Bottiglie, Degustazioni

Brunello di Montalcino 2014 “Il Poggione”

100% Sangiovese, vinificazione in acciaio a “cappello sommerso” con lieviti indigeni e controllo della temperatura. Malolattica svolta in acciaio, poi 30 mesi di botte e due anni di affinamento in bottiglia.

Ad onore del vero sono partito con un discreto pregiudizio. Azienda abbastanza grande (circa 600.000 bottiglie l’anno) e distante per concezione, lavoro e immagine dalle mie abituali referenze per il Brunello di Montalcino.

Mi sono ricreduto. Il vino è molto buono, aperto due ore prima, sin da subito si è rivelato molto espressivo ed intrigante. Colore rosso rubino non troppo carico, naso intenso e complesso che spreme subito i piccoli frutti rossi, la ciliegia e la prugna mature al punto giusto. Poi violetta e rimandi delicati di balsamico e spezie.

Al palato esprime grande equilibrio, tannini levigati, alcool che non prevarica, ottima freschezza e mineralità che regalano un finale sapido molto lungo.

Annata, la 2014, molto complicata in particolare per il freddo e la pioggia che non ha risparmiato nemmeno Montalcino. Ne risulta però, come per altre aziende, un vino elegante e preciso, con una dote di grande bevibilità, probabilmente non il classico Brunello che ci si potrebbe aspettare.

Potrebbe anche spiazzare ed a qualcuno apparire quasi esile. Per questo ritengo che non sia un Brunello necessariamente da tenere in cantina 10/15 anni. Certamente è giovane, ma a mio avviso pronto per essere bevuto con piacere e agilità, soprattutto se ben abbinato per sfruttarne le potenzialità gastronomiche.

Io l’ho bevuto con osso buco e risotto alla milanese ed è stato un ottimo compagno.

Ritengo che il rapporto qualità prezzo sia onesto.

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Merlot Baolar 2016 – Pierpaolo Pecorari

Merlot Baolar 2016 – Pierpaolo Pecorari

Merlot Baolar 2016
Pierpaolo Pecorari
Venezia Giulia Igt
12 mesi di barrique e 14 in bottiglia

Questo Merlot mi conferma le impressioni positive ricevute lo scorso anno al banco d’assaggio di Wine and Siena e mi ricorda anche, per eleganza e finezza di tratto, altri assaggi recenti ben più costosi.

Rosso intenso e vivo, al naso è molto pulito, con sentori floreali, di mora, lavanda, vagamente balsamico/mentolato, accenni di cacao e vaniglia.

L’assaggio è preciso, caratterizzato da bella finezza di tratto, equilibrio ed eleganza, pienezza di gusto, acidità avvolgente e distribuita, tannini levigati. Non teme l’apertura prolungata. Lo riberrei anche subito.


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“Margaux” Grand Cru Classé Château Ferrière 2015

“Margaux” Grand Cru Classé Château Ferrière 2015

Una delle più piccole denominazioni di Margaux. Azienda in conduzione biologico-biodinamica certificata. Fermentazione in cemento (termocontrollata) e affinamento in barrique da 225lt per 18/24 mesi.

Cabernet Sauvignon 66% con saldo Merlot (30% )e Petit Verdot (4%).

Rosso rubino carico, quasi impenetrabile. Al naso apre subito con una girandola di sentori classici della denominazione e del vitigno. Piccoli frutti rossi, in particolare mirtilli e ribes, più vicini alla confettura che al frutto. Violetta, poi qualche leggera nota erbacea di passaggio apre la strada ad una potente carica balsamica. A seguire cacao in purezza e pepe nero di Sichuan. Chiude un delicato accenno legnoso e di torrefazione.

Al palato attacca molto fresco grazie ad un’ottima acidità dinamica che si mantiene viva lungo tutto il sorso, senza tuttavia mai prevaricare. Buon corpo e struttura definita, mai pesante. Tannino educato e setoso, frutta rossa matura, chiusura (non lunghissima) di liquirizia amara, cacao e un accenno di cuoio.

Bordeaux molto classico ed elegante, equilibrato, quasi didattico nostante sia ancora in fase giovanile. Non può che migliorare e definirsi al meglio nei prossimi 3/4 anni, acquisendo a mio avviso quel carattere e quella personalità di cui oggi difetta lievemente. Il rapporto qualità-prezzo non è propriamente eccelso, se confrontato con molti vini italiani della stessa gamma di prezzo, ma con una bella costata alla griglia fa egregiamente il suo mestiere senza mai prevaricare né scansarsi.

Se si possiede la pazienza di attendere qualche anno la valutazione del rapporto prezzo-qualità, considerando che si tratta di un Margaux, potrebbe ribaltare il discorso.

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Trebbiano 2015 – Valentini

Trebbiano 2015

Valentini

Trebbiano d’Abruzzo Doc

Ci ritroviamo di nuovo dopo sei anni dall’ultima volta, allora era l’annata 2010, e la conclusione è questa: il Trebbiano di Valentini è un vino che non somiglia a nessun altro vino.

Al netto di una sottilissima rifermentazione svanita nel tempo trascorso tra il pranzo e la cena, è un vino ricco e composto, non è un vino che spinge, è un vino che si apre a ventaglio e che apre diverse porte percettive, di lunghezza rara e presenza. Fondista e caleidoscopico, meno fresco dell’ultimo bevuto, molto più sapido e materico.

Fermentato e affinato in grandi botti di quercia. Il colore lo definirei “giallo paglierino archetipico”, il bouquet si arricchisce senza sosta e dispiace che la bottiglia non sia durata quanto di solito tento di farle durare a casa. Ricorda la giunchiglia, la pesca tabacchiera, lo zafferano, e fa sovvenire il pensiero della salamoia di olive verdi e il caffe tostato.

Complessità che non abbisogna di sforzi interpretativi. Al palato è un vino di spessore e grande intensità. Materico, avvolgente, molto persistente e sapido, di una sapidità unica e senza paragoni possibili.

Questa bottiglia rimarrà per me quella stappata in casa durante la pandemia e non quella stappata da Romano a Viareggio in una serata indimenticabile, ma nell’albo dei ricordi enoici fanno entrambi grande figura.

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San Leonardo 2008/Capo di Stato 2009

Per una rimpatriata che mancava dall’agosto scorso due magnum per cui non necessitano tante presentazioni e preamboli. Due simboli della viticoltura italiana. San Leonardo 2008 (Vigneti delle Dolomiti IGT) di Tenuta San Leonardo
Capo di Stato 2009 (Colli Trevigiani IGT) di Loredan Gasparini – Venegazzù60% Cabernet Sauvignon, 30% Carmenére, 10% Merlot con affinamento in barrique di primo, secondo e terzo passaggio per San Leonardo10% Cabernet Franc, 70% Cabernet Sauvignon, 15% Merlot, 5% Malbec
18-24 mesi in botti grandi di rovere, per il 30%, in barrique, poi 12 in bottiglia per il Capo di Stato. Arrivano all’appuntamento col cavatappi in modo diametralmente opposto. Un po’ seduto il Capo di Stato, con brillante eleganza San Leonardo. Capo di Stato ci fa pensare, per via del tappo e del colore un po’ opaco, a una bottiglia che ha avuto un trascorso burrascoso.
Il colore è rosso scuro non molto vivo, il bouquet risulta un po’ ristretto a note di cassis, vegetali, e sentori riconducibili al passaggio in legno che appaiono troppo marcati.
Anche il sorso appare un po’ piatto, poco fresco, poco dinamico, sviluppando molto in volume e calore con tannino un po’ sgraziato e finale amaricante. San Leonardo 2008 arriva invece in stato di grazia.
Colore granato molto vivo, finezza e complessità al naso con ricordi di cassis, scorza d’arancia, liquirizia, foglia di the, cacao.
Dietro l’apparenza di un sorso sottile si celano una forza inarrestabile, lunghezza e profondità gustativa, equilibrio, tannino ricamato, ma più di tutto resta impressa l’accelerazione sapida del finale. Martino Baldi, padrone di casa a capotavola lo definì “una bevuta pacificante”. Se ne parla spesso in termini denigratori, dopo questa Magnum mi chiedo il perché.

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