Pietraincatenata 2016 – Luigi Maffini – Fiano – Cilento Doc
“Ricordati di prendere più spesso in considerazione il Fiano”. Questo mi dico da un po’ di tempo dopo alcune esperienze dall’esito entusiasmante. Ricordarsene come nella serata documentata dalla foto sottostante.
Una Serata a base di Fiano
Una Serata a base di Fiano
Una Serata a base di Fiano
Il tappo mi tende una trappola, ma ne veniamo fuori. Il colore è giallo scuro luminoso, porge al naso un bouquet che si può definire complesso senza remore. Pietra focaia, susina goccia d’oro, nespola, fiori dal profumo intenso come l’elicriso, Resina di Cipresso. In un contesto di grande precisione.
Il sorso ha durata, densità, buon equilibrio, tornano le sensazioni legate al frutto maturo, acidità avvolgente, un vino che sembra fatto per non esaurirsi mai.
In abbinamento a uno sformato di patate prima, ma soprattutto a un Tonno del Chianti (in foto) poi, a tavola fece grandissima figura.
Pietraincatenata 2016 – Luigi Maffini – Fiano – Cilento Doc
“Remember to consider Fiano more often.” I’ve been telling myself this for some time after some experiences with exciting results. The cork sets a trap for me, but we get out of it. The color is bright dark yellow, it offers the nose a bouquet that can be defined as complex without hesitation. Flint, golden drop plum, medlar, intensely scented flowers such as helichrysum, cypress resin. In a context of great precision.
The sip has duration, density, good balance, the sensations linked to ripe fruit return, enveloping acidity, a wine that seems made to never run out.
Paired first with a potato flan, but above all with a Chianti tuna (pictured) then, it made a great impression at the table.
Ovvero territorio, tradizione, personalità riconoscibilità. E, cosa non da poco, un buon bere a un prezzo invitante.
Bevo i vini di Vallone di Cecione da alcuni anni e noto un netto, costante miglioramento, una precisione e una incisività sempre più evidenti. Conduzione in regime biologico, vigne in uno dei luoghi più simbolici del vino chiantigiano, ovvero la Conca d’Oro di Panzano in Chianti. Sangiovese con saldo di Canaiolo, 20 giorni di fermentazione, alcuni mesi sulle fecce, 8 mesi in botte grande.
Rubino scuro vivace, ricco il bouquet con sentori di marasca e frutti di bosco, viola, leggere reminiscenze di spezie, balsamiche, di muschio. Al palato dà il meglio. Attacco caldo, centrobocca molto gratificante, di buon corpo, trova una lunga distensione grazie a una considerevole freschezza, a una persistenza aromatica rilevante. Tannini di buona forza e buona maturità, vino che in soddisfazione vale più del suo costo. E anche in prospettiva. Complimenti a Francesco Anichini.
Chianti Classico 2018 – Vallone Di Cecione (Panzano in Chianti)
That is, territory, tradition, recognizable personality. And, no small feat, good drinks at an attractive price.
I have been drinking Vallone di Cecione wines for some years and I notice a clear, constant improvement, an increasingly evident precision and incisiveness. Organic management, vineyards in one of the most symbolic places of Chianti wine, namely the Conca d’Oro of Panzano in Chianti. Sangiovese with balance of Canaiolo, 20 days of fermentation, a few months on the lees, 8 months in large barrels.
Lively dark ruby, rich bouquet with hints of morello cherry and berries, violet, light reminiscences of spices, balsamic, musk. On the palate it gives its best. Warm attack, very gratifying mid-mouth, good body, finds a long relaxation thanks to considerable freshness and significant aromatic persistence. Tannins of good strength and good maturity, a wine that is more satisfying than its cost. And also in perspective. Congratulations to Francesco Anichini.
Casa Raia è una piccola e giovane azienda fondata nel 2006. Lavora in regime biodinamico, con particolare ricerca e attenzione all’ecosistema della vigna e del territorio circostante. Situata a 375 mt. sul livello del mare, si estende per quattro ettari e mezzo (circa 8000 bottiglie), di cui solamente uno dedicato al Brunello (meno di 2000 bottiglie). La fermentazione è spontanea con lieviti indigeni, nessuna filtrazione o chiarificazione. La vinificazione, come l’invecchiamento, avvengono in botti di rovere francese. Minima dose di solforosa aggiunta all’imbottigliamento, per un totale di circa 30 mg. al litro per questo Brunello di Montalcino 2013.
Il colore è rosso rubino carico con bei riflessi granato; al naso c’è frutta rossa ben matura, ciliegia, amarena, prugna. Poi violetta, cuoio fresco, note boisé e un accenno speziato. In bocca l’attacco è dritto e verticale, determinato dalla grande spinta acida che lo contraddistingue. Lo sviluppo prosegue armonico, la presa di volume nel palato concede un po’ di morbidezza (mai troppa), struttura e consistenza. Il tannino è ancora un po’ scalpitante e l’alcol (15°) è gestito in maniera eccellente, regalando grandissima bevibilità. Buona la vena minerale e sapida con finale balsamico non troppo lungo.
A me questo vino piace molto, l’avevo assagiato al Raw Wine di Berlino (2018) e ad una degustazione di vini naturali a Lugano (2017), e questa bottiglia ha confermato quanto di buono avevo percepito. È certamente ancora molto giovane e non potrà che beneficiare di miglioramenti nei prossimi anni, smussando quelle leggere asperità che oggi è possibile riconoscere. Siamo di fronte ad un Brunello decisamente poco tondo e confortante, quanto piuttosto verticale, cesellato nella struttura e nella forma snella ed elegante.
Questo Brunello di Montalcino 2013 di Casa Raia è un eccellente esempio di grande vino atto ad accompagnare il pasto e ad integrarsi con esso, aumentando il proprio valore boccone dopo boccone. Se si cerca un Brunello quasi da meditazione non è questa la bottiglia giusta. Io ne ho ancora una bottiglia e la lascerò riposare in cantina almeno due-tre anni, ma se avrò la pazienza di aspettarne cinque sarà solamente meglio. Il prezzo è piuttosto impegnativo, a mio parere leggermente troppo alto (se si prendono come prezzi di riferimento quelli del sito del produttore) ed il rapporto qualità prezzo ne risente un pò. Io l’ho pagato meno e sono quindi decisamente soddisfatto della bevuta.
Brunello di Montalcino 2013 – CASA RAIA
Casa Raia is a small and young company founded in 2006. It works in a biodynamic regime, with particular research and attention to the ecosystem of the vineyard and the surrounding area. Located at 375 m. above sea level, it extends for four and a half hectares (around 8000 bottles), of which only one is dedicated to Brunello (less than 2000 bottles). Fermentation is spontaneous with indigenous yeasts, no filtration or clarification. The vinification, like the aging, takes place in French oak barrels. Minimum dose of sulfur added at bottling, for a total of approximately 30 mg. per liter for this Brunello di Montalcino 2013.
The color is deep ruby red with beautiful garnet reflections; on the nose there is well-ripe red fruit, cherry, black cherry, plum. Then violet, fresh leather, woody notes and a hint of spice. In the mouth the attack is straight and vertical, determined by the great acid boost that distinguishes it. The development continues harmoniously, the volume on the palate allows a little softness (never too much), structure and consistency. The tannin is still a bit lively and the alcohol (15°) is managed excellently, making it very drinkable. Good mineral and savory vein with not too long balsamic finish.
I really like this wine, I had tasted it at the Raw Wine in Berlin (2018) and at a tasting of natural wines in Lugano (2017), and this bottle confirmed the good things I had perceived. It is certainly still very young and will only benefit from improvements in the coming years, smoothing out those slight roughnesses that can be recognized today. We are faced with a Brunello that is decidedly not round and comforting, but rather vertical, chiseled in structure and in a slender and elegant shape.
This Brunello di Montalcino 2013 by Casa Raia is an excellent example of a great wine capable of accompanying the meal and integrating with it, increasing its value bite after bite. If you are looking for a Brunello that is almost meditative, this is not the right bottle. I still have a bottle and I will let it rest in the cellar for at least two-three years, but if I have the patience to wait five it will only be better. The price is quite demanding, in my opinion slightly too high (if you take those of the manufacturer’s website as reference prices) and the quality/price ratio suffers a little. I paid less for it and am therefore definitely satisfied with the drink.
Premetto che il Chianti Classico 2016 “Al Limite” di San Leonino da Castellina in Chianti non è sicuramente il miglior Chianti Classico che ho bevuto nella mia vita, ma ne ho pagati di più molti che erano meno entusiasmanti di questo e financo meno “territoriali”, tanto per utilizzare un termine abusato, anzi spesso proprio straziato.
Sangiovese 100 per cento, in acciaio e poi 18 mesi tra cemento e botti da 30 hl.
Colore rubino vivo, di media concentrazione. Al naso è giustamente intenso con profumi fedeli al vitigno di viola, marasca, lampone, ricordi di arancia, qualche ricordo speziato. Secco, schietto di carattere, molto fresco al palato, l’acidità è copiosa e affilata, fa da sponda un coerente e gentile ritorno del frutto, persistente in modo apprezzabile.
Viene un po’ penalizzato sul finale da un tannino un po’ rigido, ma il giudizio generale e più che positivo.
Let me start by saying that the Chianti Classico 2016 “Al Limite” from San Leonino da Castellina in Chianti is certainly not the best Chianti Classico that I have drunk in my life, but I have paid more for many that were less exciting than this one and even less “territorial” , just to use an overused, indeed often downright mangled, term. 100 percent Sangiovese, in steel and then 18 months in cement and 30 hl barrels. Bright ruby colour, of medium concentration. The nose is rightly intense with aromas faithful to the vine of violet, morello cherry, raspberry, hints of orange, some spicy notes. Dry, straightforward in character, very fresh on the palate, the acidity is abundant and sharp, supported by a coherent and gentle return of the fruit, persistent in an appreciable way. It is a little penalized on the finish by a slightly stiff tannin, but the overall opinion is more than positive. Unquestionably advantageous value for money.
– Pinot Noir Bourgogne Haute-Côte de Beaune 2018 Domaine du Lycée Viticole
Pochi giorni fa a Verona ho cenato presso L’Antica Bottega del Vino. Mentre mi rinfrancavo con gli ottimi piatti della tradizionale cucina veneta, essendo solo, ho scelto di bere al calice. Chiacchierando con il competente ed accogliente sommelier ho optato per lo Champagne di André Beaufort Brut Reserve Ambonnay (che non bevevo da qualche tempo) e successivamente un Pinot Noir di Borgogna, precisamente l’Haute Côte de Beaune Domaine Lycée Viticole 2018 (conosciuto, ma non bevuto in precedenza). Innanzi tutto grandi complimenti per il coraggio di tenere (o aprire su richiesta) vini del genere, poiché é sempre più difficile (con le dovute eccezioni del caso) trovare al calice vini di un certo calibro e fuori dalle principali rotte commerciali o modaiole.
Lo Champagne di Beaufort si presenta con un bel colore giallo paglierino brillante. Al naso è molto delicato e non troppo espressivo, con accenni di fiori bianchi, polpa di agrumi e lievitazione. Buon perlage, piuttosto fine, presente e persistente. Al palato è spiazzante. Attacca morbidissimo, cremoso, riempie la bocca con una dolcezza che si percepisce non derivante semplicemente da dosaggi zuccherini elevati, come accade purtroppo ormai in moltissimi champagne (Beaufort utilizza infatti solo lieviti indigeni e zuccheri naturali come il mosto d’uva o il succo d’uva concentrato sia per il tirare che per il dosage). Al contempo è fresco e vivo grazie alla bella acidità e ad una sapidità sferzante che ripulisce il palato e giocando da contraltare al bilanciamento della spiccata morbidezza. Grande persistenza e chiusura con una piacevole e leggera nota ossidativa.
I vini di André Beaufort (tra i pionieri del naturale/biodinamico/biologico nella Champagne) non sono per tutti e non sono certamente accademici. Ma ben vengano anche bollicine come queste che escono dagli schemi tradizionali ingessati da un eccessivo lavoro di cantina e dosaggi che uccidono il vino e la sua possibilità di espressione. Per esperienza con Beaufort si rischia di bere una grandissima bottiglia (sopratutto vecchi millesimi o vecchie sboccature) ma talvolta anche una bottiglia piuttosto squilibrata. La frase “ogni bottiglia è diversa” è estremamente calzante. L’importante è sapere cosa si cerca da una bottiglia di vino, visto anche che i prezzi non sono propriamente economici.
Il Bourgogne Haute-Côte de Beaune 2018 della scuola vitivinicola di Beaune è invece un Pinot Noir a dire poco didattico. Tipico rosso rubino un pò scarico e trasparente. Al naso piccoli frutti rossi croccanti, prugna, ciliegia, viola, accenni speziati. Al palato é secco e fresco, con un pregevole bilanciamento tra morbidezza e verticalità. Bella acidità e mineralità, tannini delicatissimi e vellutati, corpo snello ma presente. Chiude il sorso piuttosto lungo, con un bel sentore di radice di liquirizia. Molto elegante, equilibrato e di ottima beva. È un vino buonissimo da bere ora, senza aspettare troppo per non perderne la fragranza. Tutto quello che ci si potrebbe aspettare da un giovane Pinot Noir di Borgogna prodotto da un Lycée Viticole. È certamente un base, non molto complesso e giovane, ma stiamo parlando di Côte d’Or ad un rapporto qualità-prezzo impressionante. Andate a vedere il prezzo sul sito del produttore (diverso sarà se lo troverete online o a scaffale in qualche enoteca) ed a quel punto, dopo averlo assaggiato, vi sembrerà un piccolo miracolo che si trasforma in vino quotidiano.
È un vero piacere tornare a scrivere di un vino dell’azienda Zahar (dalla Valle del Breg – tra l’altopiano carsico e l’Istria) a distanza di un paio di anni.
Azienda che ebbi la fortuna di visitare e che conobbi alcuni anni fa a Cerea in un contesto in cui i loro vini spiccarono nonostante la compresenza di grandi nomi.
Friulano, Malvasia e Vitovska per un vino profumato, preciso e dal gusto intenso che conferma Zahar come una delle realtà più approcciabili e convincenti nel novero di quelle che lavorano in bio/biodinamico/naturale.
Colore giallo paglierino molto luminoso (sul colore dei vini di Zahar già dissi qualcosa qui)
Si susseguono sentori fruttati di pesca e melone, camomilla e ginestra, ricordi erbacei.
Si caratterizza al palato per il buon corpo, la densità, seppur secco, una risposta quasi rugosa che ne prolunga il gusto, l’equilibrio.
Bene a tavola, molto bene con lo Spaghetto alla Bottarga (in foto).
Soncek 2019 – Zahar Venezia Giulia IGT
It is a real pleasure to return to writing about a wine from the Zahar company (from the Breg Valley – between the Karst plateau and Istria) after a couple of years. A company that I was lucky enough to visit and that I met a few years ago in Cerea in a context in which their wines stood out despite the co-presence of big names.
Friulano, Malvasia and Vitovska for a fragrant, precise and intensely flavored wine that confirms Zahar as one of the most approachable and convincing realities among those who work in bio/biodynamic/natural. Very bright straw yellow color (I already said something about the color of Zahar’s wines here) Fruity hints of peach and melon, chamomile and broom, herbaceous hints follow one another. It is characterized on the palate by its good body, density, although dry, an almost wrinkled response which prolongs its taste and balance. Good at the table, very good with Spaghetto alla Bottarga (in the photo).
Tra le cose che allietano e rendono memorabile la giornata di un appassionato di vini c’è sicuramente l’arrivare alla fine di una faticosa ascesa, figlia in spalla, verso una malga (in questo caso Malga Cere, raggiungibile da una strada forestale, o in alternativa da un sentiero, che si dipanano dalla strada che conduce al Passo Manghen – Trentino) e trovare una selezione di vini interessanti. Tra cui Esegesi 2016 di Eugenio Rosi (Vallagarina IGT)
Lo bevo senza avere ulteriori informazioni oltre quelle di etichetta e confesso di aver pensato a una percentuale di Merlot superiore rispetto a quella che ho poi scoperto esserci realmente in questo vino. In virtù della sua fine espressività, pur rimanendo nel quadro di un vino corposo e caldo.
Cabernet Sauvignon 80 e Merlot 20.
Lieviti indigeni, lunga macerazione in acciaio, legno e cemento. 24 mesi in rovere di diverse dimensioni.
Colore rosso scuro, intenso profumo di mora, resine, cacao, muschio, vagamente etereo, al palato attacca caldo e vellutato, con tannini smussati, sviluppa molto volume, ma non lèsina in freschezza. Finale buono, centrato su frutto scuro e spezie dolci.
Vino confortante, magari un po’ troppo alcolico, che probabilmente trova la sua collocazione ottimale accanto a un piatto di selvaggina.
Esegesi 2016 di Eugenio Rosi
Among the things that cheer up and make the day of a wine enthusiast memorable there is certainly arriving at the end of a tiring ascent, daughter on the shoulder, towards a mountain hut (in this case Malga Cere, reachable from a forest road, or alternatively from a path, which unravels from the road that leads to Passo Manghen – Trentino) and find a selection of interesting wines. Including Exegesi 2016 by Eugenio Rosi (Vallagarina IGT)
I drink it without having any further information beyond that on the label and I confess that I thought of a higher percentage of Merlot than what I later discovered was actually in this wine. By virtue of its fine expressiveness, while remaining within the framework of a full-bodied and warm wine.
Cabernet Sauvignon 80 and Merlot 20.
Indigenous yeasts, long maceration in steel, wood and concrete. 24 months in oak of different sizes.
Dark red colour, intense aroma of blackberry, resins, cocoa, musk, vaguely ethereal, warm and velvety on the palate, with smooth tannins, develops a lot of volume, but does not skimp on freshness. Good finish, centered on dark fruit and sweet spices.
A comforting wine, perhaps a little too alcoholic, which probably finds its best place alongside a game dish.
Dalle colline a nordest di Rovereto uno tra i più considerati tra i Pinot Nero italiani bevuto nel più orrendo dei bicchieri, l’unico disponibile sul momento, dimostrazione che si può godere della bontà di un vino in qualunque contenitore. Vino per chi pensa che in Italia si possano fare e bere ottimi pinot nero. Quelli che pensano che non si possa e finiscono sempre nel paragone con la Borgogna fanno meglio a bere solo la Borgogna. Il Pinot Nero 2016 di Elisabetta Dalzocchio.
Questo 2016 rinverdisce il ricordo della prima bottiglia che mi fece interessare all’azienda di Elisabetta Dalzocchio.
Fermentazione con lieviti indigeni in tino aperto a seguire 18 mesi in legno. Chiaro e luminoso il colore, al naso è lineare e nitido, fragolina di bosco, arancia, bitter (ovvero erbe aromatiche), vagamente boisee.
Vino apprezzabile nella sua giovane esuberanza, energia da vendere, fresco e tannico, non lo si può apprezzare al momento per l’equilibrio, ma lo si può apprezzare per la presenza, per l’intensità e la lunghezza, per il sospetto che tra qualche anno, anche se tutte le volte che mi ritrovo a pronunciare queste parole finisco per fare gli scongiuri, potrà dare grandi soddisfazioni a chi ne avrà messa da parte qualche bottiglia.
Pinot Nero 2016 – Dalzocchio Vigneti delle Dolomiti IGT
From the hills north-east of Rovereto, one of the most considered Italian Pinot Noirs drunk in the most hideous of glasses, the only one available at the moment, proof that you can enjoy the goodness of a wine in any container. Wine for those who think that excellent pinot noir can be made and drunk in Italy. Those who think it can’t be done and always end up comparing it to Burgundy are better off drinking only Burgundy. Elisabetta Dalzocchio’s Pinot Noir 2016.
This 2016 revives the memory of the first bottle that made me interested in Elisabetta Dalzocchio’s company.
Fermentation with indigenous yeasts in open vats followed by 18 months in wood. The color is clear and bright, the nose is linear and clear, wild strawberry, orange, bitter (i.e. aromatic herbs), vaguely woody.
A wine appreciable in its young exuberance, energy to spare, fresh and tannic, it cannot be appreciated at the moment for its balance, but it can be appreciated for its presence, for its intensity and length, for the suspicion that in a few year, even if every time I find myself saying these words I end up begging, it will be able to give great satisfaction to those who have saved a few bottles.
Quando compro una bottiglia per me ignota e alla fine sono soddisfatto il piacere è doppio. Al piacere del buon vino si affianca il piacere della scoperta che spesso è viatico verso altre piacevoli scoperte. È successo con il Fiano di Avellino di Colli di Lapio.
Il colore è giallo intenso dalla luminosità rara. All’apertura tappo e bottiglia porgono suggestioni che potrebbero sulle prime far pensare a un Riesling. Al naso è molto intenso con sentori di mela, passiflora, anice, cedro, noce del Brasile, come premesso presenta ricordo di pietra focaia.
Vino secco e morbido, di buona struttura, coerente e ricco, denso al palato, giustamente sapido e persistente.
Ci sono molte cose in questo vino, come in un racconto dove abbondano le subordinate e la narrazione si snoda in molteplici simultanee direzioni, senza mai risultare ridondante od opulento.
Qualita e convenienza.
Fiano di Avellino 2015 – Colli di Lapio by Romano Clelia
When I buy a bottle that is unknown to me and in the end I am satisfied, the pleasure is double. The pleasure of good wine is accompanied by the pleasure of discovery which is often a viaticum towards other pleasant discoveries. It happened with the Fiano di Avellino from Colli di Lapio.
The color is intense yellow with a rare brightness. Upon opening the cap and bottle they offer suggestions that might at first make you think of a Riesling. On the nose it is very intense with hints of apple, passion flower, anise, cedar, Brazil nut and, as mentioned, has a hint of flint.
Dry and soft wine, with good structure, coherent and rich, dense on the palate, rightly savory and persistent.
There are many things in this wine, as in a story where subordinates abound and the narrative unfolds in multiple simultaneous directions, without ever appearing redundant or opulent.
Da qualche tempo ho rivalutato le mezzette, cominciando ad acquistarne qualcuna, in particolare Borgogna e Bordeaux. Le mezze bottiglie, troppo spesso bistrattate, trovo invece siano un modo intelligente per poter assaggiare più vini (sopratutto se costosi) e contenere la spesa. Oggi ho aperto con piacere questo Pastourelle 2009 (Cabernet Sauvignon 50%, Merlot 36%, Cabernet Franc 11%, Petit Verdot 2%, Carmenére 1%), secondo vino dello Châteaux Clerc Milon. Siamo nel cuore di Pauillac, poco distanti da Château Lafite Rothschild. Nel 1970, intuendone le potenzialità, fu proprio il Barone più famoso del mondo enoico, ad acquistare i 16 ettari della tenuta, divenuti nel frattempo 40.
Il colore è un rosso rubino carico, impenetrabile, con bellissimi riflessi cremisi. Naso molto complesso, intenso e persistente di viola, sottobosco, funghi, tartufo nero, spinta balsamica e finale mentolato.
Al palato attacca piuttosto morbido e consistente, con evidente intensità estrattiva la quale viene bilanciata da una buona freschezza ed un tannino estremamente levigato ed elegante. Chiude con un finale sulla liquirizia, stranamente un pò corto.
Personalmente ho apprezzato questa bottiglia più di molti altri secondi vini (ma anche alcuni primi) di Châteaux più blasonati.
Non è semplicissimo trovarlo, ma se vi capita di scovarlo ad un prezzo onesto (come nel mio caso) è decisamente un ottimo affare per assaporare un Pauillac 2009 senza svenarsi.
Pastourelle 2009 Pauillac – Châteaux Clerc Milon
For some time now I have re-evaluated mezzettes, starting to buy some, in particular Burgundy and Bordeaux. Half bottles, too often mistreated, I find instead to be an intelligent way to be able to taste more wines (especially if they are expensive) and reduce spending. Today I was pleased to open this Pastourelle 2009 (Cabernet Sauvignon 50%, Merlot 36%, Cabernet Franc 11%, Petit Verdot 2%, Carmenére 1%), second wine from Châteaux Clerc Milon. We are in the heart of Pauillac, not far from Château Lafite Rothschild. In 1970, sensing its potential, it was the most famous Baron in the wine world who purchased the 16 hectares of the estate, which in the meantime had become 40.
The color is a deep, impenetrable ruby red with beautiful crimson reflections. Very complex, intense and persistent nose of violet, undergrowth, mushrooms, black truffle, balsamic push and mentholated finish.
The attack is rather soft and consistent on the palate, with evident extractive intensity which is balanced by good freshness and extremely smooth and elegant tannins. It closes with a liquorice finish, strangely a little short.
Personally I appreciated this bottle more than many other second wines (but also some first ones) from more famous Châteaux.
It’s not easy to find it, but if you happen to find it at a fair price (as in my case) it’s definitely an excellent deal to enjoy a 2009 Pauillac without breaking the bank.