Uno dei vini, prodotto dal 1977, che ha contribuito a fare la storia di Bolgheri.
Questo 2018 mi aveva convinto, per la vibrante freschezza e la dinamica di gusto, durante vari assaggi dello scorso anno e questa è la prima bottiglia che stappo a casa. Ed è una conferma.
Taglio bordolese appena toscanizzato dal Sangiovese. Cabernet Sauvignon per il 65 per cento, per il resto Merlot e Sangiovese in parti quasi uguali. Fermentazione in tini aperti e 18 mesi di affinamento in barrique.
Colore rosso scuro, denso, un bel bouquet con predominanti note di bacche scure, d’incenso, balsamiche cui si aggiungono ricordi floreali, di pepe, cacao, scorza di bergamotto.
Al palato si fa notare per la brillante acidità che movimenta una materia di spessore, con tannini ruggenti. Vino dinamico, sapido, intenso. Sorso piacevole nella sua giovane esuberanza e che troverà un punto di equilibrio immaginabile tra qualche anno.
Finale coerente e apprezzabIle con ulteriori reminiscenze di Rabarbaro.
Giovane con buone prospettive e un presente già apprezzabile.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
“Pole Bolgheri permettisi di pareggiare con tutti gli altri territori vocati così da poter essere considerato vocato allo stesso modo?”
Prendo a prestito, parafrasandola, una famosa battuta del film “Berlinguer ti voglio bene” per introdurre le mie note su questo Bolgheri Superiore.
Certi assaggi ci dicono di sì e questo è tra quelli. Assaggiato in diverse occasioni nel 2022, occasioni in cui mi sembrò sempre un vino piuttosto convincente, stappo finalmente una bottiglia a casa.
Cabernet Sauvignon per il 70 percento Cabernet Franc per il restante 30. Un anno in barrique e un anno in bottiglia. Questo si evince dalla scheda tecnica reperibile sul sito aziendale. Altrove si legge che il blend si completa con un saldo di Petit Verdot.
Veste color rubino scuro, impenetrabile, vino aperto, gioviale, profumato e non ci mette molto a presentarsi con ricordi di cassis, spezie dolci, mirto, timo fresco pestato e reminiscenze di tabacco, terrose e vagamente balsamiche.
Caldo senza mai strabordare, freschezza misurata molto larga/diffusa, buon corpo, ricchezza di gusto e tannini ben maturi per un sorso gratificante ed equilibrato dal lungo finale fruttato/balsamico.
Approcciabile e godibile fin da subito, ma non escluderei ottimi risultati anche nel tempo. Ma sicuramente consiglio a chi ne avesse comprate alcune bottiglie di stapparne una subito.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
Cosa succedeva a Bolgheri nel 2013 o anche Ripassare i Classici
Non posso ricordare con esattezza cosa succedeva a Bolgheri nel 2013, ma posso cercare di farmi un’idea del fatto enoico stappando tre bottiglie che nascevano quell’anno in quel territorio.
Io per certo girovagavo per cantine e stazionavo a più riprese a Riotorto con la mia compagna in attesa del mio primogenito. A rivedere le foto il tempo sembrava bello e l’umore alto.
Uno dei tre vini degustati fu definito epocale, tutti rimembrano il clima di quell’anno come il più adatto ad ottenere uve giustamente mature. Torniamo dunque a stappare questi vini un po’ come un ripasso dei grandi classici, come riprendere in mano Dostoevskij o Dante, riguardare Apocalypse Now!, ascoltare un disco dei Pink Floyd.
Una onda lunga e sapida, spiazzante progressione olfattiva e gustativa, dal poco iniziale a una fine complessità duratura, progressione che sembra non finire, ma che finisce quando finisce la bottiglia. Colore rubino scuro, Balsamico, eucalipto, cassis, tannino di seta, acidità carezzevole, persistenza. Si può spendere il termine elegante una volta tanto.
A Bolgheri nel 2013 nascevano belle bottiglie.
What happened in Bolgheri in 2013 or even Reviewing the Classics
I can’t remember exactly what happened in Bolgheri in 2013, but I can try to get an idea of the wine situation by uncorking three bottles that were born that year in that area.
I certainly wandered around cellars and stopped several times in Riotorto with my partner waiting for my firstborn. Looking back at the photos, the weather seemed nice and the mood was high.
One of the three wines tasted was defined as epochal, all recalling the climate of that year as the most suitable for obtaining properly ripe grapes. So let’s go back to uncorking these wines a bit like a review of the great classics, like picking up Dostoevsky or Dante again, rewatching Apocalypse Now!, listening to a Pink Floyd record.
Three wines for tasting
Piastraia 2013 by Michele Satta
Cabernet Sauvignon, Merlot, Sangiovese and Syrah in equal parts with aging in new and used barriques.
It confirms itself as always. Beautiful dark ruby color, aromas of dark fruits, but also floral and citrus notes, sweet spices and aromatic herbs.
Lightness, right heat, balance, enveloping acidity, great drinkability.
Paleo 2013 – Le Macchiole Cabernet Franc in barrique
Impenetrable dark red. Impactful. Open, frank and intense on the nose with aromas of violet, myrtle, berries, hints of aromatic herbs.
Also impactful on the palate. Warm, structured, concentrated, rich, with rigorous tannins and a great finish.
Sassicaia 2013 – Tenuta San Guido
A long and savory wave, unsettling olfactory and gustatory progression, from the initial little to a fine and lasting complexity, a progression that seems to never end, but which ends when the bottle ends. Dark ruby colour, balsamic, eucalyptus, cassis, silk tannin, caressing acidity, persistence. We can use the term elegant for once.
Ebbi la ventura di assaggiare questo Costa di Giulia 2015 appena imbottigliato perché giunsi casualmente in azienda un pomeriggio in cui si stavano ultimando le operazioni di imbottigliamento. Ne ho seguito con piacere dunque, in questi pochi anni, l’evoluzione del gusto e credo di poter affermare che Costa di Giulia di Michele Satta è un vino che sviluppa personalità col tempo, che si conferma negli anni e che questa 2015 ha comunque una energia fuori del comune.
Vermentino e Sauvignon Lunga Fermentazione e affinamento sulle proprie fecce in acciaio.
Giallo paglierino intenso. Brillante e profumato. Esprime sulle prime note fruttate, di pesca bianca che si alternano a egualmente evidenti sentori vegetali, erbe aromatiche come il timo e l’erba appena tagliata, floreali, di miele e vaniglia. In bocca acidità soffice, dolce e duratura, ben equilibrata dal corpo e dalla succosità del sorso che risulta vellutato. Lo si potrebbe definire un vino suadente e finanche opulento che pur tuttavia non è stancante, come un oratore che oltre alla perizia abbia argomenti interessanti di cui si vorrebbe dibattere, per amore del discorso, all’infinito. Il finale è estremamente lungo con ritorno di frutta matura e miele di cardo. Allunga in progressione, senza scatti brucianti o velleitari.
Non stanca sul momento e negli anni dimostrando una disposizione alla maturazione già testata con altre annate. Motivo per cui si ritorna sempre a Castagneto, tra le colline e i cipressi cari al Carducci, da che cura il ricevimento e le degustazioni, a comprare il Costa di Giulia e gli altri vini che Michele Satta produce con esito qualitativo costante e sempre a prezzi terrestri.
Giovano a questo vino, a mio avviso, un paio di anni in bottiglia almeno e una temperatura di servizio un paio di gradi più alta di quanto solitamente si usa per i vini bianchi.
Ottimo in abbinamento col polpettone di fagiolini, ma azzarderei perfetto con lo spaghetto con patate lesse, olio evo e basilico fresco.
Il Syrah di Michele Satta nasce a Castagneto Carducci Syrah in purezza Raccolta a completa maturazione Fermentazione spontanea in tino con follature manuali Affinamento per 18 mesi in barrique per un terzo nuove
Ho avuto la fortuna di poter visitare l’azienda di Michele Satta molte volte e dunque a casa mia giacciono, in attesa di essere stappate, svariate bottiglie di diverse annate. Può capitare, come in questo caso, che due bottiglie dello stesso vino, ma di due annate diverse, vengano aperte in un tempo abbastanza breve da poter fare un raffronto a memoria senza consultare ipotetici appunti di degustazione.
Per la gioia del palato questo Syrah di Michele Satta conferma tutte le buone sensazioni ricevute dal 2010, ma rivelando una personalità ben diversa. E abbiamo così la confortante conferma di trovarci davanti a vini non banali e non seriali che ci raccontano la mano che li fece e la stagione che contribuì a formare il loro carattere.
Ha il colore dell’amarena matura, fitto, praticamente impenetrabile. Al naso porge un bel ventaglio di sentori che spaziano dal frutto nero maturo alla foglia di mirto, dalla spezia dolce al tabacco, a tratti fanno capolino le scorzette d’arancio ricoperte e una leggerissima note boisee. Lo si potrebbe definire complesso e fine.
Rispetto al suo predecessore del 2010 che, dotato di più corpo e concentrazione, sviluppava in senso orizzontale – a delta, per un’esperienza gustativa più muscolare, qui siamo al cospetto di un vino più snello, a tratti sapido, dal gusto più definito, caratterizzato da succo più fresco e, a mio parere del momento, più equilibrato e godibile. Tannino ben inserito e buon finale dove spiccano le note aromatiche.
Per questo Piastraia Bolgheri DocMichele Satta unisce il succo d’un quartetto di vitigni. Cabernet Sauvignon, Merlot, Sangiovese e Syrah in parti uguali.
20 giorni di troncoconico a vitigni separati e poi 18/24 mesi di barriques per un quinto nuove.
Il vino che ne risulta è un campione di misurata potenza dalla veste di un bel rubino profondo, compatto, vivido.
Al naso è esuberante, complesso, ricco ed evoluto. Piccoli accenni floreali di viola, ma a dominare è il frutto a piena maturazione. Cassis, ribes nero, prugna essiccata, sentori di spezie dolci, di scorza d’arancia e cedro, note di tabacco. Il frutto ritorna nitidamente al palato e il sorso ha spessore e volume, freschezza viva e soffice e tannini smussati che animano il lungo finale dove torna anche la materia fruttata.
Un vino, questo Piastraia 2010, che si esprime adesso a un livello di gusto alto, puntando sull’equilibrio dei molti elementi di cui è composto, senza mai dare l’impressione di volerne tradire didascalicamente la presenza.