Ecco un vino che ho trovato entusiasmante. Per il fatto di essere un Sangiovese di carattere, per il fatto di essere un vino in cui con pochi tratti precisi, semplici, ben delineati, si compone un quadro complessivo di piacevolezza, definizione, tipicità. Si tratta del Chianti Classico, davvero classico, 2018 di Podere Pruneto da Volpaia (Radda in Chianti). Sangiovese, non c’è più la piccola percentuale di Merlot che andava a completare questo vino nel recente passato, coltivato in uno dei più vocati tra i luoghi vocati alla coltivazione del Sangiovese. Vinificato in cemento e poi invecchiato in botte grande, declinato in essenzialità, come ebbi brevemente occasione di raccontare qui, ma anche un vino ricco di profumi e dotato di intensità di gusto. Il colore è chiaro e splendente, il profilo olfattivo è tra i più fedeli, ricchi ed espressivi tra gli omologhi assaggiati nell’ultimo anno. C’è una marasca persuasiva, il ribes rosso, la viola, l’arancia sanguinella, ricordi di lavanda e altre erbe/radici, un tenue tratto ematico. Il sorso è animato da freschezza diffusa, di corpo asciutto, c’è molta energia e la bocca si riempie di frutto gentile e giustamente maturo, il tannino è rinfrescante, finale ancora sul frutto e di apprezzabile lunghezza.
Da non trascurare il prezzo e la bellezza dell’etichetta che, pur non aggiungendo e togliendo niente alla qualità del vino, io trovo unica e con la particolarità di aver anticipato l’introduzione delle UGA ponendo in evidenza la parola RADDA.
Chianti Classico / Podere PrunetoLa Famiglia Lanza di Podere PrunetoPodere Pruneto / Radda in Chianti
Here is a wine that I found exciting. For the fact of being a Sangiovese with character, for the fact of being a wine in which with a few precise, simple, well-defined traits, an overall picture of pleasantness, definition and typicality is composed. This is the truly classic Chianti Classico 2018 from Podere Pruneto da Volpaia (Radda in Chianti). Sangiovese, there is no longer the small percentage of Merlot that completed this wine in the recent past, grown in one of the most suitable places for the cultivation of Sangiovese. Vinified in concrete and then aged in large barrels, expressed in essentiality, as I briefly had the opportunity to tell here, but also a wine rich in aromas and with an intensity of taste. The color is clear and bright, the olfactory profile is among the most faithful, rich and expressive of the counterparts tasted in the last year. There is a persuasive morello cherry, red currant, violet, blood orange, memories of lavender and other herbs/roots, a faint hint of blood. The sip is animated by widespread freshness, dry body, there is a lot of energy and the mouth is filled with gentle and properly ripe fruit, the tannin is refreshing, still on the fruit finish and of appreciable length.
Not to be overlooked is the price and the beauty of the label which, while not adding or subtracting anything from the quality of the wine, I find unique and with the particularity of having anticipated the introduction of the UGA by highlighting the word RADDA.
Ho stappato svariate bottiglie di Fiano negli ultimi mesi, sempre per scopi educativi s’intende, e alla fine è diventato il mio bianco preferito del 2021. Come nella serata documentata.
Una Serata a base di Fiano
Quest’ultima bottiglia di Guido Marsella mi ha definitivamente convinto e si e distinta dalle altre che ho stappato per una più spiccata freschezza, una acidità più fluente e un equilibrio più marcato. Vinificazione e affinamento sulle fecce in acciaio. A Summonte (AV). Il colore è giallo intenso brillante. Fragranze floreali di narciso, melone bianco, pesca, appena citrino, ricordi di pietra bagnata. Al palato è ricco, intenso, di spessore, eppure risulta anche mobile, dinamico, incisivo, in virtù di una acidità diffusa, ma mai preponderante. Un bel finale che riporta al frutto e allo zafferano. Vino che alla fine dell’ultimo bicchiere proietta il pensiero sulla prossima bottiglia stappata tra 4/5 anni. Da non sottovalutare l’ottimo rapporto soddisfazione/prezzo.
I have uncorked several bottles of Fiano in the last few months, always for educational purposes of course, and in the end it has become my favorite white of 2021. This last bottle of Guido Marsella has definitely convinced me and has stood out from the others I have uncorked for a more marked freshness, a more flowing acidity and a more marked balance. Vinification and aging on the lees in steel. In Summonte (AV). The color is bright intense yellow. Floral fragrances of narcissus, white melon, peach, slightly citrine, memories of wet stone. On the palate it is rich, intense, thick, yet it is also mobile, dynamic, incisive, by virtue of a widespread, but never predominant, acidity. A nice finish that brings back the fruit and saffron. A wine that at the end of the last glass projects the thought onto the next bottle uncorked in 4/5 years. The excellent satisfaction/price ratio should not be underestimated.
Tra i vini che raccontano della possibilità di bere bene a dispetto del prezzo e di un vitigno d’origine ingiustamente poco considerato, anche se esistono alcuni porti sicuri e Accornero è certo uno di questi, c’è questo Grignolino Bricco del Bosco 2020 dell’azienda Accornero di Vignale Monferrato. Che si può definire tra le aziende più in vista tra quelle che bene operano nella promozione del territorio e dei suoi , talvolta ingiustamente bistrattati, vitigni.
Un vino lineare a cui non manca niente, caratterizzato da compatta e precisa semplicità. Rubino molto chiaro, nitido e preciso al naso con sentori floreali, di frutto di bosco, lievemente speziato. Al palato è secco, snello, ben definito, con agile freschezza, intensità di gusto, tannini di buona fattura, per una bevuta che è si facile, ma non evanescente. Nel finale sul frutto si rievocano anche le erbe mediche. Da tutto pasto con pietanze di terra.
Grignolino Bricco del Bosco 2020 Accornero Grignolino del Monferrato Casalese doc
Among the wines that tell of the possibility of drinking well despite the price and of an unjustly little considered grape variety of origin, even if there are some safe havens and Accornero is certainly one of these, there is this Grignolino Bricco del Bosco 2020 from Accornero company of Vignale Monferrato. Which can be defined as one of the most prominent companies among those that work well in promoting the territory and its, sometimes unfairly mistreated, vines.
A linear wine that lacks nothing, characterized by compact and precise simplicity. Very light ruby, clear and precise on the nose with floral and berry scents, slightly spicy. On the palate it is dry, slim, well defined, with agile freshness, intensity of taste, well-made tannins, for a drink that is easy, but not evanescent. In the finish, the fruit also evokes medical herbs. For any meal with earthy dishes.
Domenica ore 15.00: apro una mezzetta di Bordeaux (con un pò di pane e salame) perché fuori piove, sono annoiato e non c’è nemmeno il campionato a lenire il torpore. Si tratta di Château Siran, storico produttore situato nella parte più a sud della denominazione Margaux. L’azienda dispone di 88 ettari di terreno di cui solo 25 pienamente vitati (dal 2020 il 10% è in regime biologico) con certificazione di attenzione alla biodiversità e vigne di una età media di 30 anni. L’attuale consulente enologo è Hubert De Bouard di Château Angelus, dopo essere passati tra i tanti nomi anche per il guru dell’enologia francese “interventista”, Michel Rolland (1995-2004).
La 2016 è stata una grandissima annata, benedetta dalla pioggia di settembre che pone fine allo stress idrico dovuto ad una estate molto arida. Blend al 46% Merlot, 40% Cabernet Sauvignon, 13% Petit Verdot and 1% Cabernet Franc (spicca la presenza relativamente alta di Petit Verdot). Fermentazione in acciaio e malolattica in barrique (di cui il 35% nuove), dove rimane per 12 mesi.
Il vino si presenta nel calice con un rosso rubino carico e quasi impenetrabile ma con un’unghia lucente e vivivissima. Naso complesso, dove prevalgono cassis e prugna, pepe nero, sottobosco, poi cuoio, un accenno di vaniglia bourbon e note boisé non troppo marcate. L’assaggio è morbido in entrata, secco, caldo e avvolgente. L’acidità è spiccata e vibrante ma non esasperata, i tannini sono vivaci ma non acerbi, anzi già ben integrati, così come l’alcool che non prevarica minimanente. Il sorso è pieno, corposo, persistente, e con un centrobocca decisamente gratificante. Finale molto lungo e piacevolmente amaricante.
Per chi non ha mai bevuto un Margaux, e vuole togliersi lo sfizio, questo Siran 2016 potrebbe essere un bel trampolino di lancio nel vasto e complesso mondo del Medoc. Annata eccellente, bevuta in una fase “adolescenziale” che definirei comunque serena e con un raggiante futuro. È un vino elegante e molto equilibrato, anche immedito se si vuole, di facile e buona beva. Non ha certamente la complessità aromatica, l’estrema eleganza, la potenza e la dinamica continuamente cangiante dei grandissimi Bordeaux di Margaux (o Pauillac), per i quali bisogna essere però disposti a pagare cifre ben più ingenti del vino di cui si racconta.
È un vino che ricomprerei senza indugio: piccola bottiglia-piccolo prezzo-grande piacere. Ed ha anche smesso di piovere.
Chianti Classico Enotour – Il Giovedì Mattina, l’autunno, il Chianti Classico e la tradizione
Dopo circa due anni dall’ultima volta, a causa delle peripezie pandemiche che ci tennero in casa, si ritorna alla periodica, e un tempo frequente, gita nelle terre del Chianti. È un bel giovedi mattina luminoso d’inizio ottobre e piuttosto freddo. Questa volta si è deciso per la visita a tre aziende di piccole dimensioni che tutte potrebbero rivendicare un approccio tradizionale. Bucciarelli/Antico Podere Casanova a Castellina in Chianti, Monterotondo a Gaiole e Podere Pruneto a Radda.
La cosa bella dell’avventurarsi in quella vasta area di toscana centrale in cui si produce il Chianti Classico, e che nell’immaginario di molti somiglia a un generico chiantishire di dolci colline e tipiche ville toscane restaurate secondi i criteri del pittoresco, è che il paesaggio è invece mutevole e l’architettura rurale toscana resiste all’avanzamento dell’Architettura Toscana Turistica, si incontrano talvolta persone che sembrano planate nel nostro tempo da un altro (tempo).
Nei 24 km circa di itinerario tra Castellina in Chianti e Gaiole si passa dal panorama vasto e profondo che si gode da La Piazza dove è sita l’azienda Antico Podere Casanova di Bucciarelli, alla verdità impressionante e ai boschi che circondano i vigneti di Monterotondo e da cui in lontananza è possibile scorgere il Valdarno, alla impareggiabile bellezza e alla tranquillità di Volpaia nel comune di Radda, dove invece si trova il Podere Pruneto, in un contesto che a tratti può addirittura apparire montano. E poi la tradizione di cui si parla che è una tradizione dinamica e che permette di produrre i vini succosi e pieni energia di Bucciarelli, quelli eleganti e precisi di Monterotondo e quelli asciutti e scabri di Podere Pruneto.
Ma soprattutto ci sono il Sangiovese e i suoi interpreti. Ci sarebbe di che venire in pellegrinaggio tutti i giorni. Si comincia dal Signor Bucciarelli che a mezza mattina ci accoglie per una degustazione fiume, una specie di stress test per il pellegrino del vino. Ne usciamo bene, ma guardinghi per il prosieguo della giornata. Ricorda certi altri Ronin del vino che ho incontrato in passato per il suo non somigliare a nessun ritratto di vigneron preconfezionato e fa vini identitari, pieni di sostanza ed energia. Si discorre di Sangiovese, tradizione, motociclette e Merlot nascosti. Una bellissima mattina.
Ci spostiamo dopo il pranzo frugale verso Gaiole. Lungo la statale che porta in Valdarno, ricca di boschi, di una verdità a tratti impressionante paesaggio più intimo e a tratti montano, dove si trova l’azienda Monterotondo di Saverio Basagni. Vignaiolo assolutamente consapevole della qualità del proprio lavoro e che offre con giusto orgoglio i suoi vini agli ospiti.
Si chiacchiera nella saletta degli assaggi dei suoi vini, di alcuni degli argomenti più dibattuti nella comunità del vino come la biodinamica, il vino naturale, si assaggiano gli ottimi 2016 annata e riserva, la profumatissima malvasia, si conferma l’ottima impressione avuta all’ultima Collection praticabile quando fui indirizzato verso il banco d’assaggio di Monterotondo da Diego Finocchi de L’Erta di Radda.
A pomeriggio inoltrato terminiamo la giornata da Riccardo Lanza e suo figlio Massimiliano del Podere Pruneto che si trova lungo la via che porta al borgo di Volpaia in un contesto di rara bellezza. Ci raccontano del loro modo di lavorare nel rispetto della terra e delle piante, del poco intervento in cantina dove si fanno fermentazioni spontanee e si usano cemento e botti grandi per l’affinamento per periodi che variano tra i 24 e i 48 mesi. Si assaggia il Chianti Classico 2018 che è ottenuto da uve Sangiovese senza quella minima parte di Merlot che veniva usata precedentemente. Un vino essenziale, ossuto, che però è pieno di forza nervosa e ci fa tornare a casa col gusto del Sangiovese in mente e la piacevole consapevolezza che per i suoi amatori ci sono ancora molti luoghi dove recarsi sicuri.
After about two years since the last time, due to the pandemic vicissitudes that kept us at home, we return to the periodic, and once frequent, trip to the Chianti lands. It’s a beautiful, bright Thursday morning in early October and quite cold. This time it was decided to visit three small companies that could all claim a traditional approach. Bucciarelli/Antico Podere Casanova in Castellina in Chianti, Monterotondo in Gaiole and Podere Pruneto in Radda.
The beautiful thing about venturing into that vast area of central Tuscany where Chianti Classico is produced, and which in the imagination of many resembles a generic Chiantishire of rolling hills and typical Tuscan villas restored according to picturesque criteria, is that the instead the landscape is changeable and Tuscan rural architecture resists the advancement of Tuscan Tourist Architecture, we sometimes meet people who seem to have glided into our time from another (time).
In the approximately 24 km of itinerary between Castellina in Chianti and Gaiole you pass from the vast and profound panorama that can be enjoyed from La Piazza where the Antico Podere Casanova di Bucciarelli company is located, to the impressive greenery and woods that surround the vineyards of Monterotondo and from which it is possible to see the Valdarno in the distance, to the incomparable beauty and tranquility of Volpaia in the municipality of Radda, where Podere Pruneto is located, in a context that at times can even appear mountainous. And then the tradition we are talking about which is a dynamic tradition and which allows us to produce the juicy and energetic wines of Bucciarelli, the elegant and precise ones of Monterotondo and the dry and rough ones of Podere Pruneto.
But above all there are Sangiovese and its interpreters. There would be something to come on pilgrimage every day. We start with Mr Bucciarelli who welcomes us at mid-morning for a river tasting, a sort of stress test for the wine pilgrim. We come out of it well, but cautious for the rest of the day. He recalls certain other Ronin del vino that I have met in the past in that he does not resemble any pre-packaged portrait of a vigneron and he makes wines with an identity, full of substance and energy. We talk about Sangiovese, tradition, motorcycles and hidden Merlot. A beautiful morning.
After the frugal lunch we move towards Gaiole. Along the state road that leads to Valdarno, rich in woods, with an at times impressive greenness, a more intimate and at times mountainous landscape, where Saverio Basagni’s Monterotondo company is located. Winemaker absolutely aware of the quality of his work and who offers his wines to guests with the right pride.
We chat in the tasting room of its wines, about some of the most debated topics in the wine community such as biodynamics, natural wine, we taste the excellent 2016 vintage and reserve, the very fragrant Malvasia, we confirm the excellent impression we had at the last practicable Collection when I was directed towards the Monterotondo tasting counter by Diego Finocchi of L’Erta di Radda.
In the late afternoon we end the day with Riccardo Lanza and his son Massimiliano of Podere Pruneto which is located along the road that leads to the village of Volpaia in a context of rare beauty. They tell us about their way of working with respect for the land and plants, of the little intervention in the cellar where spontaneous fermentations take place and cement and large barrels are used for aging for periods that vary between 24 and 48 months. We taste the Chianti Classico 2018 which is obtained from Sangiovese grapes without the minimal part of Merlot that was previously used. An essential, bony wine, which however is full of nervous strength and makes us return home with the taste of Sangiovese in mind and the pleasant awareness that for its lovers there are still many safe places to go.
Chianti Classico Enotour from Castellina in Chianti to Gaiole passing from Radda. Photos Dario Agostini/Simone Molinaroli
UN TRANQUILLO MERCOLEDÌ SERA CON DEGUSTAZIONE VINI DI GAJA
Per iniziare alcune note a margine di un tranquillo mercoledì trasformato in una base enomissilistica da una Degustazione Vini Gaja. Notissima, quasi inutile dirlo, azienda di Barbaresco.
Il tempo è inesorabile ed equo. Aggiunge elementi di valutazione impagabili che depotenziano molti discorsi sul vino, sul suo valore, sulla costruzione del consenso intorno ad esso, specialmente quelli fatti a priori.
Essere in una società di bevitori è fondamentale. Si migliora confrontandosi, si socializzano spese talvolta insostenibili, ci sono molte cantine a disposizione, la rete di ricerca (quello che ad esempio ha permesso questa serata) è ramificata.
C’erano dunque sul tavolo due vini iconici. Iconici e non solo iconici.
Gaja Sorì Tildin 1996 Gaja Sorì San Lorenzo 1996
Pare che il 1996 sia stato un anno buono nelle Langhe. Questo accresce le già alte aspettative.
Si parte con Sorì Tildin
Sorì Tildin è un vino che sembra aver imboccato elegantenente il viale del tramonto. Superato sicuramente il momento di massimo splendore, probabilmente nel 2015 avrebbe fatto più figura, sta sulla prima parte della discesa. Colore granato chiaro, il naso è ampio con ricordi di frutta sotto spirito, prugna secca, rimandi eterei, salamoia di oliva, un nota fumosa che con i minuti di trasforma in caffè macinato, rosmarino, cipria. Sensazioni perlopiù condivise dai sei presenti a tavola.
Il sorso è fresco, il tannino è quasi completamente dissolto, forse un po’ esile, ma offre i suoi ultimi lampi fruttati con essenziale forza ed è sapido, profondo. La persistenza è ben oltre la media e sul finale si rievocano il dattero, la polvere di caffè, l’erba aromatica. La gradazione moderata agevola la bevuta. Elegante maturità, ma era meglio arrivare prima.
Sorì San Lorenzo pare aver avuto un trascorso diverso in questi venti anni circa di bottiglia passati tutti accanto all’altra nella solita cantina. Quello che si può immaginare come un vino al vertice della curva evolutiva è esattamente questo. Un vino ancora fruttato in cui tutti gli elementi tattili convergono verso un equilibrio quasi esatto. Il colore tende ancora al rubino, limpido, di piacevolezza immediata che non necessita sforzi di interpretazione. Al naso melograno e spezie, foglia di the e erbe aromatiche, una fruttuosità che lascia di stucco tra note terziarie discrete. Al palato risulta fresco, stratificato, acidità ampia e distribuita, di rara finezza ed espressività. Un tannino che dà rilievo al sorso come un ricamo tono su tono, c’è levità e intensità di gusto. Il finale chiude un cerchio e si torna al melograno. Un vino dove tutto sembra aver concorso per 25 lunghi anni per arrivare esattamente a creare questo momento di equilibrio assoluto.
Bottiglia memorabile senza esagerazioni.
A QUIET WEDNESDAY EVENING WITH GAJA WINE TASTING (degustazione vini Gaja)
Gaja Sorì Tildin 1996
Gaja Sorì San Lorenzo 1996
To begin, some side notes on a quiet Wednesday transformed into an enomissile base by a Gaja Wine Tasting. Very well-known, almost needless to say, company from Barbaresco.
Time is inexorable and fair. It adds priceless elements of evaluation that weaken many discussions on wine, on its value, on the construction of consensus around it, especially those made a priori.
Being in a drinking society is essential. You improve by comparing, you socialize at sometimes unsustainable expenses, there are many wineries available, the research network (which for example made this evening possible) is branched out.
There were therefore two iconic wines on the table. Iconic and not just iconic.
Gaja Sorì Tildin 1996 Gaja Sorì San Lorenzo 1996
It seems that 1996 was a good year in the Langhe. This increases the already high expectations.
A un chilometro circa dall’abitato di Lamole, sul punto altimetricamente più rilevante della zona, si trova il borgo da cui la cantina prende il nome. A conduzione familiare, vini identitari, tradizionali, caratterizzati da franchezza espressiva e che sovente mi capita di bere e sempre con soddisfazione. Cantina che ho avuto la fortuna di visitare più volte apprezzando la schietta e discreta ospitalità dei proprietari Annamaria e Giuliano. Sangiovese. Acciaio e invecchiamento in botti di castagno. Colore rubino di media intensità. Al naso l’arancia è predominante, poi seguono la marasca, l’iris, anice, in bocca freschissimo, lungo, di corpo snello, ma di forza nervosa e con tannini vitali e fruttuosità per un sorso definito e appagante. Finale coerente su arancia e marasca. Vino di carattere per veri amanti del Sangiovese. A fine bottiglia ho la sensazione che a Le Masse di Lamole con questo 2016 abbiano prodotto la loro personale migliore interpretazione del Sangiovese.
Chianti Classico 2016 – Le Masse di Lamole
About one kilometer from the town of Lamole, on the highest altitude point in the area, is the village from which the winery takes its name. Family run, identity-producing, traditional wines, characterized by expressive frankness and which I often drink and always with satisfaction. A winery that I have been lucky enough to visit several times, appreciating the frank and discreet hospitality of the owners Annamaria and Giuliano. Sangiovese. Steel and aging in chestnut barrels. Medium intensity ruby colour. On the nose, orange is predominant, then followed by morello cherry, iris, anise, very fresh in the mouth, long, with a slim body, but with nervous strength and vital tannins and fruitiness for a defined and satisfying sip. Coherent finish on orange and morello cherry. Wine of character for true Sangiovese lovers. At the end of the bottle I have the feeling that Le Masse di Lamole with this 2016 have produced their personal best interpretation of Sangiovese.
Les Enfers Mathieu Cosme 2019 Chenin Blanc/Vouvray/Loira
5 generazioni di vignaioli
Les Enfers Mathieu Cosme a Noizay, paese nella zona sud est di Vouvray, è alla quinta generazione di vignaioli. Domaine condotto in regime biologico-biodinamico dal 2010 (certificato bio nel 2014) con un profilo di basso intervento in vigna come in cantina. La vigna Les Enfers, che dona il nome a questo Chenin Blanc (qui un approfondimento) in purezza, è situata nella “Première Côte” di Vouvray. Esposizione a sud, microclima particolarmente privilegiato e caldo che d’estate diviene appunto un “inferno”, come racconta Cosme. Terreno argillo-calcareo, vigne di 40 anni con lavorazione esclusivamente manuale e con il solo utilizzo del cavallo. Fermentazione spontanea in botti da 400l, dove il vino rimane per 12 mesi.
Giallo paglierino carico con riflessi dorati, al naso si presenta esplosivo ed ampio, con frutta gialla matura, accenni di frutta esotica, fiori bianchi, leggere note di marzapane. Il sorso è coerente, molto morbido e caldo, di grande corpo e struttura. Si espande al palato con densità e potenza, un accenno piacevole di dolcezza, molto sapore. A queste sensazioni appaganti di sfericità e impatto materico, si aggiunge la proverbiale freschezza del vitigno, che insieme ad una buona vena minerale-sapida, riequilibrano il sorso che rimane molto lungo e gratificante.
Les Enfers è stata per me è stata una scoperta inaspettata e a dir poco gradita. Bevuto al calice in un enoteca, ho acquistata subito dopo la bottiglia della quale vi sto scrivendo. Si tratta di un grande Chenin Blanc, di rara potenza, generoso e solare, il quale riesce a mantenersi sui binari dell’equilibrio grazie alla buona acidità e mineralità che intervengono in aiuto del sorso, come l’ABS nelle frenate d’emergenza. Non si tratta quindi di uno di quegli Chenin Blanc della Loira tutto acidità sferzante e sapidità, e la bevibilità (che pur ritengo buona) non è certo la migliore caratteristiche di questo vino. Anche se lo Chenin Blanc generalmente invecchia bene, personalmente eviterei di berlo più in là di 3/4 anni dalla vendemmia, potrebbe appesantirsi col tempo.
Il rapporto qualità-prezzo è nella media, ma a mio avviso vale la pena cercarlo a scaffale. Si può abbinare con felicità a piatti di pesce saporiti e conditi, pietanze a base di carne bianca, formaggi stagionati ed erborinati e molto altro ancora. Io, ad esempio, l’ho bevuto con passione insieme ad un hamburger di manzo fatto i casa, farcito con radicchio, gorgonzola e ‘nduja.
Les Enfers Mathieu Cosme 2019 Chenin Blanc/Vouvray/Loire
5 generations of winemakers
Mathieu Cosme in Noizay, a town in the south-east of Vouvray, is in his fifth generation of winemakers. Domaine managed in an organic-biodynamic regime since 2010 (certified organic in 2014) with a low intervention profile in the vineyard and in the cellar. The Les Enfers vineyard, which gives its name to this pure Chenin Blanc, is located in the “Première Côte” of Vouvray. Southern exposure, particularly privileged and hot microclimate which in summer becomes a “hell”, as Cosme says. Clay-limestone soil, 40-year-old vineyards with exclusively manual processing and the sole use of horses. Spontaneous fermentation in 400l barrels, where the wine remains for 12 months.
Deep straw yellow with golden reflections, the nose is explosive and broad, with ripe yellow fruit, hints of exotic fruit, white flowers, light notes of marzipan. The sip is coherent, very soft and warm, with great body and structure. It expands on the palate with density and power, a pleasant hint of sweetness, lots of flavor. To these satisfying sensations of sphericity and material impact, is added the proverbial freshness of the vine, which together with a good mineral-savory vein, rebalance the sip which remains very long and rewarding.
Les Enfers was an unexpected and pleasant discovery for me. Drank by the glass in a wine shop, I immediately purchased the bottle I’m writing to you about. It is a great Chenin Blanc, of rare power, generous and sunny, which manages to stay on the tracks of balance thanks to the good acidity and minerality which intervene to help the sip, like the ABS in emergency braking. It is therefore not one of those Chenin Blancs from the Loire that is all lashing acidity and flavour, and the drinkability (which I think is good) is certainly not the best characteristic of this wine. Even though Chenin Blanc generally ages well, personally I would avoid drinking it more than 3/4 years after the harvest, as it could become heavier over time.
The quality-price ratio is average, but in my opinion it is worth looking for on the shelf. It can be happily paired with tasty and seasoned fish dishes, white meat dishes, mature and blue cheeses and much more. I, for example, drank it with passion together with a home-made beef burger, stuffed with radicchio, gorgonzola and ‘nduja.
Lunga macerazione, invecchiamento in botti grandi e tonneaux, esposizione a sud e sud ovest in Monforte.
Bevo per la prima volta, ma credo non sarà l’ultima, un vino dell’azienda di Giovanni Manzone e ne resto piacevolmente impressionato. Un Barolo che potrebbe essere definito tradizionale e che combina le suggestioni tipiche di questa tipologia con una struttura importante che ne amplifica la piacevolezza, un Barolo lineare, termine che uso in senso laudativo, espressivo e di carattere aperto al naso e dotato di suadenza gustativa il che lo rende un vino godibile anche in questa fase giovanile. Buono nell’immediato, ma anche a ragion veduta.
Colore rubino intenso, un bouquet intenso e definito con sentori floreali di rosa, ampiamente fruttato con note prevalenti di marasca e melograno, ricordi agrumati e di radice aromatica, lievemente speziato, balsamico.
Al palato esordisce caldo e con discreto volume, c’è concentrazione, ma l’acidità è distribuita e vitale, i tannini che sono un perfetto connubio di forza e maturità. Lungo il finale che è tutto sul frutto in piena coerenza. Vino molto preciso, equilibrato e piacevole che vale ampiamente il suo prezzo e che riberrei e che consiglio vivamente.
Barolo Gramolere 2013 – Giovanni Manzone – Monforte d’Alba
Long maceration, aging in large barrels and tonneaux, exposure to the south and south-west in Monforte.
I drink a wine from Giovanni Manzone’s company for the first time, but I think it won’t be the last, and I am pleasantly impressed. A Barolo that could be defined as traditional and that combines the typical suggestions of this typology with an important structure that amplifies its pleasantness, a linear Barolo, a term that I use in a laudatory sense, expressive and of a character open to the nose and endowed with persuasive taste. which makes it an enjoyable wine even in this youthful phase. Good immediately, but also with good reason.
Intense ruby colour, an intense and defined bouquet with floral hints of rose, widely fruity with prevailing notes of morello cherry and pomegranate, citrus and aromatic root notes, slightly spicy, balsamic.
On the palate it begins warm and with discreet volume, there is concentration, but the acidity is distributed and vital, the tannins are a perfect combination of strength and maturity. Long finish which is all about the fruit in full coherence. A very precise, balanced and pleasant wine that is well worth its price and which I would drink again and highly recommend.
Albarino “Albamar” Bodegas Albamar 2019 Rías Baixas DO
Non ci si imbatte in un Albarino (o Albariño) tutti i giorni, almeno non alle nostre latitudini. Così come in un qualunque altro vino della Galizia, ed onestamente stando a quento ho trovato nel calice è un vero peccato.
Albamar è ottenuto da uve Albarino, provenienti da vigneti siti sopra l’Oceano Atlantico che poggiano su suoli sabbiosi di origine granitica, e durante le mareggite l’Oceano inonda letteralmente le piante di vite. Agricoltura biologica ed in cantina si prosegue coerentemente, lavorando in modo poco o nulla interventista. Fermentazioni alcoliche spontanee, affinamento per 8 mesi sulle fecce fini in vasche d’acciaio e botti grandi da 20 hl senza filtrazione prima dell’imbottigliamento e minime quantità di solforosa.
Nella sua veste giallo paglierino vivace si porge intensamente al naso, da prima con note aromatiche di agrume e mela, per poi virare nettamente su grandi effluvi salini e iodati. All’assaggio non ho faticato a visualizzare le onde che infrangendosi sulla banchigia arrivano dolcemente fino alla pianta e da essa nel sottosuolo, fino alle radici. Il vino è a dire poco sapido, direi a tratti piacevolmente salato. È questo elemento marino che contraddistigue nettamente anche il sorso, appoggiato da una bella freschezza, da una morbidezza ed una struttura tattile che rendono il sorso profondo, completo e molto gratificante.
Per un palato come il mio che apprezza la mineralità e la sapidità (talvolta anche a costo di perdere un pò l’equilibrio), questo vino della Bodegas Albamar è stato una piacevolissima scoperta, una rivelazione, un viaggio in terre sconosciute.
Con tartare di salmone, avocado e mela golden è stata passione.