si assaggerà mai più dal momento che il vigneto sarà espiantato. Ci sono anche il Dolcetto rustico annata 2020 e la Barbera 2018 che definirei un vero ordigno dall’alto potenziale. Pur non avendo parlato col Cavaliere se ne sentiva la presenza.

Enonauti da Lorenzo Accomasso

Enonauti da Lorenzo Accomasso

Ultimo Rocchette

Ultimo Rocchette

Lorenzo Accomasso

Lorenzo Accomasso

Il vino della felicità ovvero il Barbera 2011 del Cavalier Lorenzo Accomasso

Il vino della felicità ovvero il Barbera del Cavalier Lorenzo Accomasso

Finisce la prima giornata. Si raggiunge l’alloggio e si va a cena.

Giorno 2

Cap. 4

Teobaldo Rivella

Teobaldo Rivella ha un’azienda che porta il nome del padre Serafino. Un’azienda piccola, circa 12000 bottiglie in totale, che poggia sulla sommità di una delle migliori vigne di Langa. Montestefano. Per chi scrive si tratta della terza volta dal Signor Teobaldo Rivella, un uomo dalla proverbiale gentilezza e cordialità, che condivide con Lorenzo Accomasso il piacere nel definirsi un classicista e come il Cavaliere tradisce una certa disposizione per il parlare più volentieri di sport, nel suo caso il ciclismo, che di vino. Ma di vino evidentemente se ne intende e basta assaggiare il suo Langhe Nebbiolo e il Barbaresco Montestefano per averne subitanea contezza. Una cantina semplice, pulitissima e suggestiva che giustamente il Signor Rivella mostra con malcelato orgoglio.

I vini di Rivella sono austeri e precisi, rigorosi, tradizionali e rispettosi della propria origine. In parte somigliano al loro artefice. Resta il rimpianto per il Dolcetto che non viene più prodotto e del quale non ci resta che tenere il più a lungo possibile vivo il ricordo dell’ultima bottiglia stappata.

Barbaresco Montestefano - Rivella

Barbaresco Montestefano – Rivella

Serafino Rivella

Serafino Rivella

Il muro di bottiglie da Teobaldo Rivella

Il muro di bottiglie da Teobaldo Rivella

Cap. 5

Renato Fenocchio

Alla fine di una due giorni impegnativa andiamo a visitare l’azienda di Renato Fenocchio e Milva a Neive.

Milva ci chiede all’arrivo quanto tempo abbiamo a disposizione e capiamo il senso della domanda a fine visita. Una esperienza immersiva nella loro epopea familiare, nel loro modo di intendere la vita e il vino, nel loro vino, in una sala degustazioni stratificata che sembra ed è lo scenario perfetto per un pomeriggio di assaggi.

Conduce Milva con grande energia, generosità e simpatia. Non si risparmia nel racconto di come un anelito di indipendenza si sia trasformato con fatica nella splendida realtà che è oggi la loro azienda. Non ci si risparmia in assaggi e chi scrive trova conferma eclatante della qualità sperimentata in passati assaggi e diventa evidente il motivo per cui il nome di questa azienda, seppure non sia nei discorsi di tutti, si trova puntualmente nelle parole di molti credibili bevitori e raccontatori di vini. A un certo punto ci raggiunge anche Renato Fenocchio che impegnato coi lavori di cantina e ci si dilunga allegramente in chiacchiere, ma soprattutto in assaggi.

Espressività, concretezza e anche una politica dei prezzi apprezzabile. Sono i vini che io mi sentirei di consigliare senza timore di sbagliare e sono le persone che consiglierei di incontrare.

Renato Fenocchio a Neive

Renato Fenocchio a Neive

Su tutti Barbaresco Rombone 2018 che è un bell’esempio, quasi emblematico, di come un giovane Barbaresco riesca ad essere piacevole e approcciabile nella sua gioventù pur se di ispirazione classica.

Il Ritorno

Inebriati di vino si riprende la strada. Il maestro Alessio Chiappelli si occupa di selezionare la musica dal sedile posteriore fino allo Zenith che si raggiunge, a un punto del viaggio che non saprei indicare con certezza, forse Massarosa, quando si ascolta STARLESS dei King Crimson a un volume sconsiderato deliberando che la Barbera 2018 di Lorenzo Accomasso e Starless hanno qualcosa che le accomuna. Ovvero la forza inarginabile non lineare governata con maestria da mani sapienti.

©Simone Molinaroli per L’Enonauta

Marzo 2023

Visioni di Langa

Visioni di Langa – Novembre 2022

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Bottiglie, Degustazioni

Percarlo 2008 – Fattoria San Giusto a Rentennano

Percarlo 2008 – Fattoria San Giusto a Rentennano

Sangiovese. Selezione dai migliori appezzamenti a Gaiole in Chianti, lunga macerazione e affinamento per 22 mesi in fusti da 225 litri e poi in bottiglia per 15 mesi.

È un VINONE. Uso questo termine, che per molti è diventato tabù in quest’epoca di ricerca della leggerezza, fino quasi alla invenzione del vino esangue, e che alla fine sembra ricalcare in senso negativo la ricerca della opulenza a tutti i costi, e lo uso affettuosamente e in senso elogiativo. Un vinone non opulento che a 15 anni dalla vendemmia non ha ceduto di un millimetro sullo smalto e sull’espressività e non ha ancora intrapresa la china della disgregazione/invecchiamento. Anzi. È un vino più pronto che maturo e l’integrità del liquido contenuto in questa bottiglia è eccezionale.
Dove per integrità non s’intende “come se il tempo non fosse passato”, ma integrità di colore e di frutto percepito.
Il tempo è invece passato e il colore di questo Percarlo 2008 è scuro, rubino fitto, brillante fino all’unghia. L’ampiezza e la nettezza dei profumi sono paradigmatiche. Esordisce sul mirto e poi l’arancia tarocco matura, la prugna, grafite e carne cruda, note ematiche e poi torna il frutto con la ciliegia sotto spirito e ancora ricordi di erbe aromatiche e di tabacco.
Sorso caldo, impattante, coeso con acidità distribuita e tannini sabbiosi che stanno “dentro” la materia, la prima dando luminosità e i secondi disegnandone la precisa forma. Materia che ha concentrazione, fibra, percezione del frutto di rara intensità e finale lunghissimo e prepotentemente balsamico.

Vino che può essere definito memorabile.

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