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back to the wine 2023 a Venezia – qualche impressione

Back to the Wine (https://www.backtothewine.com/) per me resterà sempre legato a quella prima e unica volta che nel 2017 tentai, senza successo, di raggiungere Faenza in automobile.

Back to  the Wine 2023 a Venezia
Back to the Wine a Venezia

A Pistoia sembrava, anzi era, una tranquilla giornata autunnale con tempo bello e decisi quindi di raggiungere la Faentina a Borgo San Lorenzo per arrivare poi a Faenza. A Barberino comincia a pioviscolare. A Borgo San Lorenzo a nevischiare. Nell’abitato di Ronta nevica forte e appena usciti dal paese, fatte tre curve, c’è una tempesta di neve. Si possono avvistare le prime auto adagiate a bordo strada, contro il guard rail e presto la mia Skoda Fabia wagon smette di salire e comincia invece a pattinare all’indietro. A quel punto cerco di intraversarla e per pura fortuna l’auto fa una rotazione di 180 gradi e mi ritrovo in discesa. Metto la prima e me ne torno a casa. Non avendo mai potuto vivere la location di Faenza non posso fare paragoni, ma certo il Terminal 103 di Venezia è un luogo adatto a una giornata di degustazioni. Luminoso, suggestivo, raggiungibile comodamente in treno senza doversi inerpicare lungo le pericolose tratte appenniniche in mezzo alle tormente di neve.

Back to  the Wine 2023 a Venezia 
Gaspare Buscemi
Gaspare Buscemi a Back to the Wine

A fronte di alcune perle assaggiate come Alture Bianco 2021 di Gaspare Buscemi da cui abbiamo raccolto una formativa introduzione al come andrebbe e non andrebbe fatto il vino, il Catarratto di Francesco Guccione, gli ottimi vini proposti da Monteversa, il Pallagrello Bianco di Alepa, i sempre sorprendenti vini di Corte Sant’Alda di Mariella Camerani (ne parlai qui), non posso omettere di aver bevuto un buon numero di vini imbarazzanti, di quei vini che che spesso ironicamente chiamo VINI-CILICIO, e più seriamente VINI IDEOLOGICI. Vini certamente frutto di una agricoltura ragionevole e di un fare artigianale, ma che in molti casi mi sono sembrati vini esageratamente disarmonici e sgangherati, non vini espressione di territorio e sapere strutturato in cui la gestione di certi elementi limite finiscono per donare carattere ed espressività. Bensì vini approssimativi.

Back to  the Wine 2023 a Venezia 
Francesco Guccione
Francesco Guccione a Back to the wine

Vini che per essere apprezzati necessitano di un grande sforzo di considerazione delle metodiche di produzione fino all’apprezzamento delle metodiche stesse più che le caratteristiche manifeste del vino. Metodiche che al pari degli elementi narrativi, lo storytelling, che spesso peraltro rimestano concetti in modo un po’ confuso, il terroir e la territorialità su tutti, per quanto mi riguarda non riescono ad essere un plusvalore o un incentivo ad apprezzare maggiormente un vino aldilà della sua piacevolezza e della sua buona esecuzione.

Montevesa a Back to the Wine con Enonauta (Simone Molinaroli)

Non che voglia consigliare un miglioramento su questo aspetto, non penso che questo miglioramento ipotetico interessi e penso invece che ormai ci siano scelte radicalmente ideologiche che non tengono più di conto il risultato finale del processo di creazione di un vino e mi permetto di fare questa notazione personale soltanto perché l’incidenza statistica di certe espressioni non si poteva certo ignorare.

Back to  the Wine 2023 a Venezia
Monteversa a Back to the Wine

Mi sento di chiudere con un rimando al manifesto di Viniveri sottoscritto da Sangiorgi e Vodopivec che con ferma e limpida precisione tratteggia l’equivoco di fondo che consente di proporre al pubblico vini per cui le parole genuino e artigianale finiscono per essere un paravento che occulta in realtà sciattezza e autoindulgenza.

Back to  the Wine 2023 a Venezia
Back to the Wine 2023 a Venezia
Back to  the Wine 2023 a Venezia
Back to the Wine 2023 a Venezia

Le fotografie nell’articolo sono di Dario Agostini

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Sine Felle Ambrato 2019 – Podere Casaccia

Sine Felle Ambrato 2019 – Moretti Podere Casaccia

Ultimo della trilogia Orange di metà agosto anche se temporalmente il primo stappato e probabilmente il più Orange di tutti.
Un maceratissimo, un supermacerato. Qui si parla di nove mesi a contatto con le bucce, nessuna aggiunta, nessuna pratica, più un anno in barrique per questo assemblaggio di uve tradizionali toscane. Vermentino, trebbiano e Malvasia. Dalle colline sopra Scandicci (FI).

Non è un vino per tutti. Perché è un vino d’impatto, dalla personalità particolare e che per certi versi travalica l’orizzonte espressivo degli Orange Wine.
Il colore è effettivamente ambrato. Senza residui/opalescenza.
Mette insieme reminiscenze tipiche della categoria come il miele aromatico, la frutta disidratata, note di smalto/resine, con altre come la passiflora, lo sfalcio di erba medica, la scorza di agrume che non è così comune incontrare.

Palato pieno, di struttura, sorso giocato in buona parte su una paradossale contrapposizione tra le evidenti asperità che porta in dote, trama tannica netta, rugosità, una certa pungenza, e una amichevole morbida dolcezza di fondo. Ha lunga coda sapida dove si rievocano spezie e frutto

21 euro in enoteca che rispenderei volentieri.





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Bianco alla Marta 2021 – Buondonno

Bianco alla Marta 2021 – Buondonno

Ultimo di una trilogia di vini cosiddetti “Orange” che mi sono trovato ad assaggiare in rapida sequenza. Categoria, quella degli Orange, di cui sono un semiappassionato, nel senso che alcuni mi piacciono molto e altri sinceramente mi sembrano un inno all’approssimazione.

Questo bianco da Trebbiano di Gabriele Buondonno da Castellina in Chianti su idea della figlia Marta è uno dei miei preferiti (qui una precedente nota sul 2015). Non saprei nemmeno se in base ai canoni con cui si definisce un Orange Wine potrebbe essere considerato tale. Comunque lo trovo in carta in uno dei ristoranti più remoti, ma da tenere presente per gli amanti della cucina tradizionale, della Toscana (la Buca di Baldabò a Vico Pancellorum) e non me lo lascio scappare.

Fermenta per 10 giorni sulle bucce e poi affina in legno piegato a vapore per un anno
Ambra di lucentezza unica. Ricordi di fico e uva sultanina, narciso, zenzero, mela opal. Preciso e pulitissimo.
Secco e incisivo, centrato, con acidità fluida, splendida consistenza e ottimi sviluppo di gusto e persistenza.
Già buono, ma vorrei provarlo ancora tra qualche anno.

In abbinamento perfetto con la cucina tradizionale del ristorante, in special modo con le tagliatelle con ragù bianco al coltello.

Bianco alla Marta 2021 – Buondonno

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Esegesi 2018 – Eugenio Rosi

Esegesi 2018 – Eugenio Rosi / Vallagarina IGT

Sono ormai più di dieci anni che bevo i vini di Eugenio Rosi, da quando a me e ad alcuni amici fu consigliato dal sommelier dell’Osteria del Pettirosso di Rovereto (https://osteriadelpettirosso.it/) , e in questi anni ho notato una progressione continua. Le volte che mi sono trovato ai banchi d’assaggio ho sperimentate qualità e piacevolezza sempre più evidenti nei vini proposti dalla cantina di Volàno (TN). 

Torno a stappare quindi Esegesi di Eugenio Rosi durante una vacanza in Trentino-Alto Adige dopo il 2016 bevuto a Malga Cere. (Link sotto)

Cabernet Sauvignon 80% e Merlot 20%, vino artigianale con invecchiamento di 24 mesi in legni di varia dimensione e cemento. 

Scuro e Impenetrabile, estroverso al naso con sentori prevalentemente fruttati, prima la prugna e poi la creme de cassis, la mora, estroverso e intenso, una speziatura fine, ricordi di humus, cacao, eterei/balsamici. 

In bocca ha uno sviluppo coerente. Caldo, spaziale, acidità calibrata, centrobocca avvincente e pieno di energia, tannini perentori, ma senza ruvidità, un finale quasi da leggenda dove il frutto a piena maturazione torna e ritorna e in cui si ha il tempo di riflettere sul fatto che forse il vino è un po’ troppo alcolico, ma mentre rifletti il finale non finisce e la persistenza non si può contare in secondi e nessuna riflessione  sembra  avere più rilevanza. 

Vino ottimo. Buona l’accoppiata con la polenta con porcini in rosso, ma si poteva fare meglio. 

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UNA GIORNATA A Cerea per VINIVERI 2023

UNA GIORNATA A Cerea per VINIVERI 2023

La giornata a ViniVeri è una delle mie preferite nel Calendario del Vinomane/Winewriter. Anzi, forse è la mia preferita. E continua a essere la mia preferita, alla pari con gli eventi organizzati da L’Acquabuona (https://www.acquabuona.it/), anche dopo aver frequentato negli anni una miriade di festival, fiere, esposizioni, etc.
E il motivo è semplice, come spesso è ciò che ti convince e soddisfa. Lo spazio e l’atmosfera.

Viniveri è forse l’occasione in cui si riescono a scambiare il maggior numero di parole col prossimo. In cui si riesce a bere/degustare senza l’incombente presenza fisica di migliaia di altre persone, a camminare liberi, a respirare, a riflettere il tempo necessario su quanto si è appena bevuto. E da quest’anno con un nuovo spazio espositivo e uno spazio ristoro di buon livello.

Per cosa ricorderemo Viniveri Cerea 2023?

Sicuramente ci sono le conferme di quanto di buono assaggiato ad Assisi.
Ne abbiamo scritto qui: https://wp.me/pavwJ6-T3

Su tutto il Barolo Brunate 2019 di Rinaldi che pare un vino immaginario partorito dall’immaginazione di una mente illuminata come quella di Borges o di Elemire Zolla, vino di evidente e persuasiva precisione articolata in un linguaggio enoico comprensibile a tutti, non artificioso. Segno che chi continua l’opera di Citrico ha i numeri per farlo.

Il Bramaterra della famiglia Antoniotti, 2019 al banco, che anno dopo anno consolida una reputazione dovuta a ripetuti brillanti assaggi e ottime bottiglie stappate.

Il Pendio, azienda della Franciacorta che incontro per la prima volta in questa occasione, che porta in assaggio dei Metodo Classico di grande personalità lontani da certi standard del luogo da cui solitamente mi tengo lontano.

Massa Vecchia da Massa Marittima, con i cui vini in passato ho un po’ discusso, che ha tra le proposte il Rosato 2019 e il Sangiovese 201 . Sul Sangiovese superiore e sul Vermentino sul momento dell’assaggio si sono formate però delle riserve (un gioco di parole non premeditato). Da riprovare.

Laiolo Reginin con le sue Barbera. Dalla sapida e succosa agilita de La Mora alla struttura più importante, ma mai imballata, del Nizza Lai Man, passando per la sempre vitale e identitaria Barbera Da Sul.

Ronco Severo: simpatia e grandi vini. Combo perfetta.

Eugenio Rosi che forse è il produttore, tra quelli che portano un buon numero di etichette, con la qualità media più alta su tutta la proposta. In crescita costante.

Zampaglione che porta al banco un Fiano del 2007 che lascia incantati a riflettere sulle potenzialità espressive e di invecchiamento del vino.

E ci rivedremo nel 2024.

Fotografie di Dario Agostini

Viniveri Cerea 2023 una delle principali manifestazioni del vino italiane

Viniveri Cerea 2023

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Fiano Don Chisciotte 2020 – Zampaglione

Fiano Don Chisciotte 2020 – Zampaglione
Igt Campania

Appena il tempo di tornare a casa da Assisi dove ho avuto la fortuna di assaggiarlo per la prima volta ed eccomi qui con una bottiglia di Fiano Don Chisciotte dell’azienda Zampaglione di Calitri, nell’alta Irpinia, grazie a Martino Baldi che me lo ha portato a casa.

Vino artigianale, da uve coltivate in altura, come spiegatoci dai Signori Zampaglione al banco d’assaggio. 10 giorni di macerazione dopo la fermentazione spontanea e a seguire affinamento in acciaio.

Il vino è appena velato, giallo scuro, più che profumato è saporito, ma è anche profumato, senza picchi, senza dominanze, offre reminiscenze di nespola, elicriso, frutto della passiflora, cappero essicato, ricordi di scorza di limone schiacciata, piretro. il bouquet è ampio e originale anche se, come scrivevo, non di grande forza, articolato su registri tenui.

Sapidità spiccata che fa ripensare a vini di omologhi, ben più famosi, produttori di bianchi di stampo tradizionale che ricorda per forma e gusto. Ha bella stoffa, spazialità, profondità e intensità gustative davvero non comuni ed equilibrio. Finale aperto dove tornano il frutto, cenni di salamoia, un tocco di spezie.
Vino che ho apprezzato davvero molto.

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Viniveri Assisi 2023 – qualche riflessione

Viniveri Assisi 2023

Assaggiare immersi nel paesaggio

Bella questa edizione invernale di Vini Veri Assisi. Vignaioli che si incontrano sempre volentieri, vini che si ribevono altrettanto volentieri, immersi nella splendida cornice appenninica, con vista a 360 gradi, fino ai Monti Sibillini sui quali si scorge la prima neve. Clima festoso, non si vive la compressione corporea vissuta a Piacenza nell’ultima uscita, c’è tempo di scambiare qualche impressione.

Molte conferme, alcune piacevoli sorprese. Qualche delusione.

Note positive:

Slavcek che si conferma un vero Drago. Il ricordo gustativo della sua Ribolla Riserva (credo 2016) te lo porti dietro per un bel po’.

Zampaglione da Calitri (AV). Che porta in assaggio due Fiano, il 2019 e il 2020, più preciso il 2019, più sostanzioso il 2020, entrambi molto buoni.

Vodopivec che presenta una terna di Vitovska che, come avrebbe detto il Benigni giovane, ti lasciano indelebile.

Ca dei Zago Il rifermentato 2021 buonissimo, un archetipo della tipologia.

Raina, coi cui vini in passato mi è capitato di non andare d’accordo, che mi sorprende con la sua batteria.

Carlo Noro coi suoi Cesanese sostanziosi ed espressivi.

Clara Marcelli di cui non avevo mai bevuto nessun vino e che adesso vorrei ribere tutti.

Note negative:

Senza entrare nello specifico, ho bevuto un paio dei peggiori vini che abbia mai bevuto in vita mia. Ne ho bevuti altri che pur non essendo stati rubricati alla voce “peggiori” non sembravano, volendo essere diplomatici, più che approssimativi.

E così “arrivi tu” (il Souris, il brett, il puzzo di letame, acidità spensierate, etc…) e “la mente torna” allo scritto di Sandro Sangiorgi (La forma e la sostanza, le luci e le ombre) che lo scorso anno, dopo essere stato sottoscritto da Paolo Vodopivec, è diventato manifesto di ViniVeri e a tutto il gran fiorire di interventi e polemiche attorno a quel manifesto, che hanno animato il mondo del vino per qualche tempo. In quel breve scritto si parlava di “abitudine all’imperfezione”, di “lassismo” nel trascurare l’inscindibile relazione tra la forma e la sostanza, la bellezza completa del vino ottenibile solo attraverso le due entità, di un problema diffuso nella percezione e nel riconoscimento della qualità, dell’indulgenza che fa presentare “liquidi imbevibili”.

Nel 2023 il panorama, com’era prevedibile, non è cambiato. Tra un vino buono e un altro apprezzabile s’incontrano ancora il famigerato souris e molta acetica, volatili brade e il puzzo di letame, il cavolo lesso e il cartone bagnato che in un certo storytelling finiscono per essere narrate come espressione del “terroir”, spensieratezza, attitudine da merenda, veracità tradendo una problematica proliferazione di comunicazione strumentale e fuorviante.

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In viaggio tra Le Due Terre

IN VIAGGIO TRA LE DUE TERRE

resoconto di due serate con i vini dell’azienda di Prepotto

Breve premessa per quanto l’azienda non abbia bisogno di presentazioni.

Le Due Terre è una storica azienda di Prepotto, zona Colli Orientali del Friuli, dal 1984 di Silvana Forte e Flavio Basilicata. Azienda che molto ha fatto, e sta facendo, per la salvaguardia e la diffusione dei vitigni autoctoni e dell’ecosistema dove vengono allevati. I presupposti sono quindi quelli dell’agricoltura biologica, anche se sulle bottiglie non se ne fa menzione

Marna (o Ponca come viene chiamata in terra di confine) e Argilla sono le due terre raffigurate in etichetta e che danno il nome anche all’azienda. La marna nella parte collinare, l’argilla nella parte pianeggiante della terra su cui stanno i vigneti de Le Due Terre)

Tra le esperienze enoiche vissute nell’anno appena passato è necessario raccontare le due serate dedicate all’Azienda LE DUE TERRE di Prepotto, nel Friuli, organizzate tra novembre e dicembre. Due serate per approfondire la conoscenza dei vini di una realtà che io considero una azienda di riferimento, un faro per chi naviga nel mare del vino alla ricerca di vini identitari, realizzati da chi ha contribuito a salvare la grande varietà del patrimonio ampelografico italiano, declinati con maestria e personalità. Questo per me è LE DUE TERRE. La maestria nel gestire la complessità del fare vino e l’impegno nella salvaguardia della ricchezza dell’ecosistema che permette al vino di esistere.

Due serate dunque. La prima con una verticale di Sacrisassi Rosso. La seconda invece una serata ibrida con una miniverticale di Sacrisassi Bianco con l’aggiunta del Pinot Nero 2016 e di due Merlot (2015 e 2016).

Serate utili e piacevoli con questi 12 vini nei quali non è stato possibile, fortunatamente, scorgere tratti di ripetizione seriale e che invece presentavano ognuno caratteri di unicità e nei quali si poteva intuire l’impostazione generale dell’azienda, l’effetto dell’andamento climatico annuale, la ricerca dell’espressività, il grande potenziale dei vini de Le Due Terre anche in senso prospettico. Si poteva altresì ri-concludere che l’azienda di Prepotto va assolutamente considerata tra le migliori cantine italiane.

Prima Serata:

Sacrisassi Rosso in verticale 2012-2017

Sacrisassi è un vino rosso realizzato con uve Refosco e Schioppettino (40 e 60), realizzato artigianalmente, 22 mesi di affinamento in barrique.

– Sacrisassi Rosso 2017 è vigoroso, ruggente, impenetrabile, dalla spiccata florealità, mora e mirtillo, pepe, sorso in via di definizione, molto tattile, rispetto agli altri ha frutto più grasso, pienezza di gusto, ma meno precisione.

– Sacrisassi Rosso 2016 Martino Baldi lo definisce “una grande promessa”. Ed è la giusta definizione per un vino che sembra possedere tutte le caratteristiche di un grande vino, ma da esprimere appieno. In un quadro di piena aderenza alle origini troviamo finezza di tratto, energia sottotraccia, nitore dei profumi, sorso definitissimo e persistente. Già bevuto in passato ci trovo conferme entusiasmanti.

– Sacrisassi Rosso 2015 TAPPO (peccato e imprecazioni). Anche se risalente ad aprile, riporto la nota di una degustazione casalinga dello stesso vino il cui ricordo non può che aumentare il dispiacere per non aver potuto bere questa. (https://www.enonauta.it/2022/04/01/sacrisassi-rosso-2015-le-due-terre/)

– Sacrisassi Rosso 2014 Meno brillantezza e meno energia in un quadro di comunque buona piacevolezza. Più frutto e spezie dolci, meno vigoria e forza espressiva al naso rispetto alle altre annate, lascia soddisfatti per la pienezza del sorso, la qualità dell’aroma di bocca, cede un pò sulla vitalità. L’annata parla.

– Sacrisassi Rosso 2013 Le bottiglie non sono tutte uguali e, anche se hanno speso la loro esistenza nello stesso posto, capita che prendano strade evolutive anche radicalmente differenti. La 2013 mostra un evidente avviamento della parte fruttuosa verso il viale del tramonto. Sentori di frutta in confettura, carruba, caffè, spezie un filo, sorso un po’ smagrito, evanescente, non giudicabile per me che sospetto una prematura ossidazione.

– Sacrisassi Rosso 2012 Risulta la star della serata. Da votazione piena valutato in relazione alla tipologia e alla resa dopo 10 anni dalla vendemmia. Integrità del succo, acidità vibrante, tannino sulla via della risoluzione, sorso gustoso in piena coerenza col naso che è fine e ricco, con sentori di mora matura, pepe nero, viola, rosmarino, cenni di orzo tostato, comunica qualcosa che ha a che fare con l’esattezza, col tempismo felice. Una coda lunga e sapida di frutti scuri.

Seconda Serata:

MiniVerticale di Sacrisassi Bianco più tre Rossi

Mini Verticale di Sacrisassi Bianco (2017, 2016, 2014), due Merlot (2016, 2015) e il Pinot Nero 2016.

Sacrisassi Bianco è ottenuto da uve Friulano e Ribolla (70 e 30), sempre con metodiche artigianali e affinamento in barrique e tonneaux.

– Sacrisassi Bianco 2017 è ricchissimo al naso, di carattere vivace ed estroverso, sentori di salvia, narciso, pesca gialla, vagamente torrefazione, secco e freschissimo, leggerissima volatile, lunghezza impressionante, salivazione a fiumi, ruggente, grintoso, dal profilo olfattivo davvero ricco e possente. È coerentemente molto incalzante e vivo al palato. Sopperisce con l’energia a qualche mancanza in precisione, ma ha messo d’accordo tutti.

– Sacrisassi Bianco 2016 presenta la stessa energia del 2017, ma in un quadro generale di maggiore eleganza e precisione/pulizia, nitore dei profumi. Giallo con tendenza al dorato, naso davvero intrigante con ricordi di sfalcio d’erba medica, nespola, cappero essiccato, dragoncello, appena agrumato. Freschezza pungente dentro una materia stratificata, sorso salino, tonico ed equilibrato, sottilissimo tannino, persistenza.

– Sacrisassi Bianco 2014 Colore più brunito, il naso tradisce un che di ossidativo, smussato, mela tagliata, cedro candito, fieno, miele di castagno, il sorso è smussato, poco dinamico, ha virato verso suggestioni d’invecchiamento.

– Pinot nero 2016 Vino da proiezione in avanti, di spessore, mentolato, lampone, mentolato e speziato, tannino grippante molto bello, acidità larga, avvolgente, non è un pinot nero immaginario, ha anche muscolo e profondità, spazialità, posso immaginarlo tra un paio di lustri, ma sono pure contento di averlo stappato stasera. Ha strappato un plauso a tutti i presenti anche ai più esigenti in materia di “pinot noir”.

– Merlot 2016 Vino caratterizzato da eleganza e persuasività. Colore impenetrabile, è forse il primo Merlot friulano, impressione condivisa con altri presenti, che non ha quell’impronta di Merlot Friulano che ti fa pensare al merlot friulano. E con questo non intendo dire che non apprezzo il merlot friulano, ma solo che questa bottiglia sembra fare gara a parte. Colore rubino scuro, rievoca il frutto scuro, il chiodo di garofano, il tabacco, cenni vegetali aromatici. Freschezza fasciante, vino molto disteso, dal tocco setoso, pieno il gusto, tannini ben lavorati, bel finale tutto di giustezza.

– Merlot 2015 Vino carnoso, ferroso, ematico, c’è chi lo ha apprezzato di più e chi meno, ma certamente si apprezza la sua diversità, la sua unicità. Colore molto scuro, molto frutto, viola, carne cruda tagliata, note quasi ferroso/ematiche, cacao, cassis, sorso decisamente più concentrato del 2016, a tratti viscoso, pieno, succoso, caldo. A tavola potrebbe dare grandi soddisfazioni con piatti anche elaborati di cacciagione.

Serata #1 Sacrisassi Rosso in verticale 2012-2017

Serata #1 Sacrisassi Rosso in verticale 2012-2017

Serata #1 Sacrisassi Rosso in verticale 2012-2017

Serata #1 Sacrisassi Rosso in verticale 2012-2017

Sacrisassi Rosso 2012

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

Serata #2 Sacrisassi Bianco in verticale & bonus

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Le Vendangeur Masqué Chablis 2018  – Alice et Olivier De Moor

Le Vendangeur Masqué Chablis 2018 – Alice et Olivier De Moor

Le Vendangeur Masqué Chablis 2018 – De Moor è uno chablis elaborato dal Domaine De Moor con uve di altri vignaioli nel villaggio chiamato Courgis vicino al comune di Chablis (Borgogna). L’ispirazione di base è quella naturale. Il vitigno è lo Chardonnay.
Pressatura, fermentazione spontanea in legno usato e affinamento nello stesso per 12 mesi.

Premessa: finita la bottiglia ne avrei aperta subito un’altra.

Enonauta/Degustazione di Vino #260 - review - Le Vendangeur Masqué Chablis 2018 - Alice et Olivier De Moor | Arioso, intenso, percussivo
Alice et Olivier De Moor

Uno Chablis profumato e di colore giallo pieno e luminoso, con ricordi di lime, mela opal, frutti esotici, note petroso/minerali, reminiscenze di noce pecan, erbe aromatiche e floreali. Arioso, intenso, percussivo.
Acidità netta, rinfrancante, dentro un sorso che rivela maturità, fruttuosità, a tratti morbidezza, profondità, tenuta. In una tensione/alternanza continua tra queste due anime.
Persistenza memorabile.

Enonauta/Degustazione di Vino #260 - review - Le Vendangeur Masqué Chablis 2018 - Alice et Olivier De Moor | Arioso, intenso, percussivo
Alice et Olivier De Moor

Come premesso ne avrei bevute due di fila.

Dispiace per l’impronta di calcare sul bicchiere che comunque, se pure peggiora l’immagine, non inficia il valore assoluto del liquido nel bicchiere.

Enonauta/Degustazione di Vino #260 - review - Le Vendangeur Masqué Chablis 2018 - Alice et Olivier De Moor | Arioso, intenso, percussivo
Alice et Olivier De Moor

Le Vendangeur Masqué Chablis 2018 – De Moor

is a chablis elaborated by Domaine De Moor with grapes from other winemakers in the village called Courgis near the municipality of Chablis (Burgundy). The basic inspiration is natural. The grape variety is Chardonnay.
Pressing, spontaneous fermentation in used wood and aging in the same for 12 months.

Premise: once I finished the bottle I would immediately open another one.

Enonauta/Wine Tasting #260 – review – Le Vendangeur Masqué Chablis 2018 – Alice et Olivier De Moor | Airy, intense, percussive
Alice and Olivier De Moor
A fragrant Chablis with a full and bright yellow colour, with hints of lime, opal apple, exotic fruits, petrous/mineral notes, reminiscences of pecan nut, aromatic and floral herbs. Airy, intense, percussive.
Clear, refreshing acidity, in a sip that reveals maturity, fruitiness, at times softness, depth, stability. In a continuous tension/alternation between these two souls.
Memorable persistence.

Enonauta/Wine Tasting #260 – review – Le Vendangeur Masqué Chablis 2018 – Alice et Olivier De Moor | Airy, intense, percussive
Alice and Olivier De Moor
As mentioned, I would have drunk two in a row.

I am sorry about the limescale mark on the glass which, although it worsens the image, does not affect the absolute value of the liquid in the glass.

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Prulke 2019 – Zidarich/Sacrisassi Bianco 2018 – Le Due Terre

Prulke 2019 – Zidarich/Sacrisassi Bianco 2018 – Le Due Terre

Una serata cominciata in enoteca con Prulke di Zidarich e terminata con la bottiglia nel frigorifero di casa di Dario, che guarda caso era un Sacrisassi de Le due Terre.
Per una serata nata quasi per caso credo non si potesse fare di meglio.

Prulke 2019 – Zidarich

Venezia Giulia IGT
Sauvignon 60%, Vitovska 20%, Malvasia 20 %

Una via di mezzo tra il ramato e l’arancione, appena velato, a suo modo è un vino suadente, affabulatore, sostiene un discorso difficile che non tutti potrebbero comprendere, ma arriva alla sua conclusione con un ben organizzato concerto di percezioni e aromi, equilibrio, persistenza quasi ostinazione, a tratti sembra di masticare una Susina goccia d’oro a piena maturazione, le fragranze spaziano dal floreale delicato, alla pesca bianca e alla susina, ricordi speziati ed erbacei misurati in un quadro cangiante. Il sorso è duraturo, piacevole, la forza dell’aroma di bocca è memorabile, mai sopra le righe, equilibrato, sapido e avvolgente.
Preferisco la Vitovska, ma questo è un gran bel vino. Qualcuno sicuramente preferirà questo. Zidarich grande interprete del Carso.

Sacrisassi Bianco 2018 – Le Due Terre

È invece, a mio avviso, la metafora tridimensionale/liquida del temperamento padroneggiato adeguatamente.
22 mesi in barrique
Friulano e Ribolla
Colore dorato, è secco, frontale, roccioso, sentori di erba medica, nespola, pepe bianco, elicriso, vino profumatissimo e al solito particolare, il sorso è secco, nervoso, intenso, la coda è lunga e sapida con ricordi di frutto disidratato. Un po’ di tempo in bottiglia non potrà che giovargli facendogli trovare una andatura meno contratta, cosa che ho riscontrato in tutte le annate bevute con qualche anno in più di bottiglia.

Due vini che non dimenticano facilmente. Da Prepotto.

Enonauta/Degustazione di Vino #246/247 - review - Prulke 2019 - Zidarich/Sacrisassi Bianco 2018 - Le Due Terre | due grandi interpretazioni di due territori vocati
Enonauta/Degustazione di Vino #246/247 - review - Prulke 2019 - Zidarich/Sacrisassi Bianco 2018 - Le Due Terre | due grandi interpretazioni di due territori vocati
Enonauta/Degustazione di Vino #246/247 - review - Prulke 2019 - Zidarich/Sacrisassi Bianco 2018 - Le Due Terre | due grandi interpretazioni di due territori vocati
Enonauta/Degustazione di Vino #246/247 - review - Prulke 2019 - Zidarich/Sacrisassi Bianco 2018 - Le Due Terre | due grandi interpretazioni di due territori vocati

Prulke 2019 – Zidarich/Sacrisassi Bianco 2018 – Le Due Terre

An evening that began in the wine shop with Prulke by Zidarich and ended with the bottle in the refrigerator at Dario’s house, which coincidentally was a Sacrisassi from Le due Terre.
For an evening born almost by chance, I think it couldn’t have been done better.

Prulke 2019 – Zidarich

Venezia Giulia IGT
Sauvignon 60%, Vitovska 20%, Malvasia 20%

A cross between copper and orange, just veiled, in its own way it is a persuasive, story-telling wine, it supports a difficult discussion that not everyone could understand, but reaches its conclusion with a well-organized concert of perceptions and aromas, balance, persistence almost obstinacy, at times it feels like chewing a fully ripe golden drop plum, the fragrances range from delicate florals to white peach and plum, spicy and herbaceous memories measured in an iridescent framework. The sip is long-lasting, pleasant, the strength of the mouthfeel is memorable, never over the top, balanced, savory and enveloping.
I prefer Vitovska, but this is a great wine. Some will surely prefer this. Zidarich, great interpreter of the Karst.

Sacrisassi Bianco 2018 – Le Due Terre

Instead, in my opinion, it is the three-dimensional/liquid metaphor of temperament properly mastered.
22 months in barrique
Friulano and Ribolla
Golden in color, it is dry, frontal, rocky, hints of alfalfa, medlar, white pepper, helichrysum, a very fragrant and usually particular wine, the sip is dry, nervous, intense, the tail is long and tasty with memories of dehydrated fruit. A little time in the bottle can only help it by making it find a less contracted pace, something I have found in all the years drunk with a few more years in the bottle.

Two wines that are not easily forgotten. From Prepotto.

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