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Saladero 2016/2017 Walter De Battè

Saladero 2016/2017 Walter De Battè

Ci sono vini che ti rapiscono, ti portano via con loro attraversando le terre da cui provengono, riuscendo quasi a fartene vedere le immagini, sentire i profumi e udire i suoni. I vini di Walter De Battè per me sono questo, ed infatti già alcuni anni indietro mi innamorai perdutamente del suo Underwood, che purtroppo oggi non viene più prodotto. Il Saladero, che avete letto bene è prodotto con assemblaggio delle due annate 2016 e 2017 (ad oggi è uscita anche la “seconda annata” 2018/2019), è un vino strepitoso ed emozionante, fuori dagli schemi anche per chi è avvezzo a vini particolari e anticonvenzionali.

Le Cinque Terre

Walter De Battè è un vignaiolo artigiano che coltiva 3.5 ettari nel parco naturale delle Cinque Terre, intorno a Rio Maggiore, con vigne vecchie fino ad 80 anni e pendenze che raggiungono il 70% (per dare un idea dell’eroicità, ha ricostruito 300 mt. di muro a secco con altezza di due metri). Viticoltura e vinificazione assolutamente di impronta non interventista, macerazione sulle bucce per 8 giorni e vinificazione in acciaio alternando vasche aperte e chiuse.

Saladero Walter De Battè

Prodotto in sole 3000 bottiglie, da uve Vermentino e Bosco, con saldo di Marsanne e Roussanne, si presenta in un luminoso vestito giallo d’orato, carico di riflessi ambrati. Al naso sprigiona una complessa energia suadente e vitale di macchia mediterranea, erbe officinali, cera d’api e miele, scorza d’agrume, mineralità calcarea, effluvi iodati. Il sorso è goloso, pieno e dinamico, con un’entrata materica e calda ed una tannicità levigata che avvolge il palato, giocando assieme alle note ossidative. Poi arriva come un’onda di Levante una bellissima spinta di freschezza che pulisce il palato e prepara ad un finale lunghissimo, estremamente sapido, a tratti salato.

È un vino estremamente complesso, cangiante nel calice, e piuttosto sensibile alla temperatura di servizio (che dovrebbe sempre restare fresca ma non troppo fredda per evitare di mortificarlo o viceversa appesantirlo su temperature ambiente). È un “orange wine” atipico, che sfugge alle consuete etichettature, tracciando una strada propria tra sperimentazione e tradizione. Come direbbe Simonetta Lorigliola è un “vino paesaggio”, e restituisce la straordinaria unicità di un territorio come le Cinque Terre, sospeso tra mare, luce, colore, macchia mediterranea e uomini straordinariamente radicati al territorio.

Un vino di carattere

Ho bevuto questo splendido vino insieme ad un amico in un ottimo ristorante a Fiumicino ed ha egregiamente accompagnato un menù a base di pesce piuttosto ricco ed elaborato. Ma se siete fortunati e vi capiterà di berlo, lasciatevene un calice da sorseggiare lentamente da solo, senza se e senza ma. Il prezzo è importante per essere un vino bianco italiano (nonché difficile da reperire) ed onestamente non fatico ad immaginare che qualcuno potrebbe anche rimanerne un pò deluso sulla bilancia del classico rapporto qualità/prezzo. Ma credo che i vini (come le persone) di carattere e personalità, che hanno qualcosa da dire  al di fuori dai consueti binari del comune e dell’ovvio, non possano e non debbano necessariamente essere apprezzati (tanto meno amati) da tutti.

Enonauta/Degustazione di Vino #175 - Saladero 2016/2017 Walter De Battè | È un vino estremamente complesso, cangiante nel calice
Enonauta/Degustazione di Vino #175 - Saladero 2016/2017 Walter De Battè | È un vino estremamente complesso, cangiante nel calice

Saladero 2016/2017 Walter De Battè

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Barolo Albe 2013 – G. D. VAJRA

Barolo Albe 2013 – GD VAJRA

Uve provenienti da tre vigneti nel Comune di Barolo, lunga macerazione e 36 mesi in botte per questo Barolo Albe 2013 dell’azienda Vajra
Portando al naso il calice che lo contiene il pensiero torna a un loro nebbiolo che bevvi un paio d’anni fa, e di cui scrissi (qui), e mi pare di scorgere una continuità, quasi una firma.
Ed è l’attacco olfattivo floreale, pervasivo, che inebria. Seguono sentori di fragolina di bosco, rosa, spezie e radici appena accennate, direi anche lavanda, un tratto terragno. Tutto molto preciso, pulito. Il colore è un bel rosso rubino brillante.
Al palato si fanno notare la verve acida e il tannino ancora mordente che ne fanno un vino molto tattile a questo punto della sua evoluzione in bottiglia. Ha buon corpo, giusto calore, penalizzato un poco nel centrobocca, si conferma però un in fase retrolfattiva dove si ribadiscono le anticipazioni avute al momento dell’impugnare il bicchiere, arricchite da una piacevole rievocazione mentolato/balsamica e da un ritorno fruttato freschissimo. Credo potrà esprimersi al meglio tra qualche anno per quanto già godibile. Mi veniva in principio di dirlo austero, ma ci ripenso sul finale di bottiglia perché non è austero affatto, ma solo ancora animato da irruenza giovanile.
Enonauta/Degustazione di Vino #174 - Barolo Albe 2013 - G. D. VAJRA | Giovane Barolo ancora austero da riprovare
Enonauta/Degustazione di Vino #174 - Barolo Albe 2013 - G. D. VAJRA | Giovane Barolo ancora austero da riprovare

Barolo Albe 2013 – GD VAJRA

Grapes from three vineyards in the municipality of Barolo, long maceration and 36 months in barrel for this Barolo Albe 2013 from the Vajra company
Bringing the glass that contains it to my nose, my thoughts go back to one of their Nebbiolos that I drank a couple of years ago, and about which I wrote (here), and I seem to see a continuity, almost a signature.
And it is the floral, pervasive olfactory attack that inebriates. Followed by hints of wild strawberry, rose, spices and barely mentioned roots, I would also say lavender, an earthy trait. Everything very precise, clean. The color is a beautiful bright ruby ​​red.
On the palate, the acidic verve and the still biting tannin stand out, making it a very tactile wine at this point in its evolution in the bottle. It has good body, the right heat, penalized a little in the mid-mouth, but it confirms a retro-olfactory phase where the anticipations had when holding the glass are reiterated, enriched by a pleasant menthol/balsamic reminiscence and a very fresh fruity return. I believe it will be able to express itself at its best in a few years, although it is already enjoyable. At first I felt like calling it austere, but I think about it again at the end of the bottle because it’s not austere at all, but just still animated by youthful impetuosity.

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Rigaglie E Champagne / Sincretismo Enogastronomico Entusiasmante

Rigaglie e Champagne. La Rigaglia a Pistoia è quasi un Culto. Così come lo Champagne è oggetto di devozione planetaria. Talvolta si incontrano in questo lembo di Toscana e da questo incontro scaturiscono celebrazioni all’insegna della gioia di vivere, dell’amicizia e della condivisione. Una forma di sincretismo enogastronomico dai risultati sorprendenti. 

Per questa serata si era deciso di accostare alle trippe solo lo Champagne, ma alla fine sono saltati fuori alcuni intrusi di ottima qualità. 

Lampredotto / Centopelli / Trippa / Lingua

Il menù prevedeva le seguenti portate:
Lampredotto lesso risaltato in padella/Minestra di Centopelli/Trippa al forno con patate/Lingua bollita con salsa verde

Non perché il cuoco in questo caso fossi io, che non nascondo i fallimenti e gli esperimenti poco felici, ma i piatti erano decisamente ben riusciti. Compresa la trippa al forno con cui mi cimentavo per la prima volta.

Ci siamo bevuti i seguenti vini:
Pouilly Fume 2020 Jean Pabiot
Klabian Malvasia Black Label 2016
Champagne Prisme 2015 Guiborat
Louis Roederer Collection 242
Champagne Brut Platine Maillart
Barbaresco Montestefano 2014 Rivella
Primitivo di Manduria Librante 2018 Luca Attanasio

Nelle serate estremamente ricreative il racconto si fa a memoria andando a ripescare note immateriali vergate su un blocchetto immaginario mentre giustamente ci si gode la compagnia degli amici. Non può che essere dunque approssimativo e sommario.

Pouilly Fume 2020 di Jean Pabiot

è stato aperto per accompagnare le ultime fasi di preparazione e le iniziali di impiattamento. Buono, preciso, sull’agrume, fiori bianchi, appena erbaceo, mela, sorso fresco, ma anche di spessore e persistente. Ottimo rapporto q/p. 

Pouilly Fume 2020 di Jean Pabiot

Prisme 15 di Guiborat – Rigaglie e Champagne

(Chardonnay) ha un perlage tra i più possenti mai sperimentati, spara crema di limoni, tropicalità, crosta di pane, floreale, al palato risulta molto fresco e diretto, verticale e affilato, mi è parso un po’ monolitico e graffiante. 

Enonauta/Degustazione di Vino #167/173 - Rigaglie E Champagne / Sincretismo Enogastronomico Entusiasmante | Due oggetti di Devozione
Champagne Prisme 15 Guiborat

Louis Roederer Collection 242 – Rigaglie e Champagne

(Pinot nero, meunier e chardonnay con vino di riserva di diverse annate) spicca per eleganza, equilibrio, per la potenza misurata con cui si apre nel bicchiere. Uno champagne la cui genesi è un po’ complicata da spiegare e anche da capire. All’assaggio però lo si può definire immediato. Naso caleidoscopico e espansivo, nocciola, frutta passita, arancia candita, coi minuti mostra una personalità cangiante e vira sullo zenzero, l’uva sultanina. Perlage fino, sorso setoso e ricco con bella persistenza. Dura poco, alla fine lascia un bel sentimento. 

Enonauta/Degustazione di Vino #167/173 - Rigaglie E Champagne / Sincretismo Enogastronomico Entusiasmante | Due oggetti di Devozione
Louis Roederer Collection 242

Maillart Platine – Rigaglie e Champagne

risulta essere il più “vino” dei tre, di gusto pieno, bolla cremosa, ha consistenza,  ricordi fruttati prima che  di lievito e di pasticceria, di spezie, più secco degli altri, con una bella coda sapida. 

Enonauta/Degustazione di Vino #167/173 - Rigaglie E Champagne / Sincretismo Enogastronomico Entusiasmante | Due oggetti di Devozione
Maillart Platine

Malvasia Black Label di Klabian 2016

è un bianco macerato di grande qualità, espressivo e non piallato dalla tecnica di vinificazione, più intenso al palato che profumato, flessuoso, sapido, a tratti opulento. Profumi che ricordano fiori come l’elicriso, erbe aromatiche, albicocca disidratata, il Cappero secco. 

Malvasia Black Label 2016 Klabjan

Barbaresco Montestefano 2014 di Rivella

è un capolavoro che mette insieme rigore e piacevolezza. Anguria, genziana, rosa. Esordio fresco e poi un allungo infinito tutto sul frutto gentile, solo leggermente speziato sul finale, con un tannino fitto e preciso che lascia riemergere l’identità di questo vino nel lunghissimo finale. 

Barbaresco Montestefano 2014 Rivella

Librante 2018 di Luca Attanasio

è un Primitivo di grande sostanza, vino intenso, concentrato, profumato di prugna, mora, spezie dolci, tabacco, che al palato è però definito, senza sbavature, dotato di una freschezza viva che anima questa grande materia e questo alcool non indifferente.

Librante 2018 Luca Attanasio

I bicchieri Zalto che il padrone di casa mette a disposizione degli amici dimostrando fiducia nelle capacità psicofisiche dei presenti, e di questo gliene saremo per sempre grati, arricchiscono la serata. 

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Chianti Classico 2018 – Podere Pruneto

Chianti Classico 2018 – Podere Pruneto Volpaia – Radda in Chianti

Ecco un vino che ho trovato entusiasmante. Per il fatto di essere un Sangiovese di carattere, per il fatto di essere un vino in cui con pochi tratti precisi, semplici, ben delineati, si compone un quadro complessivo di piacevolezza, definizione, tipicità. Si tratta del Chianti Classico, davvero classico, 2018 di Podere Pruneto da Volpaia (Radda in Chianti). Sangiovese, non c’è più la piccola percentuale di Merlot che andava a completare questo vino nel recente passato, coltivato in uno dei più vocati tra i luoghi vocati alla coltivazione del Sangiovese. Vinificato in cemento e poi invecchiato in botte grande, declinato in essenzialità, come ebbi brevemente occasione di raccontare qui, ma anche un vino ricco di profumi e dotato di intensità di gusto. Il colore è chiaro e splendente, il profilo olfattivo è tra i più fedeli, ricchi ed espressivi tra gli omologhi assaggiati nell’ultimo anno. C’è una marasca persuasiva, il ribes rosso, la viola, l’arancia sanguinella, ricordi di lavanda e altre erbe/radici, un tenue tratto ematico. Il sorso è animato da freschezza diffusa, di corpo asciutto, c’è molta energia e la bocca si riempie di frutto gentile e giustamente maturo, il tannino è rinfrescante, finale ancora sul frutto e di apprezzabile lunghezza.

Da non trascurare il prezzo e la bellezza dell’etichetta che, pur non aggiungendo e togliendo niente alla qualità del vino, io trovo unica e con la particolarità di aver anticipato l’introduzione delle UGA ponendo in evidenza la parola RADDA.

Enonauta/Degustazione di Vino #165 - Chianti Classico 2018 - Podere Pruneto |  Sangiovese di Carattere da Volpaia/Radda in Chianti
Chianti Classico / Podere Pruneto
Enonauta/Degustazione di Vino #165 - Chianti Classico 2018 - Podere Pruneto |  Sangiovese di Carattere da Volpaia/Radda in Chianti
Enonauta/Degustazione di Vino #165 - Chianti Classico 2018 - Podere Pruneto |  Sangiovese di Carattere da Volpaia/Radda in Chianti
Enonauta/Degustazione di Vino #165 - La Famiglia Lanza
La Famiglia Lanza di Podere Pruneto
Podere Pruneto / Radda in Chianti
Podere Pruneto / Radda in Chianti

Chianti Classico 2018 – Podere Pruneto Volpaia – Radda in Chianti

Here is a wine that I found exciting. For the fact of being a Sangiovese with character, for the fact of being a wine in which with a few precise, simple, well-defined traits, an overall picture of pleasantness, definition and typicality is composed. This is the truly classic Chianti Classico 2018 from Podere Pruneto da Volpaia (Radda in Chianti). Sangiovese, there is no longer the small percentage of Merlot that completed this wine in the recent past, grown in one of the most suitable places for the cultivation of Sangiovese. Vinified in concrete and then aged in large barrels, expressed in essentiality, as I briefly had the opportunity to tell here, but also a wine rich in aromas and with an intensity of taste. The color is clear and bright, the olfactory profile is among the most faithful, rich and expressive of the counterparts tasted in the last year. There is a persuasive morello cherry, red currant, violet, blood orange, memories of lavender and other herbs/roots, a faint hint of blood. The sip is animated by widespread freshness, dry body, there is a lot of energy and the mouth is filled with gentle and properly ripe fruit, the tannin is refreshing, still on the fruit finish and of appreciable length.

Not to be overlooked is the price and the beauty of the label which, while not adding or subtracting anything from the quality of the wine, I find unique and with the particularity of having anticipated the introduction of the UGA by highlighting the word RADDA.

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Fiano di Avellino 2018 – Guido Marsella

Fiano di Avellino 2018 – Guido Marsella

Ho stappato svariate bottiglie di Fiano negli ultimi mesi, sempre per scopi educativi s’intende, e alla fine è diventato il mio bianco preferito del 2021. Come nella serata documentata.

Una Serata a base di Fiano
Una Serata a base di Fiano

Quest’ultima bottiglia di Guido Marsella mi ha definitivamente convinto e si e distinta dalle altre che ho stappato per una più spiccata freschezza, una acidità più fluente e un equilibrio più marcato. Vinificazione e affinamento sulle fecce  in acciaio. A Summonte (AV). Il colore è giallo intenso brillante. Fragranze floreali di narciso, melone bianco, pesca, appena citrino, ricordi di pietra bagnata. Al palato è ricco, intenso, di spessore, eppure risulta anche mobile, dinamico, incisivo, in virtù di una acidità diffusa, ma mai preponderante. Un bel finale che riporta al frutto e allo zafferano. Vino che alla fine dell’ultimo bicchiere proietta il pensiero sulla prossima bottiglia stappata tra 4/5 anni. Da non sottovalutare l’ottimo rapporto soddisfazione/prezzo.

Enonauta/Degustazione di Vino #164 - Fiano di Avellino 2018 - Guido Marsella |  Spessore, vitalità, grandi prospettive davanti.
FIANO 2018 Guido Marsella
Enonauta/Degustazione di Vino #164 - Fiano di Avellino 2018 - Guido Marsella |  Spessore, vitalità, grandi prospettive davanti.
Fiano 2018 Guido Marsella

Fiano di Avellino 2018 – Guido Marsella

I have uncorked several bottles of Fiano in the last few months, always for educational purposes of course, and in the end it has become my favorite white of 2021. This last bottle of Guido Marsella has definitely convinced me and has stood out from the others I have uncorked for a more marked freshness, a more flowing acidity and a more marked balance. Vinification and aging on the lees in steel. In Summonte (AV). The color is bright intense yellow. Floral fragrances of narcissus, white melon, peach, slightly citrine, memories of wet stone. On the palate it is rich, intense, thick, yet it is also mobile, dynamic, incisive, by virtue of a widespread, but never predominant, acidity. A nice finish that brings back the fruit and saffron. A wine that at the end of the last glass projects the thought onto the next bottle uncorked in 4/5 years. The excellent satisfaction/price ratio should not be underestimated.

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Grignolino Bricco del Bosco 2020 – Accornero

Grignolino Bricco del Bosco 2020
Accornero
Grignolino del Monferrato Casalese doc

Tra i vini che raccontano della possibilità di bere bene a dispetto del prezzo e di un vitigno d’origine ingiustamente poco considerato, anche se esistono alcuni porti sicuri e Accornero è certo uno di questi, c’è questo Grignolino Bricco del Bosco 2020 dell’azienda Accornero di Vignale Monferrato. Che si può definire tra le aziende più in vista tra quelle che bene operano nella promozione del territorio e dei suoi , talvolta ingiustamente bistrattati, vitigni.
 
Un vino lineare a cui non manca niente, caratterizzato da compatta e precisa semplicità.
Rubino molto chiaro, nitido e preciso al naso con sentori floreali, di frutto di bosco, lievemente speziato. 
Al palato è secco, snello, ben definito, con agile  freschezza, intensità di gusto, tannini di buona fattura, per una bevuta che è si facile, ma non evanescente. Nel finale sul frutto si rievocano anche le erbe mediche. 
Da tutto pasto con pietanze di terra.

Enonauta/Degustazione di Vino #163 - Grignolino Bricco del Bosco 2020 - Accornero  | Un vino lineare a cui non manca niente, caratterizzato da compatta e precisa semplicità
Enonauta/Degustazione di Vino #163 - Grignolino Bricco del Bosco 2020 - Accornero  | Un vino lineare a cui non manca niente, caratterizzato da compatta e precisa semplicità
Enonauta/Degustazione di Vino #163 - Grignolino Bricco del Bosco 2020 - Accornero  | Un vino lineare a cui non manca niente, caratterizzato da compatta e precisa semplicità

Grignolino Bricco del Bosco 2020
Accornero
Grignolino del Monferrato Casalese doc

Among the wines that tell of the possibility of drinking well despite the price and of an unjustly little considered grape variety of origin, even if there are some safe havens and Accornero is certainly one of these, there is this Grignolino Bricco del Bosco 2020 from Accornero company of Vignale Monferrato. Which can be defined as one of the most prominent companies among those that work well in promoting the territory and its, sometimes unfairly mistreated, vines.

A linear wine that lacks nothing, characterized by compact and precise simplicity.
Very light ruby, clear and precise on the nose with floral and berry scents, slightly spicy.
On the palate it is dry, slim, well defined, with agile freshness, intensity of taste, well-made tannins, for a drink that is easy, but not evanescent. In the finish, the fruit also evokes medical herbs.
For any meal with earthy dishes.

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Châteaux Siran 2016 – Margaux

CHÂTEAU SIRAN 2016 – MARGAUX

Domenica ore 15.00: apro una mezzetta di Bordeaux (con un pò di pane e salame) perché fuori piove, sono annoiato e non c’è nemmeno il campionato a lenire il torpore. Si tratta di Château Siran, storico produttore situato nella parte più a sud della denominazione Margaux. L’azienda dispone di 88 ettari di terreno di cui solo 25 pienamente vitati (dal 2020 il 10% è in regime biologico) con certificazione di attenzione alla biodiversità e vigne di una età media di 30 anni. L’attuale consulente enologo è Hubert De Bouard di Château Angelus, dopo essere passati tra i tanti nomi anche per il guru dell’enologia francese “interventista”, Michel Rolland (1995-2004).

La 2016 è stata una grandissima annata, benedetta dalla pioggia di settembre che pone fine allo stress idrico dovuto ad una estate molto arida. Blend al 46% Merlot, 40% Cabernet Sauvignon, 13% Petit Verdot and 1% Cabernet Franc (spicca la presenza relativamente alta di Petit Verdot). Fermentazione in acciaio e malolattica in barrique (di cui il 35% nuove), dove rimane per 12 mesi.

Il vino si presenta nel calice con un rosso rubino carico e quasi impenetrabile ma con un’unghia lucente e vivivissima. Naso complesso, dove prevalgono cassis e prugna, pepe nero, sottobosco, poi cuoio, un accenno di vaniglia bourbon e note boisé non troppo marcate. L’assaggio è morbido in entrata, secco, caldo e avvolgente. L’acidità è spiccata e vibrante ma non esasperata, i tannini sono vivaci ma non acerbi, anzi già ben integrati, così come l’alcool che non prevarica minimanente. Il sorso è pieno, corposo, persistente, e con un centrobocca decisamente gratificante. Finale molto lungo e piacevolmente amaricante.

Per chi non ha mai bevuto un Margaux, e vuole togliersi lo sfizio, questo Siran 2016 potrebbe essere un bel trampolino di lancio nel vasto e complesso mondo del Medoc. Annata eccellente, bevuta in una fase “adolescenziale” che definirei comunque serena e con un raggiante futuro. È un vino elegante e molto equilibrato, anche immedito se si vuole, di facile e buona beva. Non ha certamente la complessità aromatica, l’estrema eleganza, la potenza e la dinamica continuamente cangiante dei grandissimi Bordeaux di Margaux (o Pauillac), per i quali bisogna essere però disposti a pagare cifre ben più ingenti del vino di cui si racconta.

È un vino che ricomprerei senza indugio: piccola bottiglia-piccolo prezzo-grande piacere. Ed ha anche smesso di piovere.

Enonauta/Degustazione di Vino #162 - CHÂTEAU SIRAN 2016 - MARGAUX  | Bordeaux valido di prezzo accessibile
Enonauta/Degustazione di Vino #162 - CHÂTEAU SIRAN 2016 - MARGAUX  | Bordeaux valido di prezzo accessibile
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Un tranquillo mercoledì sera coi vini di GAJA

UN TRANQUILLO MERCOLEDÌ SERA CON DEGUSTAZIONE VINI DI GAJA

Per iniziare alcune note a margine di un tranquillo mercoledì trasformato in una base enomissilistica da una Degustazione Vini Gaja. Notissima, quasi inutile dirlo, azienda di Barbaresco.

Il tempo è inesorabile ed equo. Aggiunge elementi di valutazione impagabili che depotenziano molti discorsi sul vino, sul suo valore, sulla costruzione del consenso intorno ad esso, specialmente quelli fatti a priori.

Essere in una società di bevitori è fondamentale. Si migliora confrontandosi, si socializzano spese talvolta insostenibili, ci sono molte cantine a disposizione, la rete di ricerca (quello che ad esempio ha permesso questa serata) è ramificata.

C’erano dunque sul tavolo due vini iconici. Iconici e non solo iconici.

Gaja Sorì Tildin 1996
Gaja Sorì San Lorenzo 1996

Pare che il 1996 sia stato un anno buono nelle Langhe. Questo accresce le già alte aspettative.

Si parte con Sorì Tildin

Sorì Tildin è un vino che sembra aver imboccato elegantenente il viale del tramonto. Superato sicuramente il momento di massimo splendore, probabilmente nel 2015 avrebbe fatto più figura, sta sulla prima parte della discesa.
Colore granato chiaro, il naso è ampio con ricordi di frutta sotto spirito, prugna secca, rimandi eterei, salamoia di oliva, un nota fumosa che con i minuti di trasforma in caffè macinato, rosmarino, cipria. Sensazioni perlopiù condivise dai sei presenti a tavola.

Il sorso è fresco, il tannino è quasi completamente dissolto, forse un po’ esile, ma offre i suoi ultimi lampi fruttati con essenziale forza ed è sapido, profondo. La persistenza è ben oltre la media e sul finale si rievocano il dattero, la polvere di caffè, l’erba aromatica. La gradazione moderata agevola la bevuta.
Elegante maturità, ma era meglio arrivare prima.

Sorì San Lorenzo pare aver avuto un trascorso diverso in questi venti anni circa di bottiglia passati tutti accanto all’altra nella solita cantina.
Quello che si può immaginare come un vino al vertice della curva evolutiva è esattamente questo. Un vino ancora fruttato in cui tutti gli elementi tattili convergono verso un equilibrio quasi esatto.
Il colore tende ancora al rubino, limpido, di piacevolezza immediata che non necessita sforzi di interpretazione. Al naso melograno e spezie, foglia di the e erbe aromatiche, una fruttuosità che lascia di stucco tra note terziarie discrete.
Al palato risulta fresco, stratificato, acidità ampia e distribuita, di rara finezza ed espressività. Un tannino che dà rilievo al sorso come un ricamo tono su tono, c’è levità e intensità di gusto. Il finale chiude un cerchio e si torna al melograno. Un vino dove tutto sembra aver concorso per 25 lunghi anni per arrivare esattamente a creare questo momento di equilibrio assoluto.

Bottiglia memorabile senza esagerazioni.

Enonauta/Degustazione di Vino #160/161 - Gaja Sorì Tildin 1996/Gaja Sorì San Lorenzo 1996  | Una serata irripetibile con due Gaja 1996

A QUIET WEDNESDAY EVENING WITH GAJA WINE TASTING (degustazione vini Gaja)

Gaja Sorì Tildin 1996

Gaja Sorì San Lorenzo 1996

To begin, some side notes on a quiet Wednesday transformed into an enomissile base by a Gaja Wine Tasting. Very well-known, almost needless to say, company from Barbaresco.

Time is inexorable and fair. It adds priceless elements of evaluation that weaken many discussions on wine, on its value, on the construction of consensus around it, especially those made a priori.

Being in a drinking society is essential. You improve by comparing, you socialize at sometimes unsustainable expenses, there are many wineries available, the research network (which for example made this evening possible) is branched out.

There were therefore two iconic wines on the table. Iconic and not just iconic.

Gaja Sorì Tildin 1996
Gaja Sorì San Lorenzo 1996

It seems that 1996 was a good year in the Langhe. This increases the already high expectations.

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Chianti Classico 2016 – Le Masse di Lamole

Chianti Classico 2016 – Le Masse di Lamole

A un chilometro circa dall’abitato di Lamole, sul punto altimetricamente più rilevante della zona, si trova il borgo da cui la cantina prende il nome. A conduzione familiare, vini identitari, tradizionali, caratterizzati da franchezza espressiva e che sovente mi capita di bere e sempre con soddisfazione. Cantina che ho avuto la fortuna di visitare più volte apprezzando la schietta e discreta ospitalità dei proprietari Annamaria e Giuliano.
Sangiovese. Acciaio e invecchiamento in botti di castagno. Colore rubino di media intensità. Al naso l’arancia è predominante, poi seguono la marasca, l’iris, anice, in bocca freschissimo, lungo, di corpo snello, ma di forza nervosa e con tannini vitali e fruttuosità per un sorso definito e appagante. Finale coerente su arancia e marasca.
Vino di carattere per veri amanti del Sangiovese.
A fine bottiglia ho la sensazione che a Le Masse di Lamole con questo 2016 abbiano prodotto la loro personale migliore interpretazione del Sangiovese.

Enonauta/Degustazione di Vino #159 - Chianti Classico 2016 - Le Masse di Lamole  | Il più alto e profumato di tutti i Chianti Classico
Enonauta/Degustazione di Vino #159 - Chianti Classico 2016 - Le Masse di Lamole  | Il più alto e profumato di tutti i Chianti Classico

Chianti Classico 2016 – Le Masse di Lamole

About one kilometer from the town of Lamole, on the highest altitude point in the area, is the village from which the winery takes its name. Family run, identity-producing, traditional wines, characterized by expressive frankness and which I often drink and always with satisfaction. A winery that I have been lucky enough to visit several times, appreciating the frank and discreet hospitality of the owners Annamaria and Giuliano.
Sangiovese. Steel and aging in chestnut barrels. Medium intensity ruby ​​colour. On the nose, orange is predominant, then followed by morello cherry, iris, anise, very fresh in the mouth, long, with a slim body, but with nervous strength and vital tannins and fruitiness for a defined and satisfying sip. Coherent finish on orange and morello cherry.
Wine of character for true Sangiovese lovers.
At the end of the bottle I have the feeling that Le Masse di Lamole with this 2016 have produced their personal best interpretation of Sangiovese.

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Les Enfers 2019 – Mathieu Cosme

Les Enfers Mathieu Cosme 2019
Chenin Blanc/Vouvray/Loira

5 generazioni di vignaioli

Les Enfers Mathieu Cosme a Noizay, paese nella zona sud est di Vouvray, è alla quinta generazione di vignaioli. Domaine condotto in regime biologico-biodinamico dal 2010 (certificato bio nel 2014) con un profilo di basso intervento in vigna come in cantina. La vigna Les Enfers, che dona il nome a questo Chenin Blanc (qui un approfondimento) in purezza, è situata nella “Première Côte” di Vouvray. Esposizione a sud, microclima particolarmente privilegiato e caldo che d’estate diviene appunto un “inferno”, come racconta Cosme. Terreno argillo-calcareo, vigne di 40 anni con lavorazione esclusivamente manuale e con il solo utilizzo del cavallo. Fermentazione spontanea in botti da 400l, dove il vino rimane per 12 mesi.

Giallo paglierino carico con riflessi dorati, al naso si presenta esplosivo ed ampio, con frutta gialla matura, accenni di frutta esotica, fiori bianchi, leggere note di marzapane. Il sorso è coerente, molto morbido e caldo, di grande corpo e struttura. Si espande al palato con densità e potenza, un accenno piacevole di dolcezza, molto sapore. A queste sensazioni appaganti di sfericità e impatto materico, si aggiunge la proverbiale freschezza del vitigno, che insieme ad una buona vena minerale-sapida, riequilibrano il sorso che rimane molto lungo e gratificante.

Les Enfers è stata per me è stata una scoperta inaspettata e a dir poco gradita. Bevuto al calice in un enoteca, ho acquistata subito dopo la bottiglia della quale vi sto scrivendo. Si tratta di un grande Chenin Blanc, di rara potenza, generoso e solare, il quale riesce a mantenersi sui binari dell’equilibrio grazie alla buona acidità e mineralità che intervengono in aiuto del sorso, come l’ABS nelle frenate d’emergenza. Non si tratta quindi di uno di quegli Chenin Blanc della Loira tutto acidità sferzante e sapidità, e la bevibilità (che pur ritengo buona) non è certo la migliore caratteristiche di questo vino. Anche se lo Chenin Blanc generalmente invecchia bene, personalmente eviterei di berlo più in là di 3/4 anni dalla vendemmia, potrebbe appesantirsi col tempo.

Il rapporto qualità-prezzo è nella media, ma a mio avviso vale la pena cercarlo a scaffale. Si può abbinare con felicità a piatti di pesce saporiti e conditi, pietanze a base di carne bianca, formaggi stagionati ed erborinati e molto altro ancora. Io, ad esempio, l’ho bevuto con passione insieme ad un hamburger di manzo fatto i casa, farcito con radicchio, gorgonzola e ‘nduja.

Enonauta/Degustazione di Vino #158 - Les Enfers  2019 - Mathieu Cosme  | Mathieu Cosme a Noizay, paese nella zona sud est di Vouvray, è alla quinta generazione di vignaioli

Les Enfers Mathieu Cosme 2019
Chenin Blanc/Vouvray/Loire

5 generations of winemakers

Mathieu Cosme in Noizay, a town in the south-east of Vouvray, is in his fifth generation of winemakers. Domaine managed in an organic-biodynamic regime since 2010 (certified organic in 2014) with a low intervention profile in the vineyard and in the cellar. The Les Enfers vineyard, which gives its name to this pure Chenin Blanc, is located in the “Première Côte” of Vouvray. Southern exposure, particularly privileged and hot microclimate which in summer becomes a “hell”, as Cosme says. Clay-limestone soil, 40-year-old vineyards with exclusively manual processing and the sole use of horses. Spontaneous fermentation in 400l barrels, where the wine remains for 12 months.

Deep straw yellow with golden reflections, the nose is explosive and broad, with ripe yellow fruit, hints of exotic fruit, white flowers, light notes of marzipan. The sip is coherent, very soft and warm, with great body and structure. It expands on the palate with density and power, a pleasant hint of sweetness, lots of flavor. To these satisfying sensations of sphericity and material impact, is added the proverbial freshness of the vine, which together with a good mineral-savory vein, rebalance the sip which remains very long and rewarding.

Les Enfers was an unexpected and pleasant discovery for me. Drank by the glass in a wine shop, I immediately purchased the bottle I’m writing to you about. It is a great Chenin Blanc, of rare power, generous and sunny, which manages to stay on the tracks of balance thanks to the good acidity and minerality which intervene to help the sip, like the ABS in emergency braking. It is therefore not one of those Chenin Blancs from the Loire that is all lashing acidity and flavour, and the drinkability (which I think is good) is certainly not the best characteristic of this wine. Even though Chenin Blanc generally ages well, personally I would avoid drinking it more than 3/4 years after the harvest, as it could become heavier over time.

The quality-price ratio is average, but in my opinion it is worth looking for on the shelf. It can be happily paired with tasty and seasoned fish dishes, white meat dishes, mature and blue cheeses and much more. I, for example, drank it with passion together with a home-made beef burger, stuffed with radicchio, gorgonzola and ‘nduja.

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