Bottiglie, Degustazioni

Fiano di Avellino 2018 – Guido Marsella

Fiano di Avellino 2018

Guido Marsella Fiano di Avellino Docg

Ho stappato svariate bottiglie di Fiano negli ultimi mesi, sempre per scopi educativi s’intende, e alla fine è diventato il mio bianco preferito del 2021. Quest’ultima bottiglia di Guido Marsella mi ha definitivamente convinto e si e distinta dalle altre che ho stappato per una più spiccata freschezza, una acidità più fluente e un equilibrio più marcato. Vinificazione e affinamento sulle fecce  in acciaio. A Summonte (AV). Il colore è giallo intenso brillante. Fragranze floreali di narciso, melone bianco, pesca, appena citrino, ricordi di pietra bagnata. Al palato è ricco, intenso, di spessore, eppure risulta anche mobile, dinamico, incisivo, in virtù di una acidità diffusa, ma mai preponderante. Un bel finale che riporta al frutto e allo zafferano. Vino che alla fine dell’ultimo bicchiere proietta il pensiero sulla prossima bottiglia stappata tra 4/5 anni. Da non sottovalutare l’ottimo rapporto soddisfazione/prezzo.

FIANO 2018 Guido Marsella

Fiano 2018 Guido Marsella
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Bottiglie, Degustazioni

Grignolino Bricco del Bosco 2020 – Accornero

Grignolino Bricco del Bosco 2020
Accornero
Grignolino del Monferrato Casalese doc

Tra i vini che raccontano della possibilità di bere bene a dispetto del prezzo e di un vitigno d’origine ingiustamente poco considerato, anche se esistono alcuni porti sicuri e Accornero è certo uno di questi, c’è questo Grignolino Bricco del Bosco 2020 dell’azienda Accornero di Vignale Monferrato. 
 
Un vino lineare a cui non manca niente, caratterizzato da compatta e precisa semplicità.
Rubino molto chiaro, nitido e preciso al naso con sentori floreali, di frutto di bosco, lievemente speziato. 
Al palato è secco, snello, ben definito, con agile  freschezza, intensità di gusto, tannini di buona fattura, per una bevuta che è si facile, ma non evanescente. Nel finale sul frutto si rievocano anche le erbe mediche. 
Da tutto pasto con pietanze di terra.

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Bottiglie, Degustazioni

Châteaux Siran 2016 – Margaux

CHÂTEAU SIRAN 2016 – MARGAUX

 

Domenica ore 15.00: apro una mezzetta di Bordeaux (con un pò di pane e salame) perché fuori piove, sono annoiato e non c’è nemmeno il campionato a lenire il torpore. Si tratta di Château Siran, storico produttore situato nella parte più a sud della denominazione Margaux. L’azienda dispone di 88 ettari di terreno di cui solo 25 pienamente vitati (dal 2020 il 10% è in regime biologico) con certificazione di attenzione alla biodiversità e vigne di una età media di 30 anni. L’attuale consulente enologo è Hubert De Bouard di Château Angelus, dopo essere passati tra i tanti nomi anche per il guru dell’enologia francese “interventista”, Michel Rolland (1995-2004).

La 2016 è stata una grandissima annata, benedetta dalla pioggia di settembre che pone fine allo stress idrico dovuto ad una estate molto arida. Blend al 46% Merlot, 40% Cabernet Sauvignon, 13% Petit Verdot and 1% Cabernet Franc (spicca la presenza relativamente alta di Petit Verdot). Fermentazione in acciaio e malolattica in barrique (di cui il 35% nuove), dove rimane per 12 mesi.

Il vino si presenta nel calice con un rosso rubino carico e quasi impenetrabile ma con un’unghia lucente e vivivissima. Naso complesso, dove prevalgono cassis e prugna, pepe nero, sottobosco, poi cuoio, un accenno di vaniglia bourbon e note boisé non troppo marcate. L’assaggio è morbido in entrata, secco, caldo e avvolgente. L’acidità è spiccata e vibrante ma non esasperata, i tannini sono vivaci ma non acerbi, anzi già ben integrati, così come l’alcool che non prevarica minimanente. Il sorso è pieno, corposo, persistente, e con un centrobocca decisamente gratificante. Finale molto lungo e piacevolmente amaricante.

Per chi non ha mai bevuto un Margaux, e vuole togliersi lo sfizio, questo Siran 2016 potrebbe essere un bel trampolino di lancio nel vasto e complesso mondo del Medoc. Annata eccellente, bevuta in una fase “adolescenziale” che definirei comunque serena e con un raggiante futuro. È un vino elegante e molto equilibrato, anche immedito se si vuole, di facile e buona beva. Non ha certamente la complessità aromatica, l’estrema eleganza, la potenza e la dinamica continuamente cangiante dei grandissimi Bordeaux di Margaux (o Pauillac), per i quali bisogna essere però disposti a pagare cifre ben più ingenti del vino di cui si racconta.

È un vino che ricomprerei senza indugio: piccola bottiglia-piccolo prezzo-grande piacere. Ed ha anche smesso di piovere.

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Gite in Cantina

Il Giovedì Mattina, l’autunno, il Chianti Classico e la tradizione

Il Giovedì Mattina, l’autunno, il Chianti Classico e la tradizione

 

Dopo circa due anni dall’ultima volta, a causa delle peripezie pandemiche che ci tennero in casa, si ritorna alla periodica, e un tempo frequente, gita nelle terre del Chianti. È un bel giovedi mattina luminoso d’inizio ottobre e piuttosto freddo. Questa volta si è deciso per la visita a tre aziende di piccole dimensioni che tutte potrebbero rivendicare un approccio tradizionale. Bucciarelli/Antico Podere Casanova a Castellina in Chianti, Monterotondo a Gaiole e Podere Pruneto a Radda.

La cosa bella dell’avventurarsi in quella vasta area di toscana centrale in cui si produce il Chianti Classico, e che nell’immaginario di molti somiglia a un generico chiantishire di dolci colline e tipiche ville toscane restaurate secondi i criteri del pittoresco, è che il paesaggio è invece mutevole e l’architettura rurale toscana resiste all’avanzamento dell’Architettura Toscana Turistica, si incontrano talvolta persone che sembrano planate nel nostro tempo da un altro (tempo).

Nei 24 km circa di itinerario tra Castellina in Chianti e Gaiole si passa dal panorama vasto e profondo che si gode da La Piazza dove è sita l’azienda Antico Podere Casanova di Bucciarelli, alla verdità impressionante e ai boschi che circondano i vigneti di Monterotondo e da cui in lontananza è possibile scorgere il Valdarno, alla impareggiabile bellezza e alla tranquillità di Volpaia nel comune di Radda, dove invece si trova il Podere Pruneto, in un contesto che a tratti può addirittura apparire montano. E poi la tradizione di cui si parla che è una tradizione dinamica e che permette di produrre i vini succosi e pieni energia di Bucciarelli, quelli eleganti e precisi di Monterotondo e quelli asciutti e scabri di Podere Pruneto.

Ma soprattutto ci sono il Sangiovese e i suoi interpreti. Ci sarebbe di che venire in pellegrinaggio tutti i giorni. Si comincia dal Signor Bucciarelli che a mezza mattina ci accoglie per una degustazione fiume, una specie di stress test per il pellegrino del vino. Ne usciamo bene, ma guardinghi per il prosieguo della giornata. Ricorda certi altri Ronin del vino che ho incontrato in passato per il suo non somigliare a nessun ritratto di vigneron preconfezionato e fa vini identitari, pieni di sostanza ed energia. Si discorre di Sangiovese, tradizione, motociclette e Merlot nascosti. Una bellissima mattina.

Ci spostiamo dopo il pranzo frugale verso Gaiole. Lungo la statale che porta in Valdarno, ricca di boschi, di una verdità a tratti impressionante paesaggio più intimo e a tratti montano, dove si trova l’azienda Monterotondo di Saverio Basagni. Vignaiolo assolutamente consapevole della qualità del proprio lavoro e che offre con giusto orgoglio i suoi vini agli ospiti.

Si chiacchiera nella saletta degli assaggi dei suoi vini, di alcuni degli argomenti più dibattuti nella comunità del vino come la biodinamica, il vino naturale, si assaggiano gli ottimi 2016 annata e riserva, la profumatissima malvasia, si conferma l’ottima impressione avuta all’ultima Collection praticabile quando fui indirizzato verso il banco d’assaggio di Monterotondo da Diego Finocchi de L’Erta di Radda.

A pomeriggio inoltrato terminiamo la giornata da Riccardo Lanza e suo figlio Massimiliano del Podere Pruneto che si trova lungo la via che porta al borgo di Volpaia in un contesto di rara bellezza. Ci raccontano del loro modo di lavorare nel rispetto della terra e delle piante, del poco intervento in cantina dove si fanno fermentazioni spontanee e si usano cemento e botti grandi per l’affinamento per periodi che variano tra i 24 e i 48 mesi. Si assaggia il Chianti Classico 2018 che è ottenuto da uve Sangiovese senza quella minima parte di Merlot che veniva usata precedentemente. Un vino essenziale, ossuto, che però è pieno di forza nervosa e ci fa tornare a casa col gusto del Sangiovese in mente e la piacevole consapevolezza che per i suoi amatori ci sono ancora molti luoghi dove recarsi sicuri.

fotografie di Dario Agostini e Simone Molinaroli

Massimo Bucciarelli / Antico Podere Casanova

Saverio Basagni di Monterotondo

Enonauti tra le vigne

Riccardo e Massimiliano Lanza del Podere Pruneto

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