Bottiglie, Degustazioni

L’irripetibile composizione del tavolo o “anche dal colore sembra un Barolo”

L’irripetibile composizione del tavolo o “anche dal colore sembra un Barolo”

(ricordi di una serata con sei Baroli)

Per quale motivo si organizza una serata come quella illustrata nella documentazione fotografica? La risposta è semplice. Per L’irripetibile composizione del tavolo. Composizione VISIVA, umana, enoica, verbale. Ma se è abbastanza facile replicare una compagnia di bevitori, non è altrettanto facile replicare le bevute proposte soprattutto quando si tratta di bottiglia prestigiose e d’annata. E quando il caso, coadiuvato dalla dedizione nella ricerca, ti porge una opportunità non c’è da indugiare, ma solo da agire, ché solo modo per progredire nella conoscenza del vino è il confronto. Di percezioni e bottiglie.
Ed eccoci dunque a tavola con questi 6 Baroli.

  1. Barolo Fossati 2012 GIACOMO BORGOGNO (mga in Barolo)
  2. Barolo Gabutti 2010 BOASSO (mga in Serralunga)
  3. Barolo Dardi le Rose Bussia 2010 PODERI COLLA (sottozona in Bussia Soprana – Monforte)
  4. Barolo Sottocastello di Novello 2010 CÀ VIOLA (mga in Novello)
  5. Barolo Cannubi 2009 GIACOMO BORGOGNO (mga in Barolo)
  6. Barolo LISTE 2009 GIACOMO BORGOGNO (mga in Barolo)

Il Barolo Fossati (mga del Comune di Barolo) 2012 è il primo che viene stappato e versato e subito si alza una voce “dal colore sembra un barolo” e infatti è un Barolo. L’unico che tradisce una qualche flessione pur essendo, paradossalmente, il più giovane.
Colore rubino pieno, naso prevalentemente di frutto maturo, con qualche noterella di confettura, poi humus, ricordi fungini e mentolato/balsamici.
Sorso dalla vitalità moderata, acidità media, con volume e concentrazione, ritorno consistente di frutto maturo e spezie, tannino un po’ tranchant, buona sapidità. Trova apprezzamenti alterni, io sinceramente l’ho trovato un po’ moscio nella sua pur apprezzabile consistenza.

Barolo Gabutti (Serralunga d’Alba) 2010 di Boasso sconta il fatto di essere molto chiuso d’acchìto e di essere stato l’ultimo ad assumere una fisionomia precisa.
Granato scuro, inizialmente non dà molti segnali, solo cenere, incenso, appena un po’ di visciola. Anche al palato appare un po’ involuto, confusionario.
Nel tempo che vengono stappate e assaggiate le altre bottiglie il vino cambia faccia, non radicalmente ma la cambia.
Emergono fragranze di mazzetto aromatico, rosa, ribes/cassis, spezie. Non esplosivo.
Al palato risulta austero, di corpo medio, con acidità lineare, puntuta, tannini non domati che tendono un po’ a chiudere e a limitare l’espressività del vino.

I due vini centrali sono l’essenza della prontezza, della piacevolezza e della centratura.

Barolo Bussia 2010 Dardi Le Rose di Poderi Colla

Tra il rubino e il granato, molto brillante.
Nitore e forza nei sentori di melograno, scorza d’arancio, spezie dolci, china.
Al palato è immediato, senza sbavature, luminoso, materia viva, con tannini maturi che lasciano lo spazio a un finale lungo centrato sul frutto dolce. Vino al punto giusto.

Barolo Sottocastello di Novello 2009 di Ca’ Viola

Il più muscolare, ma anche il più pronto.
Un punto di colore più scuro, vivo, ha ancora florealità, ricordi di marasca e balsamici, vagamente terroso, profusione di spezie e radici, con intensità.
Sorso di spessore, robusto, ma innervato da acidità fluente, ben delineato, tannini e finale aperto, rinfrescante. Come premesso è il più pronto.

I due Borgogno 2009, Cannubi e Liste,

Barolo Cannubi 2009 – Borgogno

Vino traslucido brillantissimo, impattante con gran varietà di sentori. Ciliegia, etereo/smalto, sottobosco, cuoio, foglia di the, origano, ultimi cenni di rosa.

Ti investe con un’onda d’urto sul cui effetto rimani a meditare a lungo, potenza a tratti “intimidatoria”, vino compatto, coeso, dall’acidità brillante e dal tannino serrato, pepato direi, una coda lunghissima, nella quale riprendere fiato. Buono.

Barolo Liste 2009 – Giacomo Borgogno

Senza nulla togliere agli altri vini presenti in tavola, ognuno apprezzabile a suo modo e nel suo punto di evoluzione, ciò che si trova in questo Barolo Liste 2009 di Borgogno è un po’ ciò che si va cercando nelle bottiglie.
Definizione, equilibrio, unite a grande tensione ed energia.
Buono adesso, ma sarà buono anche nel 2029. Forse anche meglio.
Colore simile al coevo Cannubi, solo leggermente più rubino. Bouquet decisamente elegante, con ricordi di melograno, tamarindo, chinotto, spezie dolci, nessuna flessione.

Fluido e spaziale, ti investe a ondate forte di questa acidità che sale e scende, va e ritorna, ha un tannino che tratteggia il sorso, è sapido, nerbo e distensione, piacevolezza per cui ti porteresti via la bottiglia, litigheresti per l’ultimo sorso.
Vino memorabile.

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Barolo Cerequio 2010 – Beni di Batasiolo

Barolo Cerequio 2010 – Beni di Batasiolo

Cerequio: mga nobilissima e ricercata a cavallo della linea che divide i comuni di Barolo e La Morra.

Il Colore è granato chiaro. Un profilo aromatico molto particolare con note predominanti di Vicks sinex, eucalipto, sentori balsamico/aromatici, poi piccoli frutti come la mora di gelso, il ribes rosso, ricordi eterei, di funghi esssiccati, di chinotto.

Etereo al naso, ma etereo anche di presenza, di carattere. Non è un vino immaginario, ma lascia qualcosa all’immaginazione. Secco, conserva una certa severità nel tannino che pur sembra sulla strada dell’ingentilimento, acidità diretta, cospicua, il palato è in definitiva fino ed elegante, molto energico nel suo snello incedere, non difetta in espressività, anzi con quest’ultima sopperisce a una sua certa scarnezza. In definitiva è un vino quasi pronto, di buon equilibrio e che si gioca le sue migliori carte con l’evocativa essenzialità dei suoi componenti.

Una bottiglia che conferma una percezione ripetuta e condivisa con altri appassionati. Il 2010 ci ha consegnato Baroli che, pur nella loro unicità, ognuno nel suo punto sulla strada dell’evoluzione, sembrano sospesi, tenaci, al limite dell’inossidabilità, che alla prova del tempo mutano conservando compostezza e rigore.

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Barolo Boscareto 2008 – Ferdinando Principiano

Barolo Boscareto 2008 – Ferdinando Principiano

Il primo stappo dell’anno è stato memorabile. Questo Barolo Boscareto 2008, mga del Comune di Serralunga d’Alba, di Ferdinando Principiano, ex Barolo Boy poi transitato a un’idea di viticoltura più sostenibile, è un vino sontuoso. Sono veramente felice di averlo scovato in uno scatolo, mentre in realtà stavo acquistando un altro lotto di baroli d’annata per una serata di degustazione, e di averlo adottato per il breve periodo intercorso tra l’incontro e lo sturamento, risparmiando a questa grande bottiglia un futuro ipotetico di passaggi di proprietà e l’ingloriosa fine col livello sotto la spalla in mano a qualcuno che chiede “che valore può avere” dopo essersi dimenticato che il valore più grande che una bottiglia può esprimere è quando è aperta.
Vino generoso al naso e al palato. Colore granato scuro, vivissimo, ricordi di prugna, cassis, chiodo di garofano, bergamotto, spinge molto, è avvolgente, anche sentori di anice e foglia di the, fichi maturi, vagamente terrosi. Il sorso è caldo, sferico, sembra che gli elementi si siano amalgamati e siano al punto di simbiosi perfetta. A dominare è il frutto anche in bocca, tannino incorporato senza più spigoli, pienezza, acidità senza increspature, dotazione alcolica imponente, ma completamente funzionale a una piacevolezza radicale, totalizzante.
Per chi ne detenesse una, o più di una, io mi sentirei di consigliare l’apertura per un dopo cena meditativo/edonico in buona compagnia. E il momento, almeno a giudicare da questa personale esperienza, è adesso.
A tratti commovente.

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In viaggio tra Le Due Terre

IN VIAGGIO TRA LE DUE TERRE

resoconto di due serate con i vini dell’azienda di Prepotto

Breve premessa per quanto l’azienda non abbia bisogno di presentazioni.

Le Due Terre è una storica azienda di Prepotto, zona Colli Orientali del Friuli, dal 1984 di Silvana Forte e Flavio Basilicata. Azienda che molto ha fatto, e sta facendo, per la salvaguardia e la diffusione dei vitigni autoctoni e dell’ecosistema dove vengono allevati. I presupposti sono quindi quelli dell’agricoltura biologica, anche se sulle bottiglie non se ne fa menzione

Marna (o Ponca come viene chiamata in terra di confine) e Argilla sono le due terre raffigurate in etichetta e che danno il nome anche all’azienda. La marna nella parte collinare, l’argilla nella parte pianeggiante della terra su cui stanno i vigneti de Le Due Terre)

Tra le esperienze enoiche vissute nell’anno appena passato è necessario raccontare le due serate dedicate all’Azienda LE DUE TERRE di Prepotto, nel Friuli, organizzate tra novembre e dicembre. Due serate per approfondire la conoscenza dei vini di una realtà che io considero una azienda di riferimento, un faro per chi naviga nel mare del vino alla ricerca di vini identitari, realizzati da chi ha contribuito a salvare la grande varietà del patrimonio ampelografico italiano, declinati con maestria e personalità. Questo per me è LE DUE TERRE. La maestria nel gestire la complessità del fare vino e l’impegno nella salvaguardia della ricchezza dell’ecosistema che permette al vino di esistere.

Due serate dunque. La prima con una verticale di Sacrisassi Rosso. La seconda invece una serata ibrida con una miniverticale di Sacrisassi Bianco con l’aggiunta del Pinot Nero 2016 e di due Merlot (2015 e 2016).

Serate utili e piacevoli con questi 12 vini nei quali non è stato possibile, fortunatamente, scorgere tratti di ripetizione seriale e che invece presentavano ognuno caratteri di unicità e nei quali si poteva intuire l’impostazione generale dell’azienda, l’effetto dell’andamento climatico annuale, la ricerca dell’espressività, il grande potenziale dei vini de Le Due Terre anche in senso prospettico. Si poteva altresì ri-concludere che l’azienda di Prepotto va assolutamente considerata tra le migliori cantine italiane.

Prima Serata:

Sacrisassi Rosso in verticale 2012-2017

Sacrisassi è un vino rosso realizzato con uve Refosco e Schioppettino (40 e 60), realizzato artigianalmente, 22 mesi di affinamento in barrique.

– Sacrisassi Rosso 2017 è vigoroso, ruggente, impenetrabile, dalla spiccata florealità, mora e mirtillo, pepe, sorso in via di definizione, molto tattile, rispetto agli altri ha frutto più grasso, pienezza di gusto, ma meno precisione.

– Sacrisassi Rosso 2016 Martino Baldi lo definisce “una grande promessa”. Ed è la giusta definizione per un vino che sembra possedere tutte le caratteristiche di un grande vino, ma da esprimere appieno. In un quadro di piena aderenza alle origini troviamo finezza di tratto, energia sottotraccia, nitore dei profumi, sorso definitissimo e persistente. Già bevuto in passato ci trovo conferme entusiasmanti.

– Sacrisassi Rosso 2015 TAPPO (peccato e imprecazioni). Anche se risalente ad aprile, riporto la nota di una degustazione casalinga dello stesso vino il cui ricordo non può che aumentare il dispiacere per non aver potuto bere questa. (https://www.enonauta.it/2022/04/01/sacrisassi-rosso-2015-le-due-terre/)

– Sacrisassi Rosso 2014 Meno brillantezza e meno energia in un quadro di comunque buona piacevolezza. Più frutto e spezie dolci, meno vigoria e forza espressiva al naso rispetto alle altre annate, lascia soddisfatti per la pienezza del sorso, la qualità dell’aroma di bocca, cede un pò sulla vitalità. L’annata parla.

– Sacrisassi Rosso 2013 Le bottiglie non sono tutte uguali e, anche se hanno speso la loro esistenza nello stesso posto, capita che prendano strade evolutive anche radicalmente differenti. La 2013 mostra un evidente avviamento della parte fruttuosa verso il viale del tramonto. Sentori di frutta in confettura, carruba, caffè, spezie un filo, sorso un po’ smagrito, evanescente, non giudicabile per me che sospetto una prematura ossidazione.

– Sacrisassi Rosso 2012 Risulta la star della serata. Da votazione piena valutato in relazione alla tipologia e alla resa dopo 10 anni dalla vendemmia. Integrità del succo, acidità vibrante, tannino sulla via della risoluzione, sorso gustoso in piena coerenza col naso che è fine e ricco, con sentori di mora matura, pepe nero, viola, rosmarino, cenni di orzo tostato, comunica qualcosa che ha a che fare con l’esattezza, col tempismo felice. Una coda lunga e sapida di frutti scuri.

Seconda Serata:

MiniVerticale di Sacrisassi Bianco più tre Rossi

Mini Verticale di Sacrisassi Bianco (2017, 2016, 2014), due Merlot (2016, 2015) e il Pinot Nero 2016.

Sacrisassi Bianco è ottenuto da uve Friulano e Ribolla (70 e 30), sempre con metodiche artigianali e affinamento in barrique e tonneaux.

– Sacrisassi Bianco 2017 è ricchissimo al naso, di carattere vivace ed estroverso, sentori di salvia, narciso, pesca gialla, vagamente torrefazione, secco e freschissimo, leggerissima volatile, lunghezza impressionante, salivazione a fiumi, ruggente, grintoso, dal profilo olfattivo davvero ricco e possente. È coerentemente molto incalzante e vivo al palato. Sopperisce con l’energia a qualche mancanza in precisione, ma ha messo d’accordo tutti.

– Sacrisassi Bianco 2016 presenta la stessa energia del 2017, ma in un quadro generale di maggiore eleganza e precisione/pulizia, nitore dei profumi. Giallo con tendenza al dorato, naso davvero intrigante con ricordi di sfalcio d’erba medica, nespola, cappero essiccato, dragoncello, appena agrumato. Freschezza pungente dentro una materia stratificata, sorso salino, tonico ed equilibrato, sottilissimo tannino, persistenza.

– Sacrisassi Bianco 2014 Colore più brunito, il naso tradisce un che di ossidativo, smussato, mela tagliata, cedro candito, fieno, miele di castagno, il sorso è smussato, poco dinamico, ha virato verso suggestioni d’invecchiamento.

– Pinot nero 2016 Vino da proiezione in avanti, di spessore, mentolato, lampone, mentolato e speziato, tannino grippante molto bello, acidità larga, avvolgente, non è un pinot nero immaginario, ha anche muscolo e profondità, spazialità, posso immaginarlo tra un paio di lustri, ma sono pure contento di averlo stappato stasera. Ha strappato un plauso a tutti i presenti anche ai più esigenti in materia di “pinot noir”.

– Merlot 2016 Vino caratterizzato da eleganza e persuasività. Colore impenetrabile, è forse il primo Merlot friulano, impressione condivisa con altri presenti, che non ha quell’impronta di Merlot Friulano che ti fa pensare al merlot friulano. E con questo non intendo dire che non apprezzo il merlot friulano, ma solo che questa bottiglia sembra fare gara a parte. Colore rubino scuro, rievoca il frutto scuro, il chiodo di garofano, il tabacco, cenni vegetali aromatici. Freschezza fasciante, vino molto disteso, dal tocco setoso, pieno il gusto, tannini ben lavorati, bel finale tutto di giustezza.

– Merlot 2015 Vino carnoso, ferroso, ematico, c’è chi lo ha apprezzato di più e chi meno, ma certamente si apprezza la sua diversità, la sua unicità. Colore molto scuro, molto frutto, viola, carne cruda tagliata, note quasi ferroso/ematiche, cacao, cassis, sorso decisamente più concentrato del 2016, a tratti viscoso, pieno, succoso, caldo. A tavola potrebbe dare grandi soddisfazioni con piatti anche elaborati di cacciagione.

Serata #1 Sacrisassi Rosso in verticale 2012-2017

Serata #1 Sacrisassi Rosso in verticale 2012-2017

Serata #1 Sacrisassi Rosso in verticale 2012-2017

Serata #1 Sacrisassi Rosso in verticale 2012-2017

Sacrisassi Rosso 2012

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

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Bucerchiale 2013 Chianti Rufina Riserva – Selvapiana

Bucerchiale 2013 Chianti Rufina Riserva – Selvapiana

Concludo il mio anno da “onesto raccontatore di vini”, nel mentre cucino per gli ospiti della cena di fine anno, scrivendo due cose sul Bucerchiale 2013 di Selvapiana che ha trovato posto tra i vini delle feste, ma finendo in secondo piano tanto che in definitiva me lo sono bevuto da solo.

Bucerchiale è una pietra miliare del bere toscano di qualità. Da una sottozona, la Rùfina, del calderone immenso della denominazione “Chianti” che rischia di finire incompresa ai meno attenti alla singolarità di questa regione vinicola.
Questo vino anticipa i tempi di molto sulla introduzione della menzione geografica in Toscana, cercando di valorizzare le peculiarità del territorio, l’identità del vitigno.
Stapparlo è un po’ sempre come ripensare alle geometrie di Paul Scholes, a una ben riuscita lunga subordinata di Antonio Lobo Antunes. Fa parte di quelle cose senza tempo che ogni volta che le incontri svelano un particolare nuovo.

Mai seriale negli anni, ripetitivo, questo 2013 è Vino carnoso, sanguigno, ottimamente tannico, meno luminoso che in altre annate con freschezza meno vitale, ma di grande maturità fruttata, suadenza, concentrazione. Non il mio preferito, che rimane il 2009 (anche il 2010), ma a suo modo avvincente.

Il colore è rubino scuro, vivo, propone ricordi di Cassis, altri frutti scuri a piena maturazione, spezie dolci, sottobosco, tabacco. Altri sentori ematici e di carne. Bouquet che si apre con forza, ma senza acuti.
Il palato è caldo, ha stoffa morbida e avvolgente, energia cupa, tannino ben maturato e finisce per dare buone sensazioni e a lungo. Coerentemente tornano il frutto maturo e le spezie.
Con Cinghiale in Umido troverebbe giusta collocazione a tavola.

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