Gite in Cantina, Luoghi del Vino

Elio Sandri,  Vignaiolo di Monforte d’Alba

CASCINA DISA – Perno – Monforte d’Alba 

Nell’ottobre 2023 ho avuto l’occasione e il privilegio di poter essere accolto, insieme ad alcuni amici, da Elio Sandri nella sua azienda Cascina Disa sulla sponda orientale della collina di Perno a Monforte d’Alba

Enotour #006 - Elio Sandri,  Vignaiolo di Monforte d'Alba | A Cascina Disa si parla di cose di cui raramente si parla durante le visite alle cantine. Si gode, ma al contempo s'impara. Utile e dilettevole. Elio Sandri è un uomo simpatico e generoso che fa grandissimi vini. Purtroppo non si possono acquistare, ma nel computo dell'intera esperienza diventa veramente un dettaglio.
Serralunga vista dal cortile di Cascina Disa

Elio Sandri

Enotour #006 - Elio Sandri,  Vignaiolo di Monforte d'Alba | A Cascina Disa si parla di cose di cui raramente si parla durante le visite alle cantine. Si gode, ma al contempo s'impara. Utile e dilettevole. Elio Sandri è un uomo simpatico e generoso che fa grandissimi vini. Purtroppo non si possono acquistare, ma nel computo dell'intera esperienza diventa veramente un dettaglio.
Elio Sandri

Elio Sandri è un uomo decisamente espansivo che non lèsina il suo tempo e le proprie energie per consentire al visitatore di comprendere il progetto Cascina Disa e nell’entusiasmo con cui si spende traspare quanto per lui sia vitale la comprensione dell’attitudine con cui affronta il mestiere di vignaiolo e che dunque siano chiari il suo impegno fatto di studio, curiosità, sperimentazione, passione, amore per il territorio e per il vitigno sostenuto dalla volontà di portarli al livello massimo di espressività. Non difetta in eloquio e quest’ultimo è sorretto da una conoscenza profonda della materia Vino. Conoscenza fatta di nozioni tecniche, sensibilità, “capacità di ascolto” e un nutrito bagaglio di evidenze empiriche.

LA VISITA – UN’ESPERIENZA PROTEIFORME

Enotour #006 - Elio Sandri,  Vignaiolo di Monforte d'Alba | A Cascina Disa si parla di cose di cui raramente si parla durante le visite alle cantine. Si gode, ma al contempo s'impara. Utile e dilettevole. Elio Sandri è un uomo simpatico e generoso che fa grandissimi vini. Purtroppo non si possono acquistare, ma nel computo dell'intera esperienza diventa veramente un dettaglio.
Trattato di Enotecnica vergato col gesso sulle botti

Raggiungiamo l’azienda nel pomeriggio inoltrato, appena prima dell’imbrunire e si discorre tranquillamente davanti alla cantina e sopra le vigne fino all’arrivo della Luna dentro il meraviglioso panorama di Serralunga d’Alba con alcuni dei suoi Cru più famosi. Elio Sandri non si risparmia e ci racconta la storia dell’azienda, la sua vocazione, i suoi obiettivi e quanto invece si propone di non fare. Poi si entra in cantina e la visita prende la forma di una grande degustazione, un po’ da bottiglia, un po’ da botte, dei vini dell’azienda che risultano decisamente di carattere, a tratti entusiasmanti. Certamente non si può trascurare in questi frangenti quello che E. Peynaud chiamava “entusiasmo ambientale”, ma conferma delle sensazioni ricevute sul momento c’è una serata con i vini di Elio Sandri organizzata al ritorno che ne sancisce definitivamente la radicale qualità.

Si diceva dunque che la visita diventa una grande degustazione, ma diventa anche un grande corso accelerato di enotecnica, chimica organica e controllo dei processi con l’elargizione di nozioni e conoscenze che non hanno un prezzo. Si va avanti fino alle 9 della sera tra un assaggio e il racconto di una annata, di una intuizione che ha consentito la nascita di una buona bottiglia, tra qualche ricordo di grandi vini bevuti e un trattato del corretto affinamento del vino in relazione all’andamento dell’annata vergato col gesso sulle botti.

ESSERE UN VIGNAIOLO

Dunque Elio Sandri si definisce un Vignaiolo.  Un vignaiolo che ha un’idea del vino e della figura del vignaiolo ben delineata, lucida, radicale e senza mancare di sottolinearlo. Nitidezza e sicurezza dimostrate, ad esempio, dalla chiarezza e la persuasività con cui riesce a articolare all’impronta una visita di quasi 5 ore con tre ospiti mai conosciuti prima. 

Il Vignaiolo è la chiave di tutto. Una forma di alterità radicale rispetto al generico allevatore di viti. Una figura che ascolta e interpreta, si adatta se necessario e si dà come fine non  la ricerca di una perfezione parametrata su risultati standard considerati ripetibili, bensi l’approssimarsi anno dopo anno al miglior risultato possibile nel rispetto e nella consapevolezza della natura di ciò che si va a trasformare. Tenendo sempre davanti come obiettivo l’ottenimento di un vino che ricordi la sua origine e che sia ricco di vita. Mi pare inoltre che gli sia ben chiaro in quale contesto qualitativo voglia collocare i propri vini, in relazione a modelli virtuosi a cui rifarsi. E in questo senso è ampiamente consapevole delle proprie potenzialità, della qualità raggiungibile, e raggiunta pienamente dai suoi vini.

CONCLUSIONI – Elio Sandri

A Cascina Disa si parla di cose di cui raramente si parla durante le visite alle cantine. Si gode, ma al contempo s’impara. Utile e dilettevole. Elio Sandri è un uomo simpatico e generoso che fa grandissimi vini. Purtroppo non si possono acquistare, ma nel computo dell’intera esperienza diventa veramente un dettaglio.

Enotour #006 - Elio Sandri,  Vignaiolo di Monforte d'Alba | A Cascina Disa si parla di cose di cui raramente si parla durante le visite alle cantine. Si gode, ma al contempo s'impara. Utile e dilettevole. Elio Sandri è un uomo simpatico e generoso che fa grandissimi vini. Purtroppo non si possono acquistare, ma nel computo dell'intera esperienza diventa veramente un dettaglio.
La Luna su Serralunga d’Alba – CookliganCC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons
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La Rivoluzione a Montespertoli (12 novembre 2023)

“C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico” cantava il poeta. Se sostituiamo al sole la nebbia, sembra proprio il succo di quel che si scopre esplorando i 17 banchi di assaggio di La rivoluzione a Montespertoli, giovane, piccola e (lo dico a posteriori) preziosa manifestazione a cui L’Enonauta si affaccia con curiosità in una silenziosa domenica novembrina, ovattata da quella sottile nebbiolina autunnale che non può che incentivare la voglia di colorare l’anima dal di dentro con qualche buon calice. Come se ce ne fosse bisogno…

Eventi Vino #6 - 2023 - La Rivoluzione a Montespertoli (12 novembre 2023) | assaggi dall'evento dedicato al vino di Montespertoli
La rivoluzione a Montespertoli

Lo slogan rivoluzionario è meno peregrino di quel che si possa maliziosamente pensare di fronte a una qualsiasi invenzione di marketing. Si respira davvero un’atmosfera lontana dal mainstream fieristico, e non solo per la dimensione e l’affluenza molto contenuta della mattina, ma anche nelle parole più sottolineate e, soprattutto, nei calici degustati. Quella di Montespertoli è una rivoluzione che guarda contemporaneamente ai due orizzonti, solo apparentemente opposti, del passato e del futuro, così come nell’Associazione dei Viticoltori di Montespertoli, promotrice dell’iniziativa, convivono le radici della tradizione vinicola artigianale del territorio e l’energia propulsiva, innovativa e contagiosa delle nuove generazioni che stanno guidando questa nuova stagione. L’Associazione stessa rinasce sulle ceneri di una precedente non fortunatissima esperienza.

Eventi Vino #6 - 2023 - La Rivoluzione a Montespertoli (12 novembre 2023) | assaggi dall'evento dedicato al vino di Montespertoli

Del resto la bipolarizzazione ci pare anche la caratteristica più tangibile dell’identità enologica del territorio di Montespertoli, che è il comune più vitato della Toscana e il maggior produttore di Chianti DOCG del mondo, ma soffre forse di un deficit di identità a causa delle divisione tra due sottozone che finora hanno faticato a integrarsi in una strategia comune: quella più consolidata del Chianti Colli Fiorentini DOCG e quella del Chianti Montespertoli DOCG.

Eventi Vino #6 - 2023 - La Rivoluzione a Montespertoli (12 novembre 2023) | assaggi dall'evento dedicato al vino di Montespertoli

Alla ricerca di un nuovo spazio di comunicabile riconoscibilità nel panorama affollato del vino toscano i 17 viticoltori associati e presenti in fiera stanno ora tracciando, e assai velocemente, una strada che da una parte sembra riportare alle proprie origini, alla valorizzazione dell’identità territoriale, alla naturalezza dei processi, al rapporto gioioso tra vino e convivialità, rifiutando di farsi condizionare dalle tendenze del ricco mercato internazionale che tanto ha influito sullo sviluppo della toscana enologica, e dall’altra aprono a uno spazio di creatività con tantissime escursioni fuori disciplinare che colpiscono per varietà e livello qualitativo in un range tanto contenuto di produttori e territorio. Il tutto sempre nel segno della freschezza e della piacevolezza ma senza eccessi di semplificazione, e con prezzi che restano mediamente in un range che non appesantisce i pensieri. Insomma, vini per gente a cui piace bere più che cincischiare, ma che il vino ce l’ha nel sangue e non si accontenta facilmente.

Eventi Vino #6 - 2023 - La Rivoluzione a Montespertoli (12 novembre 2023) | assaggi dall'evento dedicato al vino di Montespertoli

Via allora alla rivalutazione dell’uso della bacca bianca nel Chianti, in particolare con le interpretazioni del Castello di Sonnino, che realizza un Chianti Montespertoli in ammirevole equilibrio tra ricchezza e bevibilità, e quella di Valleprima che con malvasia e trebbiano va a a ingentilire una riserva, il suo Chianti Riserva DOCG Terre d’Argilla, di estrema freschezza.

E il trebbiano ha una sua bella parte in scena. Tra le interpretazioni del trebbiano in purezza da ricordare, anzi da bere, per la gustosa coesistenza di ricchezza di frutto e sapidità almeno l’autunnale Virginio di Sonnino, ma anche il più estivo Cantagrillo di La Leccia. Discorso a parte per Lupinella Bianca, il trebbiano di Lupinella, cantina che rimette nel circolo della propria produzione enologica l’antica arte familiare della lavorazione dell’argilla e dalla vinificazione in otri di terracotta estrae un vino di sorprendente espressività. Espressività che è il tratto comune dei vini della cantina, a partire dall’allegro e leggero entry level dei rossi, Il Lupinello da 1 litro (sangiovese, canaiolo e, anche qui, trebbiano), fino all’intenso, lungo e verticale Sangiovese IGT.

Eventi Vino #6 - 2023 - La Rivoluzione a Montespertoli (12 novembre 2023) | assaggi dall'evento dedicato al vino di Montespertoli

Lupinella, che sfoggia le etichette esteticamente più belle dell’interno novero dei presenti, condivide anche la palma di banco più sorprendente della giornata con quello della Fattoria Bonsalto: un progetto, quest’ultimo, partito appena nel 2020 (in passato il vino prodotto era destinato all’autoconsumo o ad altri imbottigliatori della zona) che già esprime una personalità stupefacente in ogni sorso,. Una batteria di cinque vini in degustazione, tutti ricavati da varietà di uva autoctone e tutti capaci di alimentare sorpresa, gioia e desiderio; cito per emblematicità il risultato raggiunto da Primo Marzo, elisir di uva boggione rosso maturato in anfora e che in bocca sviluppa una narrativa succosissima e originale.

Dentro il solco di una tradizione rassicurante per qualità ormai stratificata, stanno i vini della famiglia Gallerini cinque generazioni di viticoltori, che dal 1945 ha trovato stanza nella Tenuta Barbadoro, regno soprattutto del Sangiovese, proposto in diverse interpretazioni. All’iniziatore Serafino è dedicato un Chianti Docg da manuale, trionfante di frutti rossi, ai due fondatori della tenuta sono intitolati rispettivamente il robusto Chianti Montespertoli DOCG II° Guido e, unica concessione all’internazionalità, il denso ed elegante merlot Ottavino, prodotto in tremila bottiglie.

Varrebbe la pena sostare con qualche parola su ognuno di questi produttori di temperamento autentico. Mi limito a ricordare ancora un paio di bottiglie da stappare per testare la versatilità di questi territori: Dolico, l’estivo beverino viogner di Le Fonti a San Giorgio, e il Rosso IGT di Montalbino, praticamente un’antologia in vetro dei vitigni autoctoni, con Fogliatonda e Canaiolo a fare da protagonisti, Sangiovese e Colorino a spalleggiare.

Concludo per brevità ricordando due cantine che a mio parere si aggiudicano un riconoscimento che, in questi tempi di rincari spesso irragionevoli, si distinguono, in controtendenza, con una linea di prodotti di prezzo molto contenuto rispetto alla qualità espressa dalle loro bottiglie, e a noi viene da leggerlo come un gesto di amicizia e fratellanza per noialtri poveri innamorati del buon bicchiere in tavola tutti i giorni a pranzo e a cena, e a volte anche a merenda. Si tratta di Podere Guiducci, coi suoi rossi (come usa d’obbligo ormai dire almeno sette o otto volte al giorno, e io non l’ho ancora fatto) croccanti, e per le Fattorie Parri, dalla cui offerta spiccano il Chianti Montespertoli e, soprattutto, un gran vin santo che in un trionfo di frutta secca lascia spazio a sentori rinfrescanti e balsamici, pericolossimi per chi non si intimidisce di fronte alla possibilità di aprire e finire la bottiglia in pomeriggio; magari accanto a una fragrante crostata casalinga, anch’essa da seccare in un sol boccone, e alla fine leccare le briciole, sgrondando nel calice, felici, le ultime gocce della boccia.

La Rivoluzione a Montespertoli

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Langhe: itinerario nella tradizione e nella passione

Langhe: itinerario nella tradizione e nella passione

“Un sentiero è sempre un sentiero anche nella nebbia” questo afferma il Signor Geiser protagonista del racconto L’uomo dell’Olocene di Max Frisch. E cosa più della tradizione è un sentiero che rimane tale anche nella nebbia?

Ed è così che ci avviamo verso il Piemonte, con l’intenzione di incontrare alcuni interpreti della tradizione vinicola di Langa.

Novembre è il mese dell’estate indiana. In certe annate, quando si è fortunati, ci sono giornate che non ci sono in nessun altro momento dell’anno. Inoltre i lavori della vendemmia sono finiti, l’aroma dell’uva in fermentazione pervade le strade e gli ambienti delle cantine e il Cavalier Accomasso mette le sue bottiglie a disposizione dei pochi fortunati che riescono ad arrivare in tempo.

Il viaggio fino a Savona si fa in autostrada poi decidiamo per la ex Statale 661 che da da Montezemolo, passando per Murazzano, arriva a Dogliani. La statale è la soluzione ideale per chi abbia il tempo e la voglia di immergersi nel paesaggio, nella sua varietà prima della monocoltura duffusa, godersi il tempo del viaggio con la possibilità di osservare l’arco delle Alpi, dal Col di Tenda fino al Monte Bianco, da un punto privilegiato. Nel nostro caso c’era la nebbia. Quindi il paesaggio sarà parte del prossimo viaggio e lo racconteremo un’altra volta…

Giorno 1

Cap. 1

Az. Agr. Brezza

Da diversi anni mi proponevo di visitare questa storica azienda di Barolo. Il 2022 è stato l’anno giusto. L’azienda è nell’abitato di Barolo e si completa con un Ristorante e l’Albergo. 20.5 gli ettari vitati tra Barolo, Monforte, Novello e Diano d’Alba. Nayla, francese che si occupa di vino italiano, ci accoglie mostrando curiosità, disponibilità, gentilezza e competenza.

Nayla con la carta del Barolo da Brezza

Nayla con la carta del Barolo da Brezza

I Baroli 2018 che ci presenta in assaggio, Barolo, Barolo Castellero, Barolo Cannubi, Barolo Sarmassa brillano tutti per l’esattezza del tratto congiunta a una austerità tipica che nella 2018 pare stemperata a vantaggio di una accessibilità più spiccata, di un carattere luminoso. Il Barolo Cannubi 2017 porta invece un’impronta tannica molto più marcata.

Da non trascurare il resto della produzione composta di ottime interpretazioni dei vitigni tradizionali delle Langhe. Nebbiolo, Barbera e Dolcetto. Sottolineando la versatile precisione del Nebbiolo Santa Rosalia 2020.

Az. Agr. Brezza

Az. Agr. Brezza

Az. Agr. Brezza

Az. Agr. Brezza

Chi ben comincia è a metà dell’opera.Dopo una sosta per il pranzo ci avviamo verso il nostro secondo appuntamento.

Cap. 2

Ferdinando Principiano

Ferdinando Principiano è un vignaiolo dalla storia particolare. Parte con i Barolo Boys, di cui conserva un cimelio in azienda, e arriva come vignaiolo tradizionalista, ma soprattutto rispettoso dell’ecosistema, tenuto in considerazione anche dai grandi Classicisti delle Langhe.

L’azienda è a Monforte d’Alba.

La proposta è larga e tutta di livello. Si va dall’Alta Langa ai due Baroli di punta, Boscareto e Ravera, passando per il sorprendente Dolcetto 2021 che mi è sembrata una delle migliori interpretazioni provate recentemente, la Freisa (ovvero la cugina del Nebbiolo), per finire con un Boscareto 2009 stappato per testarne le qualità alla prova del tempo.

La nostra visita la ricorderemo anche per la particolarità di aver avuto come occasionali compagni di tavolo un gruppo di francesi che parlavano correntemente e volentieri in inglese.

Ferdinando Principiano

Ferdinando Principiano

Cap. 3

Il Cav. Lorenzo Accomasso

Andare a trovare il Cavalier Accomasso senza parlare col Cavaliere è una situazione un po’ strana per chi ha avuto la fortuna di condividere con lui del tempo nella stanza degli assaggi al piano terra della sua casa di La Morra.

Non poter ascoltare la sua voce quasi plurale raccontare di tutto con generosità e con risparmio del vino, a momenti solo in modo tangenziale, come se fosse un corollario del ben più importante esistere. Comprensibile da parte di una persona per cui il lavoro di vigna fu per moltissimi anni principalmente fatica. Piacevole fatica, ma fatica. Prima che acquistare una vigna, come lo stesso Cavaliere sostiene, fosse diventata una questione per Fondi Internazionali e multinazionali del lusso e non c’era da vantarsi di fare il contadino.

La quercia nel vigneto, i funerali di Bartolo Mascarello con le bandiere rosse, le automobili, la pallapugno, l’Internazionale (la squadra di calcio), l’autoironia sul mancato uso delle barrique, la barbera e il formaggio coi vermi in vigna d’estate, ma tutto questo è materiale per un altro racconto ben più vasto.

Eppure la Signora Simona che all’oggi si occupa di gestire le visite e le vendite per Lorenzo Accomasso non si risparmia e ci accoglie con grande gentilezza e generosità.

I Baroli 2015 sono ottimi, in perfetto stile Accomasso, ma forse il millesimo li ha resi più immediati. Rocchette ha il sapore particolare di ciò che non si assaggerà mai più dal momento che il vigneto sarà espiantato. Ci sono anche il Dolcetto rustico annata 2020 e la Barbera 2018 che definirei un vero ordigno dall’alto potenziale. Pur non avendo parlato col Cavaliere se ne sentiva la presenza.

Enonauti da Lorenzo Accomasso

Enonauti da Lorenzo Accomasso

Ultimo Rocchette

Ultimo Rocchette

Lorenzo Accomasso

Lorenzo Accomasso

Il vino della felicità ovvero il Barbera 2011 del Cavalier Lorenzo Accomasso

Il vino della felicità ovvero il Barbera del Cavalier Lorenzo Accomasso

Finisce la prima giornata. Si raggiunge l’alloggio e si va a cena.

Giorno 2

Cap. 4

Teobaldo Rivella

Teobaldo Rivella ha un’azienda che porta il nome del padre Serafino. Un’azienda piccola, circa 12000 bottiglie in totale, che poggia sulla sommità di una delle migliori vigne di Langa. Montestefano. Per chi scrive si tratta della terza volta dal Signor Teobaldo Rivella, un uomo dalla proverbiale gentilezza e cordialità, che condivide con Lorenzo Accomasso il piacere nel definirsi un classicista e come il Cavaliere tradisce una certa disposizione per il parlare più volentieri di sport, nel suo caso il ciclismo, che di vino. Ma di vino evidentemente se ne intende e basta assaggiare il suo Langhe Nebbiolo e il Barbaresco Montestefano per averne subitanea contezza. Una cantina semplice, pulitissima e suggestiva che giustamente il Signor Rivella mostra con malcelato orgoglio.

I vini di Rivella sono austeri e precisi, rigorosi, tradizionali e rispettosi della propria origine. In parte somigliano al loro artefice. Resta il rimpianto per il Dolcetto che non viene più prodotto e del quale non ci resta che tenere il più a lungo possibile vivo il ricordo dell’ultima bottiglia stappata.

Barbaresco Montestefano - Rivella

Barbaresco Montestefano – Rivella

Serafino Rivella

Serafino Rivella

Il muro di bottiglie da Teobaldo Rivella

Il muro di bottiglie da Teobaldo Rivella

Cap. 5

Renato Fenocchio

Alla fine di una due giorni impegnativa andiamo a visitare l’azienda di Renato Fenocchio e Milva a Neive.

Milva ci chiede all’arrivo quanto tempo abbiamo a disposizione e capiamo il senso della domanda a fine visita. Una esperienza immersiva nella loro epopea familiare, nel loro modo di intendere la vita e il vino, nel loro vino, in una sala degustazioni stratificata che sembra ed è lo scenario perfetto per un pomeriggio di assaggi.

Conduce Milva con grande energia, generosità e simpatia. Non si risparmia nel racconto di come un anelito di indipendenza si sia trasformato con fatica nella splendida realtà che è oggi la loro azienda. Non ci si risparmia in assaggi e chi scrive trova conferma eclatante della qualità sperimentata in passati assaggi e diventa evidente il motivo per cui il nome di questa azienda, seppure non sia nei discorsi di tutti, si trova puntualmente nelle parole di molti credibili bevitori e raccontatori di vini. A un certo punto ci raggiunge anche Renato Fenocchio che impegnato coi lavori di cantina e ci si dilunga allegramente in chiacchiere, ma soprattutto in assaggi.

Espressività, concretezza e anche una politica dei prezzi apprezzabile. Sono i vini che io mi sentirei di consigliare senza timore di sbagliare e sono le persone che consiglierei di incontrare.

Renato Fenocchio a Neive

Renato Fenocchio a Neive

Su tutti Barbaresco Rombone 2018 che è un bell’esempio, quasi emblematico, di come un giovane Barbaresco riesca ad essere piacevole e approcciabile nella sua gioventù pur se di ispirazione classica.

Il Ritorno

Inebriati di vino si riprende la strada. Il maestro Alessio Chiappelli si occupa di selezionare la musica dal sedile posteriore fino allo Zenith che si raggiunge, a un punto del viaggio che non saprei indicare con certezza, forse Massarosa, quando si ascolta STARLESS dei King Crimson a un volume sconsiderato deliberando che la Barbera 2018 di Lorenzo Accomasso e Starless hanno qualcosa che le accomuna. Ovvero la forza inarginabile non lineare governata con maestria da mani sapienti.

©Simone Molinaroli per L’Enonauta

Marzo 2023

Visioni di Langa

Visioni di Langa – Novembre 2022

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Caiarossa 2016 – Caiarossa

Caiarossa 2016

Rosso di Toscana igt

Caiarossa / Riparbella – un supertuscan accessibile

Premessa:
Qualche anno fa ricordo che un amico e compagno di bevute sosteneva che l’aggettivo elegante non fosse appropriato al fine della descrizione di un vino perché sostanzialmente non significa niente. Sono sempre stato d’accordo in linea di massima. Eppure per questo Caiarossa 2016 non riesco a non usarlo. Perché questo bel mischione in stile Rodano, non si legga il termine “mischione” in senso denigratorio ché è solo un modo ironico e toscano di tradurre la parola inglese blend il cui significato è miscela, è evidentemente elegante. Non si può apprezzarne l’espressività varietale, ma si può in indubbiamente apprezzarne il lavoro di taglio e composizione, come per un abito sartoriale, e dunque la sua eleganza. E il fatto di essere un Supertuscan accessibile.

Caiarossa 2016 dell’omonima azienda
di Riparbella nella zona di Montescudaio (PI).

Un bel mischione fatto con Cabernet Franc 42%, Merlot 25%, Syrah 15%, Cabernet Sauvignon 6%, Petit Verdot 6%, Sangiovese 5%, Alicante 1%.

Dove mischione sta per blend, termine gergale toscano usato qui non in senso denigratorio. D’altra parte se alla proprietà straniera piacque la terra toscana credo potrà apprezzare anche l’idioma che quella terra ha generato e con cui si parla tuttora.

Fermentazioni separate, l’affinamento avviene in legno di varie dimensioni e nuovo per il 30 percento, la filosofia è quella biodinamica.

Vino di colore fitto, vivido, con ventaglio olfattivo piuttosto ricco. Predomina il frutto scuro maturo come il cassis, accompagnato da note balsamiche, speziate, un quid di resina e di alloro fresco frantumato.

Il sorso è una ottima congiunzione di immediatezza, eleganza, vitalità.
Vellutato senza essere macchinoso, tocco sapido, acidità e tannini che sviluppano azione da dentro il vino in un quadro complessivo di precisa piacevolezza. Finale coerente e prolungato.
Da bere adesso senza pensieri.

Enonauta/Degustazione di Vino #248 - review - Caiarossa 2016 | un bel mischione in stile Rodano, un Supertuscan accessibile da Riparbella
Caiarossa 2016
Enonauta/Degustazione di Vino #248 - review - Caiarossa 2016 | un bel mischione in stile Rodano, un Supertuscan accessibile da Riparbella
caiarossa 2016
Enonauta/Degustazione di Vino #248 - review - Caiarossa 2016 | un bel mischione in stile Rodano, un Supertuscan accessibile da Riparbella
Caiarossa 2016
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Wine & Siena 2022

Eventi Vino 2022 – Fa piacere vedere che si rinnova l’appuntamento con Wine & Siena dopo due anni di tribolazione. E il pensiero torna a quel 3 febbraio 2020 quando passammo una bellissima giornata a Palazzo Squarcialupi/Santa Maria della Scala grazie all’impeccabile organizzazione targata TheWineHunter/Gourmet’s International. Una delle ultime belle giornate, perlomeno per chi scrive, da Winelover in avanscoperta tra i banchi d’assaggio prima di sprofondare nell’emergenza e nella preoccupazione.

Dal 12 al 14 marzo dunque presso il complesso di Santa Maria della Scala a Siena torna l’appuntamento con Wine & Siena. Innumerevoli espositori, Masterclass a cura di The WineHunter, Showcooking a cura di alcuni ristoratori locali, passeggiate enogastonomiche, incontri e convegni dedicati al mondo dell’enogastronomia.

Qui il programma completo:

Wine & Siena 2020 (https://wineandsiena.com/2020/)

Merano Wine Festival (https://meranowinefestival.com/)

The WineHunter (https://winehunter.it/)

Eventi Vino 2022 - Wine & Siena | l'evento organizzato da The wine hunter nella splendida cornice di Santa Maria della Scala a Siena
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Emmanuel Giboulot ed il suo Les Pierres Blanc 2017

Emmanuel Giboulot – Les Pierres Blanc 2017 – Cote de Beaune Aoc

Emmanuel Giboulot ha grandi mani ruvide da lavoratore, con le quali stringe forte le tue (all’epoca si stringevano ancora le mani) quando ti accoglie nella sua cantina a Beaune. Niente reception, sala da degustazione o personale per le visite guidate. Lui ti riceve, ti fa scendere in cantina, ti serve e beve con te gli assaggi dei suoi vini (che sono mezzi calici), ed alla fine ti prepara la cassa con i vini da portare via (perché è sicuro ne porterai via almeno una cassa).

Giboulot è noto soprattutto per essere un pioniere della viticoltura biologica e biodinamica in Borgogna (fa anche parte dell’associazione Renaissance des Appellation/Return to Terroir fondata nel 2001 dall’iconico vigneron Nicolas Joly). Anche la sua vinificazione è assolutamente di impronta non interventista, rientrando a pieno nello spettro dell’artigianalità/naturalità. Molti lo conoscono anche a causa delle accuse nel 2014, decadute dopo il ricorso, che gli sono state rivolte per aver rifiutato un ordine del governo di utilizzare pesticidi.

Ho visitato la cantina di questo impressionante uomo e vignaiolo nell’aprile del 2019, durante una viaggio in Borgogna. La foto delle bottiglie per gli assaggi fornisce un minimo esempio della dimensione “spartana”, in presa diretta dell’assaggio. L’ambiente rispecchia a pieno la personalità di Giboulot e del suo lavoro: essenziale, senza sovrastrutture, schietto e diretto. Anche i suoi vini hanno queste caratteristiche, alle quali bisogna aggiungere però una dose irrinunciabile di profonda eleganza.

Les Pierres Blanc 2017 è uno Chardonnay al 100% su terreno vulcanico di argille bianche e viti di 40 anni e fa parte della piccola e piuttosto rara appellazione Côte de Beaune (da non confondere con Côte de Beaune Village). Giallo paglierino chiaro con leggeri riflessi verdolini, al naso è molto sottile e delicato, con netta prevalenza di agrumi (limone e lime su tutti), fiori bianchi ed erbe selvatiche appena accennati. In bocca ha un attacco secco e dritto come pochi, una mineralità infinita (sembra proprio che nel calice ci siano dei sassi bianchi), buona persistenza e profondità. Il sorso continua tesissimo, con una bellissima acidità sferzante e una sapidità persistente (che manterranno vivo questo vino ancora per molto tempo), svuotando il calice in maniera prematura. Ha un corpo forse lievemente esile e non possiede una enorme complessità aromatica; alla cieca potrebbe facilmente essere scambiato con uno Chardonnay che non abbia visto legno. Ma questo è lo stile del Domaine, tutto incentrato sulla verticalità, la croccantezza del frutto, la tensione dinamica del sorso e la digeribilità dei vini.

Apprezzo molto i vini di Giboulot, il suo lavoro, la sua posizione intransigente e partigiana. Senza dubbio questo è il suo vino che preferisco e che a mio avviso maggiormente lo rappresenta. Se amate gli Chardonnay (anche di Borgogna) molto espressivi, potenti, profumatissimi, magari con note burrose e boisè, lasciate a scaffale Les Pierres Blanc (se lo trovate), non fa proprio per voi. Se invece amate e non solamente apprezzate (visto il prezzo non propriamente economico per un lieu-dit) questa tipologia di vini allora è un vino da bere assolutamente.

Enonauta/Degustazione di Vino #175 - Emmanuel Giboulot ed il suo Les Pierres Blanc 2017 | Chardonnay di grande finezza
Enonauta/Degustazione di Vino #175 - Emmanuel Giboulot ed il suo Les Pierres Blanc 2017 | Chardonnay di grande finezza

Emmanuel Giboulot – Les Pierres Blanc 2017 – Cote de Beaune Aoc

Enonauta/Degustazione di Vino #175 - Emmanuel Giboulot ed il suo Les Pierres Blanc 2017 | Chardonnay di grande finezza

Emmanuel Giboulot – Les Pierres Blanc 2017 – Cote de Beaune Aoc

Emmanuel Giboulot has large, rough worker’s hands, with which he shakes yours tightly (they still shook hands at the time) when he welcomes you into his cellar in Beaune. No reception, tasting room or tour staff. He receives you, takes you down to the cellar, serves you and drinks samples of his wines with you (which are half glasses), and at the end he prepares the case with the wines to take away (because he is sure you will take away at least one earnings).

Giboulot is best known for being a pioneer of organic and biodynamic viticulture in Burgundy (he is also part of the Renaissance des Appellation/Return to Terroir association founded in 2001 by the iconic vigneron Nicolas Joly). Its winemaking is also absolutely non-interventionist, fully falling within the spectrum of craftsmanship/naturalness. Many also know him because of the charges against him in 2014, which were dropped after an appeal, for refusing a government order to use pesticides.

I visited the cellar of this impressive man and winemaker in April 2019, during a trip to Burgundy. The photo of the tasting bottles provides a minimal example of the “spartan” dimension, directly from the tasting. The environment fully reflects the personality of Giboulot and his work: essential, without superstructures, frank and direct. Its wines also have these characteristics, to which we must however add an indispensable dose of profound elegance.

Les Pierres Blanc 2017 is a 100% Chardonnay on volcanic soil of white clay and 40-year-old vines and is part of the small and rather rare appellation Côte de Beaune (not to be confused with Côte de Beaune Village). Light straw yellow with light greenish reflections, the nose is very subtle and delicate, with a clear prevalence of citrus fruits (lemon and lime above all), white flowers and barely noticeable wild herbs. In the mouth it has a dry and straight attack like few others, an infinite minerality (it really seems as if there are white stones in the glass), good persistence and depth. The sip continues very tense, with a beautiful lashing acidity and a persistent flavor (which will keep this wine alive for a long time to come), emptying the glass prematurely. It has a perhaps slightly thin body and does not possess enormous aromatic complexity; in the blind it could easily be mistaken for a Chardonnay that has seen no wood. But this is the style of the Domaine, all focused on verticality, the crunchiness of the fruit, the dynamic tension of the sip and the digestibility of the wines.

I really appreciate Giboulot’s wines, his work, his uncompromising and partisan position. Without a doubt this is my favorite wine of his and which in my opinion best represents him. If you love very expressive, powerful, very fragrant Chardonnays (including Burgundy ones), perhaps with buttery and woody notes, leave Les Pierres Blanc on the shelf (if you can find it), it’s not really for you. If, however, you love and not just appreciate (given the not exactly cheap price for a lieu-dit) this type of wine then it is a wine to absolutely drink.

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Gite in Cantina, Luoghi del Vino

Lamole – Storia di Vino e Paesaggi

Lamole Storia di Vino e paesaggio

Spesso si viaggia ad ispirazione, a volte si programma leggendo riviste, alcune volte libri: “Varie contrade segnalate con la denominazione di Lamola o Lamole, vale a dire di piccole Lame si trovano in toscana”. La nostra metà si colloca qui: “circa 3 miglia toscane a scirocco di Greve, Diocesi di Fiesole. Trovasi sulla pendice settentrionale del Poggio delle Stinche, fra i due primi rami della fiumana di Greve, nella strada pedonale che guida sulla cresta del monte di Cintoja. I vigneti che danno il buon vin di Lamole cotanto lodato, sono piantati fra i macigni di cotesto poggio”. Così scrive il Repetti sul suo Dizionario geografico fisico storico della Toscana.

In effetti la descrizione è calzante, allontanandosi da Greve e Panzano si abbandonano le colline tondeggianti e caratterizzate da geometrici filari che vediamo nelle pubblicità del “Chiantishire”. I pendii della collina si fanno più scoscesi, le vigne sono abbarbicate a terrazzamenti con muretti a secco costruiti spaccando il macigno dei monti del Chianti di cui fa parte questa località.

Lamole Vino Paesaggio

Arriviamo finalmente nel piccolo borgo di Lamole che si è sviluppato intorno alla pieve un chilometro più in alto del castello. Qui un’altra particolarità, le persone (rare) sono cordiali, ma con meno dipendenza verso il turista, quasi diffidenti, sembra di essere tornati indietro nel tempo.

Eccoci arrivati dai nostri ospiti Annamaria Socci e suo marito Giuliano che ci accolgono nella loro azienda le Masse di Lamole. L’accoglienza è freddina. Non come si potrebbe credere; è una giornata novembrina fantastica, niente vento e tanto sole, però no. Non dipende neppure da loro, che sono riservati, ma felici di mostrarci la loro cantina. Si, è la cantina che tutta in pietra è quasi fredda.

Ma dopo cinque minuti ci siamo già scaldati sorseggiando il famoso sangiovese di Lamole e ascoltando Annamaria che con passione descrive come viene fuori questo vino che è un Chianti Classico, ma mantiene una freschezza anche nell’ invecchiamento mai sentito in altri vini locali.

Poi con Giuliano andiamo in vigna e apprezziamo la peculiarità di questo paesaggio, sotto i nostri piedi i Terrazzamenti di Lamole, la loro è la vigna più alta che arriva quasi a 700 m, di fronte a noi in controluce vediamo le colline di San Casciano e Panzano che chiudono l’orizzonte. I vini, favolosi, hanno una marcia in più. Sarà per il minimo “lavoro” in cantina, per il passaggio nelle botti di castagno che li rende godibilissimi, tanto che la degustazione diventa quasi libagione.

Lasciati Annamaria e Giuliano penso a ciò che più mi è rimasto impresso di questa gita, quasi dimenticavo il loro vinsanto, ottimo, fatto come una volta non troppo dolce, anzi quasi secco. Altra cosa che mi piace molto è la loro etichetta, che raffigura un semplice ed elegantissimo giaggiolo (iris) usato anche in profumeria, probabilmente contribuisce al bouquet del loro Sangiovese.

Le Masse di Lamole: vini genuini e irreprensibili, ricordano loro due: veri cordiali, senza fronzoli.

Enotour #001 - Lamole | Vino e Paesaggio circa 3 miglia toscane a scirocco di Greve, Diocesi di Fiesole. Trovasi sulla pendice settentrionale del Poggio delle Stinche, fra i due primi rami della fiumana di Greve, nella strada pedonale che guida sulla cresta del monte di Cintoja. I vigneti che danno il buon vin di Lamole cotanto lodato, sono piantati fra i macigni di cotesto poggio
Enotour #001 - Lamole | Vino e Paesaggio circa 3 miglia toscane a scirocco di Greve, Diocesi di Fiesole. Trovasi sulla pendice settentrionale del Poggio delle Stinche, fra i due primi rami della fiumana di Greve, nella strada pedonale che guida sulla cresta del monte di Cintoja. I vigneti che danno il buon vin di Lamole cotanto lodato, sono piantati fra i macigni di cotesto poggio
Enotour #001 - Lamole | Vino e Paesaggio circa 3 miglia toscane a scirocco di Greve, Diocesi di Fiesole. Trovasi sulla pendice settentrionale del Poggio delle Stinche, fra i due primi rami della fiumana di Greve, nella strada pedonale che guida sulla cresta del monte di Cintoja. I vigneti che danno il buon vin di Lamole cotanto lodato, sono piantati fra i macigni di cotesto poggio
Lamole Vigna
Lamole  Terroir
Paesaggio Terroir

Lamole History of Wine and landscape – Lamole Vino Paesaggio

Often we travel for inspiration, sometimes we plan by reading magazines, sometimes books: “Various districts marked with the denomination of Lamola or Lamole, that is to say small Lame are found in Tuscany”. Our half is located here: “about 3 Tuscan miles to the sirocco of Greve, Diocese of Fiesole. It is located on the northern slope of the Poggio delle Stinche, between the two first branches of the Greve river, in the pedestrian road that leads to the crest of the mountain of Cintoja. The vineyards that produce the good Lamole wine so praised, are planted among the boulders of this hill”. Thus writes Repetti in his historical physical geographical dictionary of Tuscany.

In fact the description is apt, moving away from Greve and Panzano you abandon the rounded hills characterized by geometric rows that we see in the “Chiantishire” advertisements. The slopes of the hill become steeper, the vineyards cling to terraces with dry stone walls built by splitting the boulder of the Chianti mountains of which this location is part.

We finally arrive in the small village of Lamole which developed around the parish church one kilometer higher than the castle. Another peculiarity here, the people (rare) are friendly, but with less dependence on the tourist, almost distrustful, it seems like we have gone back in time.

Here we are at our hosts Annamaria Socci and her husband Giuliano who welcome us to their company Masse di Lamole. The welcome is cold. Not as you might think; it’s a fantastic November day, no wind and lots of sun, but no. It doesn’t even depend on them, who are reserved, but happy to show us their cellar. Yes, it is the cellar which is all stone and is almost cold.

But after five minutes we were already warmed up by sipping the famous Sangiovese from Lamole and listening to Annamaria who passionately describes how this wine comes out which is a Chianti Classico, but maintains a freshness even during aging never felt in other local wines.

Then with Giuliano we go to the vineyard and appreciate the peculiarity of this landscape, under our feet the Lamole Terraces, theirs is the highest vineyard which reaches almost 700 m, in front of us against the light we see the hills of San Casciano and Panzano that close the horizon. The fabulous wines have an edge. It may be because of the minimal “work” in the cellar, for the passage in chestnut barrels which makes them very enjoyable, so much so that tasting them almost becomes a libation.

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Bottiglie, Degustazioni, Luoghi del Vino

Brunello di Montalcino 2010 – Tenute Silvio Nardi

Il Brunello di Montalcino 2010 delle Tenute Silvio Nardi, ovviamente Sangiovese con12 mesi in barrique di secondo passaggio, 12 mesi in botte grande a a seguire affinamento in bottiglia.

Una interpretazione rigorosa e vigorosa del Sangiovese di Montalcino, con veste color Granato vivo e già nel bicchiere mostra di essere un vino di buon corpo.

Rosa disidratata e marasca, ribes nero, sentori ematici e di scorza d’arancia e lieve speziatura. In bocca è un vino che sviluppa tensione, l’acidità è poderosa, avvolgente, anno dopo anno questo Brunello acquisisce definizione e ci racconta della valida annata in cui nacque. Tannino maturo, di grande forza ed è lungo il finale centrato sul frutto gentile.

Con ancora grandi prospettive per chi volesse aspettarlo a un punto di equilibrio diverso, ma adesso mostra una forza e una precisione che non passano inosservate.

Ottimo compromesso tra qualità, prezzo, soddisfazione.

Enonauta/Degustazione di Vino #076 - review - Brunello di Montalcino 2010 - Tenute Silvio Nardi | interpretazione rigorosa e vigorosa del Sangiovese
Enonauta/Degustazione di Vino #076 - review - Brunello di Montalcino 2010 - Tenute Silvio Nardi | interpretazione rigorosa e vigorosa del Sangiovese

Brunello di Montalcino 2010 – Tenute Silvio Nardi

The Brunello di Montalcino 2010 from Tenute Silvio Nardi, obviously Sangiovese with 12 months in second passage barriques, 12 months in large barrels followed by refinement in the bottle.

A rigorous and vigorous interpretation of Sangiovese di Montalcino, with a bright garnet color and already in the glass it shows that it is a full-bodied wine.

Dehydrated rose and morello cherry, blackcurrant, blood and orange peel hints and light spiciness. In the mouth it is a wine that develops tension, the acidity is powerful, enveloping, year after year this Brunello acquires definition and tells us of the valid vintage in which it was born. Ripe tannin, of great strength and a long finish centered on the gentle fruit.

With still great prospects for those who want to wait for him at a different point of balance, but now he shows a strength and precision that do not go unnoticed.

Excellent compromise between quality, price, satisfaction.

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