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Fiano Particella 928 – Cantina Del BARONE

Fiano Particella 928 – Cantina Del BARONE

Campania Fiano IGP

Fiano che fermenta spontaneamente e affina sulle fecce prima e in bottiglia poi.
Uva da un singolo vigneto in Cesinali (AV).

La premessa da fare è che è un vino ottimo. Ottimo, suggestivo, di carattere e con una identità particolare che lo rende riconoscibile.
Per quanto già ottimo, come premesso, questo è un vino che suggerisce chiaramente di avere in nuce un altro vino che assaporerai tra qualche anno quando la volontà umana e il caso troveranno un incastro che potrà essere magico e fortuito, frutto di intuizione, più semplicemente figlio della buona conservazione o tutte queste cose insieme.
Per oggi mi contento di bere questo ottimo vino, che non è per tutti.

Il colore è giallo vivo, profumi di mandarino, nespola, floreale di ginestra, incursioni vegetali di verbena, erba medica, poi ancora frutto tropicale come il mango, note petrose, cera d’api.
Il tutto sembra una promessa, una anteprima di qualcosa che sta per accadere.
Il sorso è secco e salino, a tratti ruvido, c’è intensità gustativa e presenza, spessore, acidità ben diffusa e nel bel finale aperto si rievocano la nespola, lo zafferano, qualcosa di appena citrico.

I miei complimenti a Luigi Sarno per questa bottiglia.

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Tinata 2015 – Monteverro

Tinata 2015 – Monteverro

Toscana Rosso Igt

Questo Tinata 2015 dell’azienda Monteverro di Capalbio, nella Maremma Toscana, mi venne regalato per il mio 50esimo compleanno da amici/compagni di assaggi. Regalo gradito e che per il costo genera ovviamente aspettative. Aspettative che, si sa, sono spesso la matrice della delusione.

Syrah 70 percento e Grenache/Cannonau 30 percento
Vino che affina per il 70 percento (40 nuove) in barrique. Il resto in cemento di forma ovale.

Il vino ha colore rubino scuro e muovendosi nel bevante mostra riflessi violacei.
Ampio e dinamico al naso. Esordisce vegetale, per virare in breve sul pepe, il mirto, le erbe aromatiche. Poi seguono sentori di frutto scuro, note terragne, ancora altre spezie dolci, poi ancora frutto, liquirizia, note boisee a lato, tracce di salamoia. Insomma è un bel tourbillon di stimolazioni olfattive.
Il sorso è vellutato e stratificato. Consistente senza mai pesare. Molto equlibrato, preciso, tutto concorre a determinare un esito ottimo. Tannini finissimi, acidità avvolgente, tenore alcolico misurato, coerenza piena, ottimo finale.

Aperto il sabato e finito il martedì mostra grande capacità di stare aperto e di accompagnare a tavola. Fino alla Salsiccia piccante di Mormanno.

Il costo è importante, ma il vino è in effetti molto gratificante. Oltre una certa cifra è bene che ognuno giudichi da solo.

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Barbaresco 2018 – Giuseppe Cortese

Barbaresco 2018 – Giuseppe Cortese

Il sig. Giuseppe Cortese è un vignaiolo cortese di nome e di fatto. Sono stato in visita da lui 5/6 anni addietro e rimasi decisamente colpito dalla sua semplicità e disponibilità nell’accogliermi presso la sua cantina senza il minimo preavviso (dove, oltre ad assaggiare tutti i suoi bei vini, ebbi anche la fortuna di acquistare alcune annate vecchie del suo Cru Rabajà a prezzi all’epoca veramente onesti e che oggi risulterebbero irrisori).

Anche il suo Barbaresco 2018 potrebbe essere definito cortese, perché è un vino buonissimo, accogliente e di grande equilibrio. Ma “l’etichetta” di cortese rischia però di stargli stretta, perché è anche un vino corroborante, dal sorso dinamico e vivo. Un vino che rappresenta a mio avviso un grande esempio di classicità nell’interpretazione del Barbaresco, territoriale, schietto ed elegante. Le uve sono avviate alla fermentazione in serbatoi d’acciaio con fermentazione sulle bucce per circa un mese. Matura poi 18 mesi in botti grandi e completa l’affinamento con almeno 6 mesi in bottiglia.

Nel calice si presenta non troppo carico, di colore rosso granato luminoso, riflessi rubino e netto contorno aranciato. Al naso piccoli frutti a bacca rossa, ciliegia sottospirito, violetta, caramella al rabarbaro, radice di liquirizia, leggermente mentolato. Al palato si concede subito senza tante ritrosìe, giustamente morbido, avvolgente e caldo. Tannino di trama fine e ben cesellato, mai irruento; il sorso progredisce succoso, con regolarità e piacevolezza, supportato da argini di freschezza e mineralità che donano equilibrio al sorso e grande bevibilità. Gestione dell’alcool (14.5°) magistrale, finale fresco, leggermente sapido e di buona persistenza.

Questo Barbaresco 2018 di Giuseppe Cortese è a mio avviso in uno stato di grazia, potrebbe certamente aspettare ancora in cantina alcuni anni ed evolvere in maniera interessante. Ma è buonissimo ora, e se ne avessi ancora una bottiglia in cantina non esiterei a stapparlo ancora entro la fine dell’anno. Vino di grande piacevolezza ed immediatezza che danza tra le linee di gioco con equilibrio, prontezza, eleganza e concretezza. Ottimo anche il rapporto qualità-prezzo-piacere e sugli abbinamenti ci si può solo sbizzarrire.

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La celebrazione del primo fresco

La celebrazione del primo fresco

Gli Enonauti celebrano le prime pioggie e l’abbassamento della temperatura stappando subito 4+1 vini rossi. Vini che hanno accompagnato un tipico menù da primo fresco. Pasta al ragù e melanzane alla parmigiana. Più un paio di pizze di rinforzo.

Serata molto fortunata con vini tutti ottimi.

  • Chianti Classico Riserva Capannelle 2015

  • Chianti Classico San Giusto a Rentennano 2016

  • Bricco dell’Uccellone 2019 – Braida

  • Taurasi “Cinque Querce” 2011 – Salvatore Molettieri

  • Chianti Classico Retromarcia 2019 – Montebernardi

Seguono le note di degustazione figlie di una serata principalmente “ricreativa”.

Chianti Classico Riserva Capannelle 2015

Vino succoso, sanguigno, di buon corpo, rubino fitto, decisamente fedele e preciso con sentori agrumati, di marasca, e pepe bianco. Ha sorso vigoroso a cui nel frattempo la bottiglia sta donando definizione. Energia e orchestrazione degli elementi ottimale. Un sangiovese per cui è giustificabile pensare a un buon futuro.

Chianti Classico San Giusto a Rentennano 2016

I giudizi dei critici che ne hanno decretato la scomparsa da ogni scaffale e l’innalzamento del prezzo lo precede. Ma il vino non lo sa e non delude.
È un vino vitale, rubino fitto, dai profumi netti di marasca, frutti scuri, sottobosco, con note ematiche, di cuoio.
Al palato è elettrico, ampio, acidità tesa, è profondo, animato da una forza espressiva e da finezza che mi ricorda un 2010 bevuto più di 10 anni fa. Finale aperto, rinfrescante.

Secondo le indicazioni date da questa bottiglia il vino è pronto adesso. A mio parere tutte quelle bottiglie predate dai cacciatori di “margine” e dagli speculatori sarebbe meglio berle adesso e non rischiare che diventino solo soprammobili mentre stanno nel caveau.

Bricco dell’Uccellone 2019 – Braida

Barbera da esposizione e da soddisfazione. Colore scuro, bella spinta al naso con sentori di viola, mora, pepe, mazzetto aromatico, resina, è saporita, voluminosa, concentrata, molto compatta e precisa, senza sbavature, persistente. Apporto intelligente del legno che più che arricchire aromaticamente sembra più dare forma al sorso.

Vino ottimo.

Taurasi “Cinque Querce” 2011 – Salvatore Molettieri

Quasi pronto. Che per un Taurasi è una gran cosa. Il colore è granato scuro, bouquet ampio e affascinante con reminiscenze di prugna essiccata, tabacco, cenere, scorza di chinotto, carruba, erbe essiccate.
Tocco finissimo, tannino in fligrana, acidità ben distribuita, intensità di gusto e persistenza, finale coerente. Vino che viveva, prima di essere bevuto, in un momento di equilibrio entusiasmante. Bene averla stappata adesso.

Chianti Classico Retromarcia 2019 – Montebernardi

Stappato come “rinforzo” per accompagnare le pizze ordinate anch’esse come “rinforzo” fa ottima figura forte della sua quintessenziale sangiovesitudine, colore rubino con riflessi porpora, vivacità dei profumi di viola, lavanda e anice, frutto vivido, spezie, sorso non impegnativo tutto di giustezza, buon gusto, coerente e con ottimo finale fruttato/speziato.

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Fiano di Avellino 2016 Apianum – SALVATORE Molettieri 

Fiano di Avellino 2016 Apianum – SALVATORE Molettieri

Fiano con affinamento in accaio da vigne alle su suolo calcareo.

Vino di carattere che ha iniziato un suo interessante percorso evolutivo. Colore giallo paglierino che tende al dorato. Ricco e pulito al naso con ricordi di narciso, caramella d’orzo, mela opal, rosmarino, sentori petrosi e di fieno secco.
Il sorso è diretto, d’impatto. È salino, secco, rugoso, ha intensità di gusto, buona freschezza e persistenza apprezzabile.

Col Saltimbocca alla Romana a mio avviso perfetto.

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Caiarossa 2016 – Caiarossa

Caiarossa 2016

Rosso di Toscana igt

Caiarossa / Riparbella – un supertuscan accessibile

Premessa:
Qualche anno fa ricordo che un amico e compagno di bevute sosteneva che l’aggettivo elegante non fosse appropriato al fine della descrizione di un vino perché sostanzialmente non significa niente. Sono sempre stato d’accordo in linea di massima. Eppure per questo Caiarossa 2016 non riesco a non usarlo. Perché questo bel mischione in stile Rodano, non si legga il termine “mischione” in senso denigratorio ché è solo un modo ironico e toscano di tradurre la parola inglese blend il cui significato è miscela, è evidentemente elegante. Non si può apprezzarne l’espressività varietale, ma si può in indubbiamente apprezzarne il lavoro di taglio e composizione, come per un abito sartoriale, e dunque la sua eleganza. E il fatto di essere un Supertuscan accessibile.

Caiarossa 2016 dell’omonima azienda
di Riparbella nella zona di Montescudaio (PI).

Un bel mischione fatto con Cabernet Franc 42%, Merlot 25%, Syrah 15%, Cabernet Sauvignon 6%, Petit Verdot 6%, Sangiovese 5%, Alicante 1%.

Dove mischione sta per blend, termine gergale toscano usato qui non in senso denigratorio. D’altra parte se alla proprietà straniera piacque la terra toscana credo potrà apprezzare anche l’idioma che quella terra ha generato e con cui si parla tuttora.

Fermentazioni separate, l’affinamento avviene in legno di varie dimensioni e nuovo per il 30 percento, la filosofia è quella biodinamica.

Vino di colore fitto, vivido, con ventaglio olfattivo piuttosto ricco. Predomina il frutto scuro maturo come il cassis, accompagnato da note balsamiche, speziate, un quid di resina e di alloro fresco frantumato.

Il sorso è una ottima congiunzione di immediatezza, eleganza, vitalità.
Vellutato senza essere macchinoso, tocco sapido, acidità e tannini che sviluppano azione da dentro il vino in un quadro complessivo di precisa piacevolezza. Finale coerente e prolungato.
Da bere adesso senza pensieri.

Caiarossa 2016 un supertuscan accessibile

Caiarossa 2016

Caiarossa 2016 un supertuscan accessibile

caiarossa 2016

Caiarossa 2016 un supertuscan accessibile

Caiarossa 2016

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Prulke 2019 – Zidarich/Sacrisassi Bianco 2018 – Le Due Terre

Prulke 2019 – Zidarich/Sacrisassi Bianco 2018 – Le Due Terre

Una serata cominciata in enoteca con Prulke di Zidarich e terminata con la bottiglia nel frigorifero di casa di Dario, che guarda caso era un Sacrisassi de Le due Terre.
Per una serata nata quasi per caso credo non si potesse fare di meglio.

Prulke 2019 – Zidarich

Venezia Giulia IGT
Sauvignon 60%, Vitovska 20%, Malvasia 20 %

Una via di mezzo tra il ramato e l’arancione, appena velato, a suo modo è un vino suadente, affabulatore, sostiene un discorso difficile che non tutti potrebbero comprendere, ma arriva alla sua conclusione con un ben organizzato concerto di percezioni e aromi, equilibrio, persistenza quasi ostinazione, a tratti sembra di masticare una Susina goccia d’oro a piena maturazione, le fragranze spaziano dal floreale delicato, alla pesca bianca e alla susina, ricordi speziati ed erbacei misurati in un quadro cangiante. Il sorso è duraturo, piacevole, la forza dell’aroma di bocca è memorabile, mai sopra le righe, equilibrato, sapido e avvolgente.
Preferisco la Vitovska, ma questo è un gran bel vino. Qualcuno sicuramente preferirà questo.

Sacrisassi Bianco 2018 – Le Due Terre

È invece, a mio avviso, la metafora tridimensionale/liquida del temperamento padroneggiato adeguatamente.
22 mesi in barrique
Friulano e Ribolla
Colore dorato, è secco, frontale, roccioso, sentori di erba medica, nespola, pepe bianco, elicriso, vino profumatissimo e al solito particolare, il sorso è secco, nervoso, intenso, la coda è lunga e sapida con ricordi di frutto disidratato. Un po’ di tempo in bottiglia non potrà che giovargli facendogli trovare una andatura meno contratta, cosa che ho riscontrato in tutte le annate bevute con qualche anno in più di bottiglia.

Due vini che non dimenticano facilmente.

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Serragghia 2018 – Giotto Bini

Serragghia 2018 – Giotto Bini

Terre Siciliane IGP

Zibibbo Secco

L’aspettiva spesso viene tradita dall’attesa. O forse semplicemente l’immaginazione e le parole su di un vino talvolta non trovano corrispondenza nel calice. In questo caso, purtroppo, si tratta di un discostamento grossolano, fallace.

Il vino è uno Zibibbo in purezza vinificato secco, un nome importante, quasi un “mito” nel suo genere. Proveniente dai terreni terrazzati di Pantelleria, su suoli vulcanici e sabbiosi ed esposizione a sud. Macerazione sulle bucce e fermentazione spontanea in anfora a cui seguono, dopo la svinatura, almeno sette mesi di maturazione nei medesimi recipienti. Zero solforosa aggiunta.

Da un paio di anni aspettavo di aprire questa bottiglia e ieri mi sono sentito che era arrivato il momento giusto.

Il colore è un bel giallo paglierino non troppo carico, limpido e pulito. Al naso un grande tripudio di aromi varietali che spaziano dall’albicocca e la pesca disidratate, al dattero, al fico d’india maturo, ad un bel ventaglio di frutta tropicale.

Tutto sembra preludere ad un grande bevuta, ma il sorso non trova una goccia di corrispondenza gusto-olfattiva, poichè putroppo regna sovrana (e tiranna) una acetica impetuosa, la quale cancella ogni altra possibilità di piacevolezza al sorso.

Non parliamo di una leggera volatile (in genere presente maggiormente nell’olfattivo e nel retro-olfattivo) “tipica” di alcuni (e sottolineo alcuni) vini naturali-artigianali (in particolare a zero solforosa aggiunta) a cui sfugge un pò la mano del processo di fermentazione, ma che dopo un pò di areazione svanisce o che nel complesso di un vino armonico, dinamico e ben fatto può anche essere tollerata, se non addirittura gradita da alcuni.

Putroppo in questo caso parliamo di una acidità acetica insostenibile al sorso e generalmente tipica di un problema nella vinificazione.

Può capitare, ma è un peccato, perché oltre alla scarsissima reperibilità (8000 bottiglie) il vino è molto costoso (non cito mai i prezzi, ma in questo caso mi sento di dover sottolineare che si tratta di un vino bianco italiano da 70 euro) e putroppo non credo che avrò il coraggio di concedergli una seconda possibilità.

Peccato anche perché l’abbinamento con un sontuoso fegato di vitello alla veneziana, sarebbe stato potenzialmente un bell’incontro.

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