Bottiglie, Degustazioni

Brunello di Montalcino “Cielo d’Ulisse” 2015 – Podere Le Ripi

Brunello di Montalcino “Cielo d’Ulisse” 2015 – Podere Le Ripi

Questo Brunello di Montalcino 2015 del Podere Le Ripi è un esempio di quanto splendidi risultati si possano ottenere dal Sangiovese con l’impegno, l’ispirazione e la “vocazione” . Fa inoltre dimenticare la delusione per l’omologo 2016 aperto un paio di mesi addietro e che era palesemente difettato.

36 mesi di invecchiamento in botti di rovere e 12 mesi in bottiglia.

Luminoso e chiaro il colore, incisivo, netto e ricco al naso con ricordi di arancia tarocco, lampone, lavanda, una finissima speziatura, note balsamiche e ematiche. Si distanzia radicalmente da certe interpretazioni bolse e inespressive che talvolta càpita di trovare nel bicchiere.
Al palato si conferma vino di spiccata espressività, rigore e fedeltà alla tipologia. Acidità tonica, tannino fermo e nobile, lunga progressione, vino asciutto nella forma cui non manca però la forza di gusto. Finale molto arioso.


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I Sodi di San Niccolò 2018 – Castellare di Castellina

I Sodi di San Niccolò 2018 – Castellare di Castellina


Sangiovese con saldo variabile di Malvasia Nera.
Vinificazione in acciaio, 24/30 mesi di invecchiamento in barrique nuove e usate, 12 mesi di affinamento in bottiglia.

I Sodi di San Niccolò è una di quelle bottiglie che, ormai un po’ di anni addietro, hanno contribuito ad innescare la mia passione per il vino.

Nel portare il calice alla bocca pare di scorgere qualche riflesso porpora nel liquido brillante, al naso è vitale e con precisione porge ricordi di ciliegia e di mirto, speziatura delicata, agrume fresco, balsamicità accennata, essenze varie.
Vino dalla lunga progressione con acidità modulata e larga, di medio corpo e buona forza di gusto, colpiscono la trama del tannino, la sua maturità, la forma netta del sorso che si slancia in un allungo finale davvero intenso, l’azione composta e incessante di questo vino che risulta molto buono ed espressivo anche e soprattutto alla distanza.

Il prezzo è diventato negli anni un po’ caro, ma la soddisfazione perlomeno c’è. Ognuno dà il valore che vuole alla soddisfazione.

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Pinot Nero 2013 – Dalzocchio

Pinot Nero 2013 – Dalzocchio
Vigneti delle Dolomiti igt
Rovereto

18 mesi in barrique, affinamento in bottiglia.
Non è un vino facile. È un vino-bosco, ci si addentra in vaste zone di silenzio, d’ombra, la luce appare all’improvviso dall’alto filtrando come tra fitti rami, il suono ci raggiunge massivo come se tutto ciò che di vivo lo abiti si rivelasse all’unisono.
Terza bottiglia e ultima delle mie tre. Mostra nettamente evoluzione positiva dalla prima esperienza in cui il vino sembrava molto più chiuso e contratto. Resta un vino a tratti enigmatico, che sembra celare un nucleo d’energia sotto una superficie apparentemente placida.
Colore chiaro, luminoso.
Profumi Bacche di Goji, fragole selvatiche, reminiscenze di vermouth e bitter, sostanzialmente di erbe aromatiche, muschio, resina di cipresso, spezie. Vitale.
In bocca è fresco e sapido, buona intensità gustativa e tannini rifiniti. Sorso ben delineato che finisce ottimamente rievocando la prugna, le spezie, un che di balsamico.

Non tradisce mai la sua fama.

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Poggio Paterno 2021 – Az. Agr. Il Monticello – Colli di Luni Doc Vermentino

Poggio Paterno 2021 – Az. Agr. Il Monticello – Colli di Luni Doc Vermentino

Ero solito bere il loro Vermentino base con l’etichetta colorata che una collega era solita portarmi perché frequentatrice dell’azienda. Sempre trovato buono e l’ho consigliato più volte sempre con sicurezza. Stappo per la prima volta questo altro  Vermentino di fascia superiore e resto molto contento.

Vermentino che sosta sui lieviti e poi affina in legno.
Non sauvignoneggia per niente, non si esaurisce in un lampo metallico, non lascia perplessi, non è mellifluo.
Ha invece un bellissimo colore concentrato, un ventaglio aromatico composito che ricorda gli agrumi, il frutto tropicale, il  fiore del  tiglio, la menta selvatica.

Al palato è stratificato e ricco, a tratti potente, con acidità avvolgente, ben modulata, stoffa ruvida, tangibile, ottimo ritorno fruttato tra il mango e la susina goccia d’oro nel lungo finale.

Un vino buonissimo che consiglio vivamente a chi come me non riesce ad apprezzare il Vermentino in certe sue numerose declinazioni.

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Una Scatola di Taurasi (dal 1997 al 2012)

Una Scatola di Taurasi

  • Terra d’Eclano 2012 – Quintodecimo
  • Taurasi 2010 – Villa Raiano
  • Taurasi Radici 2010 – Mastroberardino
  • Taurasi Historia Naturalis 2009 – Mastroberardino
  • Taurasi Radici Riserva 1998 – Mastroberardino
  • Taurasi Piano di Montevergine 1997 – Feudi di San Gregorio
  • (bonus) Halconero 2008 – Mastroberardino (aglianico passito)


Una bellissima serata con questi sei vini (più un passito) dall’Irpinia, in bilico tra il ludico/ricreativo e l’approfondimento, forse più ricreativo dal momento che della serata restano solo due testimonianze fotografiche. Le bottiglie stappate a inizio serata e il meraviglioso tappo del Radici Riserva 1998. Molte ottime indicazioni sui vini stappati. Soprattutto sui due più stagionati.

In ordine di apertura:

Terre d’Eclano 2012 – Quintodecimo

Aglianico con 18 mesi di  affinamento in barrique.
Vino sostanzioso, dal colore scuro, sanguigno, d’impatto, dai bei profumi di frutto scuro maturo, spezie, cenere, incenso, tabacco. Sorso di spessore, caldo, ma con grande equilibrio degli elementi e piacevolezza immediata. Forse gli manca un po’ di slancio, però è un vino per una platea folta.

Taurasi 2010 – Villa Raiano

3 anni di invecchiamento. 1 in legno di varie dimensioni, 1 in acciaio e 1 in bottiglia.
Il meno pronto dei sei. Il più peculiare nella sua asciutta essenzialità. Riporta accanto a un cespuglio di timo, fa ricordare la resina, la noce moscata, il ribes nero.
Al palato mostra una certa energia, ma appare imbrigliata, ancora in fase di definizione. Secco, tannico, persistente, coerente, sapido ma credo avrebbe potuto esprimersi meglio tra qualche anno ancora.

Taurasi Radici 2010 – Mastroberardino

24 mesi in legno e 24 in bottiglia
Vino ricco in aromi e generoso, viole, prugne, chiodo di garofano, più frutto in evidenza, terra bagnata, erbe aromatiche, pelle fresca.
Si conferma al palato molto generoso in entrata, preciso ed equilibrato, forse non molto presente nel centrobocca dove risulta un po’ scarno. Retrogusto di frutto maturo, di buona persistenza. Vino compìto, dai tratti ben delineati.

Taurasi Historia Naturalis 2009 – Mastroberardino

24 mesi in legno e 30 in bottiglia. Il mio preferito per la complessità e la bellezza dei richiami al naso, per la definizione e l’intensità del sorso. 
Colore rubino scuro, Balsamico, eucalipto, prugna e ciliegia, e ancora balsamico, pepe di Sichuan, bitter e scorza di arancio, ancora balsamico, canfora.
Bevuta spaziale, profonda, fresca con delicata fruttuosità e sapidità e magnifico tannino in filigrana. Persistenza proverbiale. Per me tra i vini indimenticabili.

Taurasi Radici Riserva 1998 – Mastroberardino

Barrique e botti di rovere per 30 mesi. 40 mesi in bottiglia. Riconoscibile, anche se potrebbe ingannare alla cieca, e integro. Di colore più chiaro degli omologhi più giovani. È un vino di estrema finezza.
Mette insieme antiche reminiscenze floreali, di prugna essiccata come anche di frutti rossi freschi che alla lunga tendono a prevalere, rievoca l’incenso e le spezie dolci, il fungo fresco, il rosmarino. Probabilmente con una bottiglia intera a testa a disposizione da provare anche il giorno dopo avrebbe regalato anche altri sentori.
Al palato risulta compatto, mai un filo di alcol in eccesso, mai troppo acido.
Equilibrio, precisione, vitalità, qualità e intensità di gusto, un bere che che si trasforma in piacere senza intoppi, un vino fatto di sussurri ben scanditi e di una materia nobilissima da cui tuttt i presenti restano folgorati.

Taurasi Piano di Montevergine 1997 – Feudi di San Gregorio

Invecchiamento in botti di diverse dimensioni per 24 mesi e poi affinamento per altri 24 in bottiglia.
Il tappo in cattive condizioni desta un po’ di preoccupazione, ma il vino risulta godibile nella sua fase di piena maturità.
Il Colore è granato, un bel ventaglio di profumi dalla bacca di goji alla scorza di chinotto passando per prugna, cuoio, spezie varie, carruba.
Mostra ancora vitalità al palato, soprattutto congruità. Vellutato, fresco, sottile e con ottima persistenza aromatica.

Halconero 2008 – Mastroberardino 

Aglianico passito. Forse l’unica mezza delusione della serata. Profumi a bassa intensità di incenso, mora, vaniglia, un po’ cupo, secco e poco dinamico. Poco risolto. Da riprovare in altra occasione.

A fine serata e a bottiglie vuote giungo a una conclusione e m’insorge un interrogativo. 

Conclusione: disdegnare pregiudizialmente, che per alcuni sembra un atteggiamento fascinoso, le bottiglie dei “grandi” produttori è un errore. 

Interrogativo: il Radici Riserva 1998 osservando il tappo, appena bagnato, elastico come un tappo nuovo tanto che sarebbe stato possibile riutilizzarlo interamente, è stato molto probabilmente conservato in piedi. E lo stato di conservazione del vino era perfetto. Questo legittimamente fa ripensare alla teoria che vuole che i vini vadano conservati stesi e ai pochi che invece continuano a sostenere il contrario. Chi avrà ragione? Avrà davvero ragione qualcuno? 

Conclusione ulteriore: mai scherzare col Taurasi nemmeno dopo 26 anni. 

Il tappo del Taurasi Radici Riserva 1998 di Mastroberardino
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